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4 dicembre 2022

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Perché l’Italia non vuole risolvere alcuni problemi

 

Dice Giorgia Meloni: “Ci vuole più Europa sul fronte Sud. Da soli non possiamo affrontare un flusso con dimensioni ormai ingestibili”. E aggiunge: “Occorre che l’Unione realizzi con urgenza un quadro di cooperazione multilaterale”. Le fa eco Antonio Tajani: “Vorremmo avere lavoratori che arrivano nel nostro Paese già formati”. Della serie parlare senza sapere di cosa si stia parlando. Il ministro degli Esteri non sa – eppure la sua posizione lo obbligherebbe a saperlo – che già ora ci sono in Africa corsi di formazione pagati con fondi UE e italiani, vidimati dalle nostre ambasciate, per lavoratori stagionali che poi non arrivano in Italia perché gli uffici dipendenti dal Viminale non riescono a sbrigare in tempo le pratiche (e la colpa, sia chiaro, non è dei dipendenti di quegli uffici che sono, spesso, sotto organico). Così che gli stessi datori di lavoro italiani rinunciano a far arrivare il lavoratore sul quale sono state investite risorse europee e nazionali. Per quanto riguarda la cooperazione, invece, sarebbe utile che dal Governo venissero a fare un giro a Reggio Emilia. Scoprirebbero una realtà come Fondazione E35 – alla cui assemblea annuale ho partecipato nei giorni scorsi – che si occupa di relazioni internazionali per soggetti pubblici e privati di questo pezzo d’Emilia. Soprattutto, cura progetti di sviluppo nel Sud dell’Africa con un approccio del tutto nuovo: non lo straniero che arriva, costruisce e se ne va, ma piuttosto il partner che con le persone del luogo compie un percorso di crescita, basato sulla reciprocità, sullo scambio, che porta e raccoglie buone prassi, che crea strutture formando i quadri che dovranno gestirle nel futuro. Un soggetto che con fondi europei, con la costruzione di una forte rete, crea davvero sviluppo nei territori che tocca, emancipando attraverso lo scambio culturale le comunità dalle zavorre che ne impediscono la crescita. E’ una storia lunga quella che lega Reggio Emilia all’Africa, iniziata mezzo secolo fa come esperienza di solidarietà e poi diventata una relazione solida in cui tutti diventano qualcosa di più di ciò che sono in partenza (con pezzi dell’economia reggiana, ad esempio, che così trovano una via preferenziale per l’internazionalizzazione). Certo l’Europa: ci vuole eccome. Ma ecco, se anche l’Italia provasse a rimuovere alcuni suoi vizi, alcuni colli di bottiglia, se provasse a cogliere la sfida anziché costruire barriere che altro non sono che dispendio di risorse: economiche ed umane. Tutta la legislazione italiana sull’immigrazione – che discende dalla Bossi-Fini – è fatta per creare problemi: con l’idea di azzerare gli arrivi obbliga ad una burocrazia assurda anche per il reclutamento di manodopera richiesta da datori di lavoro italiani, per la quale si spendono (inutilmente, come raccontato sopra) soldi dei contribuenti in corsi di formazione; crea l’immigrazione illegale (perché se non riesco ad arrivare legalmente farò di tutto per arrivare in altro modo); impegna forze dell’ordine e tribunali a inseguire individui senza permesso di soggiorno che non pagheranno mai (essendo nulla tenenti) le sanzioni amministrative che vengono loro comminate (mentre invece costano ai cittadini italiani perché impegnano la pubblica amministrazione nell’istruttoria). Alcuni anni fa sono stato tra i promotori, insieme ad Emma Bonino e all’ex sindaco di Catania Enzo Bianco, di una campagna nazionale per la revisione di tutta quella stupida normativa (che non vuol dire: liberi tutti, ma piuttosto una gestione organizzata, più intelligente, meno costosa, più tutelante per tutti, dei fenomeni migratori): è finita in niente, come spesso accade in questo Paese. Perché certi problemi è meglio lasciarli incancrenire.     

27 novembre 2022

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La misura perduta

Mi chiedo: ma che bisogno c’è? La domanda viene spontanea dopo la lettura – con tanto di titolone sulla homepage di un quotidiano nazionale – dell’ennesimo scontro tra concorrenti e giuria, e tra giurati stessi, a ‘Ballando con le stelle’: questa che apostrofa come ‘squallida’ l’altra, con il terzo che giudica il giudizio degno di una ‘scimmia arrabbiata che tira sterco agli altri’. Eccesso di cattiveria, eccesso di protagonismo: in tutti. E allora, che bisogno c’è di fare una tv così (e che bisogno c’è di raccontarla sui quotidiani)? In cui per tenere l’attenzione degli spettatori si deve andare sopra le righe, eccedere, spargere anche cattiveria, diventare personaggi per forza. Fa un gol Messi e sembra che abbia inventato il calcio in quell’istante preciso: una rete sottolineata da un paio di minuti di monologo forsennato, trascendente, assoluto. Anche qui: la telecronaca non basta, si deve essere fenomeni anche nel commentare una partita, altrimenti non si è. E dire che di cose ben più importanti ce ne sarebbero. E che le stesse cose si potrebbero far vivere con minor pathos. Raccontano mamma e figlia, dall’Ucraina lasciata al buio dai missili russi, che loro resistono: non si va via da Kiev perché al mattino la piccola deve andare a scuola, raccolgono l’acqua nei rari momenti in cui scorre dai rubinetti, conservano quella in cui cuociono la pasta per farne un secondo uso, la notte se suona la sirena si nascondono nella vasca da bagno sotto una coperta, prendono poco cibo per volta e lo conservano sul balcone. Un racconto non urlato, nemmeno sussurrato. Fatto con misura, e che arriva comunque (guarda che sorpresa: non è tanto come dici una cosa che importa, ma cosa dici). Ecco, la misura è quella che sembra sparita. Tanto che un ministro annuncia il numero di morti a Ischia quando in realtà le ricerche dei dispersi sono ancora in corso. Un altro parla del valore formativo dell’umiliazione. Andasse a dirlo in faccia ai genitori dell’11enne di Treviso che ha deciso di non tornare più a scuola perché vittima delle angherie dei bulli: ragazzi conosciuti, con cui la famiglia ha tentato il dialogo, i cui genitori però hanno fatto spallucce. C’era altro a cui pensare: c’era il televoto per l’ennesimo concorrente da talent show cui badare. E c’erano 28mila domande di condono per abuso edilizio avanzate ad Ischia. Però la colpa è sempre di qualcun altro. La responsabilità affinché le cose vadano meglio è di qualcun altro.   

20 novembre 2022

La nuova questione morale

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“[…] forse allora nell’età dell’impazienza, da qualità della durata la pazienza può trasformarsi in qualità morale alla quale si può dare il nome di ‘cura’: verso l’altro, verso le cose, verso se stessi” (Caramore, Parole controtempo, Il Mulino). Leggo la frase proiettata su un grande schermo nella sala delle conferenze dell’azienda ospedaliera di Parma, durante la Giornata della riconoscenza: un momento dedicato agli oltre duecento volontari dell’associazione Giocamico, gruppo che si dedica ai bambini che devono fare lunghi e difficili percorsi di cura per patologie importanti. E’ una asserzione che mi appare subito rivelatrice. La potenza sta nel passaggio da qualità della durata a qualità morale. Ci richiama a quella svolta etica di cui la società avrebbe così tanto bisogno. Nel dibattito sul mio partito, tra alleanze da farsi o da sciogliersi, tra assunzioni o accuse di responsabilità, mi sembra sia sfuggito a molti che la vera colpa sia stata non aver realizzato ciò che quasi 13 anni fa si indicava come la questione più urgente. Scrivevamo, infatti, nell’incipit del Manifesto dei valori che “la nascita del Partito Democratico ha creato le condizioni per una svolta, non soltanto politica, ma culturale e morale nella vicenda italiana”. Non l’abbiamo prodotta. Ci siamo scordati che la politica nasce prima di tutto nella cultura immanente che si genera nell’incontro tra le persone, si determina nel modo con cui gli esseri stanno tra di loro. Prima del voto viene il modo con cui le persone guardano alle cose del mondo. L’esercizio delle funzioni di governo è allo stesso tempo il passaggio finale e un passaggio rigeneratore del meccanismo di creazione della cultura. Lo hanno capito, invece, a destra. La storia del taglio dell’Iva su pane, pasta e latte è di grande suggestione sul piano identitario (rileggetevi alcuni passaggi sull’autarchia alimentare contenuti ne ‘La storia’ di Elsa Morante), ma è di una inconsistenza assoluta sul piano degli aiuti alle famiglie. Faccio regolarmente la spesa nei negozi e nei supermercati vicino a casa, conosco gli aumenti dei prezzi, so che il carrello non viene appesantito da quei tre prodotti, quanto piuttosto da verdura, carne, pesce, prodotti a lunga conservazione. Lo dicono anche le associazioni dei consumatori: forse il taglio dell’Iva su pane, latte e pasta può portare ad un risparmio di 22 euro l’anno. Praticamente nulla. Ma lancia un messaggio. La Cina, invece, lancia semi di riso nello spazio per produrne nuove varietà. I semi, infatti, vengono esposti alle radiazioni cosmiche ed alla microgravità per mutare i loro geni. E una volta completato il processo vengono riportati sulla Terra e piantati per creare produzioni di nuove varietà, più resistenti alle alte temperature e ai periodi di siccità. E’ una risposta all’aumento della popolazione, alla richiesta di maggior produzione, ai cambiamenti climatici. Adattarsi. E’ quello che fanno i volontari di Giocamico che entrano ed escono dai reparti. Avvicinano i piccoli degenti per farli divertire, per prepararli alle cure attraverso il gioco, perché anche se malati sono sempre bambini. E quando sono sfiancati dal morbo si cambia modo di giocare, ma non si interrompe mai il contatto. Questi volontari, proprio come medici e personale sanitario, sanno che non tutti i bimbi guariranno. Ma stanno comunque con loro, perché hanno già compiuto quel salto morale che tarda ad arrivare.   

13 novembre 2022

La gentilezza ha il sapore dei biscotti

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Ci sono quelle mattine in cui, per le troppe cose da fare, non c’è tempo per la colazione. Quella di venerdì è stata una di quelle. Ed è per questo che arrivato davanti ad un distributore di snack ho cercato il prodotto più leggero possibile tra merendine ipercaloriche, bibite gassate e barrette di cioccolata. Quando ho individuato una confezione di biscotti integrali ho pensato facesse al caso mio. Il distributore annunciava anche che avrebbe erogato il resto e, insomma, le cose sembravano andare per il verso giusto. Inserisco una moneta da due euro, digito il numero 20 che corrisponde ai biscotti, la confezione cade verso il fondo del distributore e lì si blocca, incastrata tra lo sportello interno e l’ultimo ripiano. Mi inginocchio, infilo il braccio sinistro nel tentativo di disincastrarla, rischio che mi resti dentro al dispenser l’orologio che durante il mio armeggiare si sgancia. Allora tiro fuori il braccio, riallaccio l’orologio tirando un sospiro di sollievo, e decido di rinunciare ai biscotti. Mi raggiunge una telefonata e così inizio a passeggiare davanti alla macchinetta mentre parlo al telefono (quasi sempre cammino mentre sto al telefono). Dopo qualche minuto un ragazzo si piazza davanti alla stessa macchinetta e sta per infilare una moneta quando me ne accorgo, lo raggiungo ad ampie falcate e lo blocco: “Non  farlo, lo sportello interno è bloccato”. Si ferma, mi ringrazia. E proprio in quel momento si sente un ‘clack’ dalla pancia del distributore: lo sportello si è sbloccato all’improvviso, i biscotti sono scesi. Li prendo con la stessa gioia che si prova quando, infilando la mano in una giacca che non si indossava da un po’, si trovano cinque euro dimenticati. Sorrido al ragazzo che ricambia e infila la sua monetina nella macchinetta. Oggi è la Giornata Mondiale della Gentilezza, è stata istituita nel 1998 su iniziativa di una organizzazione no-profit chiamata World Kindness Movement. Il movimento è presente in 27 Paesi e ha attivi in Italia quattro progetti rivolti ai più giovani (si può consultare il sito theworldkindnessmovment.org). Oggi giorno è buono per fare qualcosa per gli altri, e magari la ricompensa è un biscotto.       

16 ottobre 2022

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Il reality e la realtà

C’è un detto delle nostre nonne, figlie delle tragedie e delle difficoltà del loro tempo, che più o meno fa così: “Tanto ridere, tanto piangere”. E, infatti, non fai in tempo a dire quanto sia stato bello, e determinato pur nella mitezza delle parole, il discorso di Liliana Segre in Senato che ti ritrovi Ignazio La Russa seconda carica dello Stato, e Lorenzo Fontana presidente della Camera. La speranza che la Politica torni ad essere qualcosa di nobile, ed alto, e tutta dedicata all’interesse generale, dura qualche minuto perché poi la scena la riprende, con prepotenza, quel ‘Grande Fratello’ in cui l’hanno trasformata: e allora, voti segreti arrivati da non si sa dove (ma si sa benissimo per quale scopo: ottenere qualche incarico, un boccone di pane gettato dalla nuova maggioranza), offese e litigi, una confusione costante in cui la realtà del mondo va in dissolvenza fino a scomparire. E dire che mentre Maria Elena Boschi ed Ettore Rosato partecipano al brindisi con cui il neo presidente della Camera festeggia la sua elezione (a proposito di indizi su chi ha votato chi, senza bisogno di scomodare Angela Lansbury – che riposi in pace – nei panni di Jessica Fletcher), la sopracitata realtà fa di tutto per richiamare l’attenzione di tutti. A partire dalla sentenza idiota, sguaiata, ingiusta, con cui il Tribunale civile dell’Aquila ha chiamato in ‘concorso di colpa’ i ragazzi che morirono nel crollo di una palazzina in seguito al terremoto del 2009. Per il magistrato che ha emesso la sentenza la loro fu una “condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e del 6 aprile”. Che sciocchi a restare negli appartamenti in cui vivevano dopo aver ricevuto rassicurazioni da funzionari della protezione civile poi condannati proprio per quelle sottovalutazioni, alloggi inseriti in una palazzina – è stato accertato – costruita come non si poteva, con pesanti assenze di controlli. Ma si vede che questa settimana la ‘Giustizia’ aveva deciso di giocare a camuffarsi. Perché la Procura di Pavia ha deciso che l’accusa per l’assessore leghista di Voghera Massimo Adriatici è ‘eccesso colposo di legittima difesa’ nell’ambito dell’indagine sulla morte di Youns El Bossettaoui, freddato da un colpo di pistola esploso dallo stesso Adriatici. Per la Procura l’assessore, caduto a terra dopo una manata di El Bossettaoui, si sarebbe difeso da una presunta aggressione. Per i legali della vittima, invece, Adriatici avrebbe sparato stando in piedi davanti al El Bossettaoui, quindi in una situazione di minor pericolo ed allarme. E che dire della medesima condanna – poco meno di quattro anni di carcere – comminata ad un marocchino tossicodipendente per aver aggredito, rapinandolo del cellulare, un ragazzo; e a Gianni Zonin ex monarca della Banca Popolare di Vicenza ritenuto il principale responsabile del buco di oltre 6 miliardi di euro della banca stessa che ridusse sul lastrico 127mila risparmiatori (ne ha parlato, benissimo Gian Antonio Stella sul ‘Corriere’). Due colpe così smisuratamente diverse colpite con lo stesso grado di pena. Storie di resistenza e di sconfitta che arrivano da poli opposti del globo. “Ci minacciano di morte, noi lottiamo per la vita. Di tutti, anche la vostra. Siamo i Guerrieri della foresta e siamo i Guardiani del mondo”, dice Kora Kanamari, capo della tribù brasiliana Tukuna, che sfida cacciatori e pescatori di frodo, taglialegna illegali, minatori abusivi, che stanno devastando da anni l’Amazzonia. Spariscono migliaia di chilometri quadrati di verde ogni anno, spariscono anche attivisti ambientali (negli ultimi dieci anni ne sono stati uccisi 1700), in nome della speculazione. Con il governo Bolsonaro indifferente, e la difesa della terra (o meglio: della Terra) affidata a questi guerrieri armati di lance, frecce e Gps con cui pattugliano una porzione di foresta più grande dell’Europa occidentale. A Milano, invece, chiude per sempre il Teatro Nuovo, in cui si alzò il sipario per la prima volta il 22 dicembre del 1938 con i fratelli De Filippo. Al suo posto arriverà la steak house Nusr-Et di Salt Bae, il macellaio influencer diventato ricco e famoso per la ‘mossa’ su cui fa cadere il sale sulle bistecche. A fine anno, sempre a Milano, chiuderà anche il Teatro I, Conca dei Navigli. E ci molla pure il Salone della cultura che da cinque edizioni si svolgeva nel capoluogo lombardo a gennaio: costi in aumento (affitto delle sale, elettricità, trasporti) e troppe incertezze hanno indotto gli organizzatori a rinunciare. Brindate pure voi, se avete ancora voglia.

9 ottobre 2022

Buon compleanno, Gianni!

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Si può festeggiare il compleanno di una persona che non c’è più? Do subito la risposta: sì, si può. Anche se credo dipenda dalla forza della relazione che a quella persona ci legava. Ieri sera, a Milano, scattata la mezzanotte ci siamo ritrovati tra amici per brindare a Gianni Mura, giornalista, scrittore, personaggio straordinario (uomo verticale avrebbe scritto lui stesso) portato via da un malore nel 2020. A radunarci, la compagna di una vita, Paola Gius, e l’amica nel senso più profondo del termine Emanuela Audisio (altra firma importante de ‘La Repubblica’). A Gianni eravamo tutti legati da quell’amicizia che ieri sera ci faceva sentire tutto il senso della sua perdita, e allo stesso tempo il peso la sua presenza, come fosse seduto a tavola con noi a sorseggiare un bicchiere di rosso e assaporare un pezzo di salsiccia cruda. Tra alcuni ci si conosceva già, con altri è stata l’occasione dell’incontro. E mentre la fisarmonica accompagnava qualche canzone improvvisata, ai tavoli si parlava. Si parlava di tutto, dalla politica al cibo, dai ricordi su Gianni alla storia dei luoghi da cui ciascuno proveniva. E i cellulari, fatta eccezione per alcuni rari momenti in cui servivano a riprendere una cantata, son rimasti chiusi. E mi è tornata in mente una delle ultime chiacchierate fatte con Gianni, dopo la felicissima esperienza del concorso per racconti brevi che avevamo realizzato insieme a Vito, in cui lui mi lanciava un’altra proposta: facciamo ‘sconnettiamo che’, chiamiamo la gente in una piazza in tal giorno alla tal ora, facciamo spegnere i cellulari, e provochiamo le chiacchiere.

Buon compleanno Gianni, alla prossima.

2 ottobre 2022

Le eredità scomode

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‘Dietro ogni notte, si cela…un’alba’: una frase stupenda inserita nell’immagine del RaduPo che è appena andato in scena, sulle rive del Po, a Guastalla: due giorni dedicati a burattini e burattinai organizzati grazie al contributo di tanti, ma soprattutto dal cuore grande di Antonio Campanini. Che sono andato a trovare per parlare, insieme ad alcuni dei ragazzi che hanno animato il raduno, di come portare l’arte a bordo dei treni delle linee regionali che stiamo riqualificando. Perché non c’è niente che possa sostituire l’incontro faccia a faccia, niente che apra così tante porte, che suggerisca idee e progetti, del confrontarsi di persona. La pensa così anche Melina Riccio, nome che ai più non dirà molto, ma che per il Centre Pompidou è artista meritevole di una parete tra Giorgio De Chirico e Andy Warhol. Originaria della provincia di Avellino, Melina è artista di strada che vive a Genova e che si sposta in treno (guarda caso) per portare i suoi messaggi di giustizia e ambientalismo: indossa corone di alloro e fiori, parla in rima e regala ricami e composizioni alle persone che incontra nei suoi viaggi. Per il museo “con leggerezza e humor mette in guardia sull’assurdità di un mondo dominato dal denaro che sta collassando sotto il suo stesso spreco”. E a questo proposito, da segnarsi in agenda, il prossimo fine settimana si svolgerà a Lucca la prima edizione del Pianeta Terra Festival diretto da Stefano Mancuso: “L’idea di organizzare un festival sullo stato del nostro pianeta mi ha sempre accompagnato. Poi, nel dicembre del 2020, una notizia data da Nature ha cambiato per sempre la mia stessa idea di Terra: in quel 2020 il peso cumulato dei materiali come cemento, metallo, plastica, mattoni e asfalto, prodotti dall’uomo nel corso della sua brevissima storia, aveva superato il peso complessivo della massa vivente. In pratica, dal 2020 in poi, sul nostro pianeta ci sono più materiali prodotti dall’uomo che vita”, spiega Mancuso. Un dato che, però, non ha sollevato alcun dibattito pubblico, nessuna presa di coscienza, nessuna reazione tangibile. Da qui l’urgenza di un evento ad hoc. Perché non può essere questa l’eredità che lasceremo a chi verrà dopo. Come non è stata un’eredità gradita quella che si è trovato a ricevere un cittadino di Torino dopo la scomparsa di un parente. Si trattava di tre tessere di un mosaico romano che, molti anni prima, il congiunto aveva trafugato (passandola liscia) dal sito di Tharros, antico porto di scambi commerciali in Sardegna. Presa carta e penna ha scritto poche semplici righe: “Restituisco quanto indebitamente sottratto al vostro sito archeologico. Sentitamente dispiaciuto per il furto da voi subito, porgo le mie scuse”, e dentro alla busta ha infilato le tre tessere.   

4 settembre 2022

La forza del racconto

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In una settimana di esordi su TikTok, tre storie lette sui quotidiani hanno richiamato la forza del racconto. Non troppo lungo – tanto che avevano la forma dell’articolo -, ma nemmeno così rapido e labile quanto un video sul social. E a quelle storie si sono aggiunte le testimonianze ascoltate in piazza Prampolini, a Reggio, nell’ambito del Festival di Emergency (che quest’anno si intitola ‘La Scelta’). Anche in questo caso dalle parole emergeva tutta l’intensità dei momenti vissuti veramente, era evidente il cambiamento interiore vissuto da chi aveva incrociato le persone e le vite di cui ci stava parlando dal palco. E guardando la platea, era tangibile il segno che quei racconti stavano lasciando in ognuno di noi. La potenza di una storia, dunque. A Varese, nonostante una vita vissuta in strada, con l’aeroporto di Malpensa come rifugio, un sacco a pelo per dormire, Attilio e Dolores hanno scoperto l’amore. Hanno unito il niente che avevano, a dimostrazione che per quanta fame (fisica) si possa avere l’animo umano ha anche altri bisogni (se lo ricordino quelli del: non è il momento di parlare di diritti perché ci sono le bollette alte). E attorno a loro si è mobilitata una rete di associazioni che li ha aiutati a convolare a nozze, celebrate in municipio dal sindaco Davide Galimberti. Una raccolta fondi presso la cittadinanza è servita a pagare la festa di matrimonio e una mini luna di miele in hotel. Adesso Attilio ha anche trovato un lavoro grazie all’associazione ‘Il Viandante’. Si scende tutto il Paese per arrivare in Puglia. Ivan ha solo 13 anni e purtroppo ha scoperto di avere una forma gravissima di tumore. Tra i suoi desideri, raccontato mentre affronta il difficile percorso medico, c’è quello di visitare Disneyland. Ma in Francia non può andare. Così tutto il suo paese – Montalbano di Fasano – decide di ‘portare’ il parco divertimenti da Ivan. E lo scorso luglio 150 figuranti con i costumi della Disney e della Marvel hanno inscenato per lui una sfilata. Ivan si è spento a fine agosto, ma il sentimento di comunità che per lui si è manifestato resterà per sempre. A Bologna, invece, ci sono fiori e un biglietto anonimo in via San Felice, nel punto in cui era solito sostare per tutto il giorno Stefano Zandonadi, 57enne senza dimora che era diventato un personaggio della città. Origini venete, molte peregrinazioni e tanta sfortuna, aveva trovato assistenza e un alloggio di housing first in Piazza Grande. Però andava comunque a sedersi sul marciapiede di via San Felice perché, diceva, la gente si fermava a parlare con lui dei propri problemi, delle incomprensioni in famiglia, delle angosce quotidiane. E lui dispensava consigli. E poi a Reggio, le testimonianze di Nello Scavo, inviato di ‘Avvenire’ che da anni indaga sulla criminalità organizzata, il terrorismo globale e che si è occupato tanto – tantissimo – della mafia che gestisce il traffico di migranti. Ma anche, dallo stesso palco, un appello a investire meno in armi e di più nelle fonti energetiche pulite non solo per questioni ambientali, ma per ridurre la possibilità di conflitti legati all’approvvigionamento di materie prime e combustibili (per proteggere l’arrivo in Europa di olio e gas sono impegnati i due terzi delle missioni europee coordinate dal Vecchio Continente): “Le rinnovabili sono il più grande piano per la pace del futuro”. Senza demonizzare niente e nessuno, lontano da ogni ipocrisia (io pure alle volte ‘cazzeggio’ sui social) e schivando ogni idea di censura o critica snob: ma tutta questa roba qui, le emozioni che suscita, in un video di TikTok mica ci stava.

7 agosto 2022

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Fenomeni, presunti e veri

Fenomeni in giro ne abbiamo. O meglio, persone che si sentono tali. “Sequestri in auto e pestaggi. La faida tra le bande trap: nove arresti”, titolava il Corriere della Sera sabato scorso. L’articolo riportava l’attività di indagine condotta dai magistrati di Milano sulle violenze dei gruppi di giovanissimi: agguati da filmare e mettere sui social, ragazze arruolate per sedurre i rivali e agevolare gli agguati, rapine, fendenti di armi da taglio. Gente dura si direbbe. Eppure, una volta arrestati e messi ciascuno davanti alle proprie responsabilità individuali: “I primi quattro ventenni sottoposti agli interrogatori di garanzia dei carabinieri, davanti al gip hanno ammesso le responsabilità parlando senza voler mai finire di farlo. Tra crisi di panico, pianti e paure dopo una sola notte di cella. Un ritorno alla realtà, lontano dai telefonini e dai canali social dove riversavano in diretta le loro violenze”. Che si fa presto a fare i gradassi in branco, e si rischia di perdersi nel mondo parallelo che ci si costruisce sui social. C’è molto lavoro da fare, non per condannare ma per curare. E chissà che quelle lacrime, spia delle fragilità di questi presunti invincibili, servano a molti altri ragazzi. Che di personalità ipertrofiche se ne contano in abbondanza. Mentre di persone a modo sempre meno. Una di queste è Pierluigi Bersani, che ha annunciato di non candidarsi alle prossime elezioni politiche. C’è con Pierluigi un rapporto che è pre-politico, ed ha piuttosto a che fare con l’amicizia. Che mi ha dimostrato anche quando era scomodo farlo. Come quella volta in cui Matteo Salvini, già leader della Lega, mi ha attaccato perché alla Festa del Pd si erano presentati alcuni profughi chiedendo di poter fare i camerieri volontari: per loro era un modo per instaurare qualche relazione umana, uscire dal limbo in cui erano bloccati in attesa che la loro richiesta di asilo venisse valutata. Per la propaganda leghista era la prova che il Pd ‘importava’ apposta profughi per sfruttarli nelle sue feste. Come se su 5mila volontari la differenza la facessero 8 persone. Media nazionali scatenati, una denuncia sulle mie spalle. E l’arrivo di Bersani alla Festa che, davanti ad una platea immensa, a favor di telecamere e taccuini dice: “Avere un segretario che accoglie quei ragazzi è una benedizione per questo partito”. Fine delle polemiche. E’ venuto, Pierluigi, anche nella mia Luzzara quando nel 2015 mi sono ricandidato come sindaco: pranzo con 400 persone per finanziare la campagna elettorale. Sorrisi e abbracci con tutti. La generosità è una delle qualità, per me, che segna la differenza tra le persone. E’ bellissima l’intervista che Marcello Fois ha rilasciato nel giorni scorsi. Scrittore nato a Nuoro ma adottato da Bologna, a proposito delle prossime elezioni (e più in generale della politica) ha detto così: “L’istruzione è una questione cogente. Leggere è una forma di tutela civica. Per molti cittadini il problema non è la mancanza di intelligenza ma l’assenza sistematica delle parole che servono per esprimerla. Io credo che il Pd debba sfuggire il ricatto dell’ora e subito, formulando un programma che preveda un oggi da gestire con dignità politica e un futuro progressista da costruire”. E pensare che né Fois né tantomeno Bersani si sentono fenomeni.  

17 luglio 2022

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Quando la politica perde sé stessa

Giovedì mattina, in diretta a ‘Buongiorno Reggio', si parlava dei Cammini in Emilia-Romagna quando la (brava) conduttrice, Susanna Ferrari, mi ha interpellato sulla crisi di governo: “Cosa ne pensa di quello che sta succedendo a Roma?”. Più o meno ho risposto così: la politica dovrebbe servire a ridurre le sofferenze delle persone, quando si concentra su sé stessa e diventa spettacolo perde ogni funzione e anche ogni interesse. Che poi basterebbe guardare alle prime immagini che il telescopio spaziale James Webb ci ha mandato per rimetterci nella giusta prospettiva: per relativizzare l’importanza che ci diamo, e che diamo alle battaglie che combattiamo. A me sembra che l’eccesso di esposizione – di cui spesso la politica è al contempo alimentatrice e vittima – allontani dal merito, faccia perdere di vista l’essenza delle cose, creando e consumando a velocità imbarazzante fenomeni che (appunto) sono mediatici. E dire che di cose di cui occuparsi – ricordandosi che la politica non può essere solo strategia, ma che dovrebbe essere anche visione – ve ne sarebbero. Come si fa a non avere l’assillo di fronte al fatto che il 20% delle famiglie italiane meno abbienti – secondo l’Istat – subisce un’inflazione molto più alta (il 9,8%) rispetto al quinto più ricco (che ‘sente’ un rialzo dei prezzi del 6,1%)? A determinare la differenza è che l’indice viene armonizzato, e le famiglie con reddito disponibile più basso sono costrette ad impiegare una quota più alta delle proprie entrate per il pagamento delle bollette e l’acquisto di beni di prima necessità. E l’aumento del costo dell’energia per il primo 20% di famiglie (quelle più povere) pesa per il 48,9% sul reddito, mentre per quelle benestanti per il 42%. E come non si fa ad angosciarsi per una nuova patologia, diagnosticata tra i nostri giovani, e definita ‘ecoansia’? L’emergenza climatica, la siccità drammatica che stiamo vivendo, l’idea che invertire la rotta sia impossibile, portano ragazze e ragazzi a non immaginare più il futuro. Ad abbandonarsi sconfitti al presente. A proposito, dal Monte Bianco: “Il nevaio si è estinto e la cisterna piange: non c’è più acqua, chiudo”, dice Davide Gonella, gestore dello storico gestore del rifugio a oltre 3mila metri. E come non bastasse, quando possiamo ci complichiamo la strada da soli. La Corte di Cassazione ha bloccato il processo per la morte di Giulio Regeni. Non potendo notificare ai quattro imputati, tutti agenti egiziani della National security, gli atti il processo non può essere celebrato. E le notifiche non avvengono perché l’Egitto si è rifiutato di fornire gli indirizzi dei suoi agenti. Una norma di tutela (fornire a chi è imputato le informazioni utili a conoscere l’esistenza del procedimento a suo carico, e di conseguenza tutta la documentazione così da potersi difendere) diventa, se abusata, un modo per fuggire dal processo. Scrive molto bene l’amico Luigi Manconi su ‘Repubblica’: “Posso dire, in piena coscienza, che il nostro Paese ha mostrato in questi sei lunghissimi anni una postura di subalternità piscologica e di sudditanza ideologica nei confronti di un regime brutale, in nome di una malintesa realpolitik. Un realismo politico straccione che ha impedito qualsiasi seria iniziativa di pressione e condizionamento, qualsiasi azione coordinata e condivisa al livello sovranazionale ed europeo, qualsiasi forma di internazionalizzazione della crisi tra Italia ed Egitto al fine di trasformarla in una grande questione di tutela dei diritti umani in quella cruciale regione del mondo. Una disfatta morale, oltre che, politica”.  

11 luglio 2022

Darsi una mano funziona, anche in economia

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C’è profumo di basilico al ‘Bettolino’, coop sociale degli otto Comuni della Bassa Reggiana. Serre e laboratori danno lavoro a ragazzi con disabilità di tutto il territorio, e da lì esce anche il pesto che trovate al supermercato per condire la pasta. Il ‘Bettolino’ è stata una idea straordinaria, è una realtà incredibile: all’assemblea dei soci abbiamo discusso di come mettere a valore l’eccezionalità di questa esperienza, che davvero potrebbe indicare la via per uscire dalle difficoltà dell’attualità. Detta in sintesi: grazie al biogas prodotto dai nostri rifiuti si genera calore con cui si riscaldano le serre per la coltivazione del basilico, che poi viene lavorato dai nostri ragazzi più fragili, e venduto attraverso la grande distribuzione. C’è tutto dentro questo percorso: l’inclusività, la sostenibilità economica, l’attenzione all’ambiente, la qualità del lavoro. L’idea che ogni persona meriti rispetto. Il lavoro, di qualità, come strumento di relazione tra le persone, di conoscenza delle storie degli individui, di emancipazione, di realizzazione. Niente di più attuale. Soprattutto se si considera – come denunciano i dati Istati – che 4mln di lavoratori dipendenti in Italia guadagnano meno di 12mila euro l’anno, altri 5,6mln sono sotto la soglia di povertà assoluta. Lavoro sottopagato. Lavoro discontinuo. Lavoro che non emancipa, ma anzi tiene ancorati, da una situazione di povertà. Misure emergenziali come il reddito di cittadinanza sono andate in soccorso di chi – e sono 2,6mln di persone in Italia – deve chiedere aiuto per mangiare. E adesso che aumentano i prezzi dell’energia quei redditi già bassi diventano ancora più insufficienti per vivere. Dalla Spagna: “Abbiamo cambiato paradigma, aumentando diritti e salari per tutti. A livello economico funziona”, dice la ministra Yolanda Diaz. “Oggi il 48% dei nuovi contratti è a tempo indeterminato, mentre prima era il 10. Abbiamo dimostrato che potevano esserci maggiori diritti e maggiore stabilità specie in due grandi settori come agricoltura e turismo”, continua la 51enne espressione di Unidas Podemos. Far stare meglio ciascuno per stare meglio tutti: alla base c’è la convinzione (proprio come nell’esperienza del ‘Bettolino’) che siamo ingranaggi di un meccanismo unico. Ne parla nel suo ultimo saggio Michael J. Sandel (‘La tirannia del merito’, edito da Feltrinelli), docente di Teoria del governo ad Harvard: “Quando consideriamo il nostro successo come ‘opera nostra’, dimentichiamo il debito nei confronti di chi ha reso possibile il nostro successo: la famiglia, gli insegnanti, la comunità, il Paese. Questa dimenticanza rende più difficile riconoscere la nostra dipendenza reciproca e il nostro obbligo di occuparci del bene comune”. Non si dimenticherà dei suoi insegnanti, né dei compagni di classe, la neo diplomata (con 100/100) Chiara Carrettoni. La sua storia l’ha raccontata il Corriere della Sera: “Fra gennaio e febbraio ho vissuto un periodo difficile. I primi segnali di malessere erano già cominciati a settembre quando siamo tornati in classe dopo il secondo anno di lockdown. All’inizio stavo male di rado: attacchi di panico, crisi di pianto. Poi è arrivato il crollo: non riuscivo a stare a scuola e non stavo bene nemmeno a casa. Ero decisa a ritirarmi”. E invece i suoi insegnanti del ‘Galilei’ hanno attivato per lei l’insegnamento a domicilio, con lezioni individuali da febbraio a maggio. Due amiche, Hasnaa e Chiara, le sono state vicine. E adesso c’è da festeggiare una maturità con il massimo dei voti.

Dare una mano agli altri è l’investimento migliore che possiamo fare, anche per noi stessi.

3 luglio 2022

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Beati gli ultimi, se hanno idee chiare e forza d’animo

Dice Tananai: “Mi dicevano ‘ciccione’ perché alle scuole medie ero 1 metro e 50 per 82 chili. Ho anche saltato qualche mese di scuola per non farmi vedere”. E’ arrivato ultimo a Sanremo con ‘Sesso occasionale’ e ha trasformato quell’insuccesso nel suo esatto opposto grazie a battute e post, facendo scoprire la sua personalità autoironica e brillante. Adesso i suoi concerti sono tutti sold-out, e con Fedez e Mara Sattei ha registrato ‘La dolce vita’, potenziale tormentone estivo. Il riscatto sembra la cifra di questa storia. Deriso da piccolo, bocciatissimo al festival, ma in grado di rialzarsi e affermarsi. E riscatto è anche quello, finalmente, delle calciatrici italiane: dal primo di questo mese (anche se tutto diventerà effettivo con il prossimo campionato al via a fine agosto) sono diventate professioniste, abbandonando il dilettantismo a cui erano relegate a differenza degli uomini. Diventare atlete professioniste significa accedere a tutte quelle tutele legate allo svolgimento ‘professionistico’ di un lavoro. Era il marzo 2021 quando ho aderito, sostenendola per come potevo, alla campagna #IOLOSO lanciata dall’Associazione Nazionale Atlete per difendere il diritto alla maternità, e adesso finalmente un primo importante risultato. E ha tutti gli ingredienti per essere una storia di riscatto (non tanto individuale, ma di territorio) quella di Lisa Spezzani e Ivan Grimelli di cui ha scritto ‘Il Resto del Carlino’. I fidanzati hanno deciso di avviare due attività imprenditoriali nella Valle Ramisetana, appennino reggiano, tra Vetto e Ventasso. Lei ha aperto un bar a Borcale (rilevando un locale chiuso da due anni) dopo aver conseguito a pieni voti un diploma all’Istituto Mandela; lui sta per avviare un’azienda agricola a Cezola. “Sarà perché io sono cresciuta con i miei nonni che facevano i casari, non mi sono mai sentita attratta dalla città. Amo le cose semplici e con il mio ragazzo voglio impostare una vita normale per un futuro in mezzo alla natura. Sono tanti i sogni raccolti in un unico progetto: quello della scelta di restare sul nostro territorio con la soddisfazione di lottare per qualcosa che conta e si ricollega alle nostre generazioni passate”. Che non è nostalgia, ma guardare avanti con occhi diversi. E a me sembra che un cambio di prospettiva radicale serva a livello globale. Mentre si parla di nuovi conflitti e corsa alle armi mi è venuto in mente che in Sicilia, sulla parte più alta del promontorio di Taormina, i greci anziché costruire un avamposto militare (che, vista la posizione, avrebbe consentito di difendersi facilmente dominando su tutto l’orizzonte) ci hanno fatto un teatro. Esattamente quand’è che ci siamo persi per strada?

19 giugno 2022

L’ovetto galeotto

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Ce ne sarebbero da commentare. Dal viaggio di Draghi, Macron e Scholz a Kiev, alle farneticazioni in proposito di Medvedev su rane, spaghetti e salsicce. Dalla follia di Johnson sugli aerei per spedire i migranti in Ruanda (lontano dal giardino di casa, così da non disturbare la vista durante il pic-nic), al teatrino estivo della politica italiana in cui spesso le vicende più misere vengono trattate come fatti epocali. Da questa carrellata meglio allontanarsi per rifugiarsi nella storia di un 12enne svizzero che, rientrato in patria dopo una gita a San Marino divorato dal rimorso ha preso carta e penna e spedito una lettera a Danilo Chiaruzzi, titolare di un alimentari nel piccolo Stato vicino alla Romagna: “Mi chiamo Benjamin, ho rubato un ovetto di cioccolato dal suo negozio. Mi dispiace molto, so di avere sbagliato, ecco 10 euro. Spero mi possa perdonare”. Un gesto bellissimo, che ha colpito l’esercente: “Risponderò al ragazzo con una cartolina. Voglio stringergli la mano e alla lettera aggiungerò anche una torta tipica di San Marino”. Giovani protagonisti anche all’ITIS Nobili, dove hanno dato vita all’omonima band musicale che ha presentato su YouTube e da domani anche su Spotify il singolo d’esordio: ‘Perdersi ancora’, brano dedicato all’adolescenza. Sono segnali positivi che ci arrivano dai ragazzi: di voglia di riflessione, di impegno, di turbamenti e di prese di coscienza. Come si dovrà prendere atto che non si può, anno dopo anno, darsi appuntamento con le notizie sulla siccità allarmante, sulla scarsità di acqua in fiumi e laghi. Torna d’attualità – come sempre a inizio estatate o in autunno (almeno finché era il periodo delle piene e delle alluvioni) – il Grande Fiume. Mai così basso dicono gli esperti, ma così asciutto. Come bassi sono i laghi. Spariscono i ghiacciai. E già scoppiano guerre in alcune parti del mondo per il controllo dell’acqua. Che nel giro di pochissimo tempo diventerà una risorsa scarsissima, la cui disponibilità potrà cambiare rapporti geopolitici, e determinare la sopravvivenza o meno di intere comunità. Ecco, davanti a tutto questo le infrastrutture idriche non sono al centro del dibattito come dovrebbero essere. Si parla di contrasto ai cambiamenti climatici, si discute di dilazioni rispetto agli impegni per la riduzione delle emissioni. Ma non c’è sufficiente attenzione alle opere necessarie per gestire al meglio l’acqua dolce di cui disponiamo. La rete idrica continua a disperdere parte di quanto si preleva e nel PNRR non c’è traccia di investimenti per la sua riqualificazione. E il dibattito sui bacini è bloccato da posizioni ideologiche. Qualcuno parla ancora della necessità di preservare il “corso naturale del Po” per dirsi contrario ad interventi importanti per la conservazione dell’acqua. Come se il corso naturale esistesse ancora. Basterebbe fare un giro nella Bassa, attraversare a piedi il fiume dalla sponda emiliana a quella mantovana per rendersi conto che non esiste più.

12 giugno 2022

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Giù la maschera

Gli esami di maturità con la mascherina indossata sono una scemenza ingiustificabile. E non perché non si debba usare intelligenza e giudizio nella convivenza con il virus, ma perché il momento degli esami è davvero quanto di più lontano dall’assembramento scriteriato. Stiamo, per fortuna, assistendo al ritorno dei grandi eventi – sportivi, musicali – con il pubblico in presenza a capienza piena, e in quelle occasioni si consente, si tollera, che le persone non indossino alcuna protezione. Perché obbligare degli studenti che arrivano a scuola senza la presenza di tutti i colleghi più piccoli (quindi con numeri molto limitati), che stanno distanziati durante le prove scritte per evitare di copiare, che si presentano uno alla volta davanti alla commissione degli orali, a indossare la mascherina? Confido che la riunione convocata oggi a Roma possa dare un’indicazione chiara sulla rimozione dell’obbligo. E in vista di settembre credo – come l’ho sempre creduto anche prima, anche se è stato un principio poco praticato - che un maggior coinvolgimenti degli studenti nella definizione dei comportamenti utili da tenere nell’ambito scolastico in una fase di convivenza con il virus debba essere la strada giusta da seguire. I nostri ragazzi hanno bisogno di sentirsi parte di un progetto, non dei pacchi da sistemare (ma ci tornerò sull’argomento, perché l’incontro/confronto con molte realtà che si relazionano con i giovani e giovanissimi è ricco di sollecitazioni). Una occasione, si tratta di questo. Di dare un’occasione. Che poi se qualcuno alza la palla c’è chi la sa prendere. Come a Palermo, dove apre i battenti il BarConi: una gelateria gestita da donne e uomini migranti provenienti dall’Africa centrale e dal Maghreb. E’ nata per iniziativa di Moltivolti, impresa sociale nel cuore di Ballarò: “La volontà è quella di offrire una risposta e un sostegno concreto a tanti giovani migranti, ricattati da norme e decreti sempre più stringenti che guardano al contratto di lavoro come unico strumento per vivere in un Paese diverso da quello di provenienza, e delineare modelli di impresa e sviluppo sostenibili”. Si tratta sempre da quale prospettiva si guarda alle cose del mondo. Perché non è vero che sono tutte uguali. Io, ad esempio, non sarò mai disposto a considerare come candidabile per il centrosinistra – schieramento in cui milito, dentro al quale spesso litigo, e a cui senza presunzione alcuna offro il mio contributo sperando che possa essere utile a migliorarlo – una che ha pensato che i vaccini anti-covid andassero distribuiti in base alla percentuale di Pil prodotto da un determinato territorio. L’idea che Letizia Moratti, attuale assessore alla Sanità della Lombardia a guida centrodestra, possa essere la candidata del blocco opposto per battere il governatore leghista Attilio Fontana è del leader di Azione Carlo Calenda. Ha indubbie qualità Moratti, è salita in corsa alla guida dell’assessorato lombardo che nella gestione del covid stava affondando. Ma una persona che ha detto quello che ha detto lei non può candidarsi per il centrosinistra, almeno non per quello che conosco io. E la politica non può sempre essere strategia, ogni tanto dovrebbe ricordarsi di essere qualcosa di nobile, un indirizzo alle persone. Per evitare polemiche sono andato a riprendermi il comunicato ufficiale di Regione Lombardia con cui Moratti smentiva di aver detto di distribuire i vaccini in base al Pil. Lo riporto: “Non ho mai pensato di declinare vaccini e reddito. Il Pil cui ho fatto riferimento è un indicatore finanziario, produttivo, economico. Regione Lombardia è motore d’Italia. Il rischio per questa regione è oggi quello di fermarsi per troppo tempo, di fermare il lavoro, la vita sociale e la filiera produttiva”. Come nella famosa pubblicità del caffè: “What else?”.

29 maggio 2022 

Operai o medici, i nuovi schiavi

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Segregati in fabbrica, per poter continuare a lavorare e produrre senza ammalarsi. E’ la vicenda di molti operai cinesi, che da inizio aprile vivono in una sorta di bolla: iniziano il turno in fabbrica, fanno le loro ore di lavoro, e quando finiscono vengono chiusi in dormitori spesso interni all’azienda stessa in attesa del turno del giorno dopo. Senza poter uscire, senza poter tornare a casa, senza una vita: come fossero dei robot o dei moderni schiavi. Perché? In Cina il contenimento del covid, in assenza di una campagna vaccinale efficace, è tutta basata sulle chiusure drastiche. Zero socialità: cinema, ristoranti, teatri, ma anche negozi e spazi pubblici chiusi. Misure, però, che fanno crollare l’economia. E la produzione nelle fabbriche non può restare ferma troppo a lungo. Così l’unico escamotage è stato quello di pensare a delle ‘bolle’ in cui rinchiudere i lavoratori ed evitare che possano contagiarsi. Dopo due mesi, però, la gente non ce la fa più e inizia a protestare.

E sono proteste diffuse da nord a sud in tutta Italia per la mancanza di personale sanitario. Una lettera al Corriere della Sera che arriva da Treviglio (Bergamo): “Da molti giorni ormai un consistente numero di abitanti di Treviglio, nella florida provincia bergamasca, è privo del medico di base per le dimissioni ed il pensionamento di ben tre medici, finora non sostituiti”. E da Roma titola sempre il Corriere: “Sos pronto soccorso. Il grido dei malati”. Si legge nell’articolo: “Personale medico e infermieristico insufficiente, strutture degradate, ritardi inaccettabili nelle visite e mancanza di apparecchi basilari”. Nell’inchiesta romana si denuncia la mancanza di almeno 300 medici per le visite nei triage. Ne torno a parlare (lo avevo fatto anche con L’APPUNTO del primo maggio scorso) perché la questione è tornata all’attenzione della stampa locale reggiana in questi giorni, complice la presa di posizione di una parte della rappresentanza sanitaria ospedaliera. La mancanza di personale sanitario è una emergenza nazionale, lo riscrivo chiaro perché credo che sia talmente importante il tema da meritare un dibattito all’altezza, lontano dalle micro polemiche locali. E’ figlio degli errori di programmazione degli ultimi decenni, ma anche dei veti che parte del mondo sanitario ha imposto per conservare posizioni e potere. Oggi scopriamo di non avere abbastanza medici e infermieri, e la mancanza di personale per il turn-over si è aggravata con il covid e con quota 100, e ci vorranno anni a recuperare. Sempre che lo si voglia davvero. E cioè la prima domanda da farsi è: la vogliamo davvero tutti una sanità pubblica e universale? Io vorrei continuare ad averla, e penso che non si possa prescindere dal fattore umano: bisogna valorizzare le persone che lavorano nel servizio sanitario pubblico, bisogna offrire trattamenti economici adeguati, offrire opportunità di carriera, una organizzazione del lavoro che garantisca la possibilità di vita famigliare e sociale. E poi bisogna garantire la sostenibilità del sistema, che vale a dire aggredire il tema del costo dei farmaci e dell’istituto del brevetto. E si deve recuperare uno spazio di programmazione, perché la politica dovrebbe sempre essere seria, e se talvolta può giocare con gli annunci questo non è tollerabile in sanità. Non è la battaglia di un singolo sindaco o di un direttore aziendale. E’ una battaglia che dovrebbe essere di tutti noi, comunità di potenziali utenti e operatori sanitari: non contrapposti ma uniti.

22 maggio 2022 

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La legge e la giustizia

E’ bello sapere che ogni tanto la cieca burocrazia, la pedissequa applicazione delle norme, lascia spazio all’intelligenza e alla sensibilità. Dopo tre anni di processo è arrivata per Tommaso Dapri l’assoluzione “per gentilezza”. Nel 2018 questo 35enne operatore culturale ha utilizzato spazi dismessi della Fabbrica del Vapore di proprietà del Comune di Milano senza autorizzazioni realizzando il ‘Muro della solidarietà’: uno spazio in cui abiti, scarpe e coperte vengono lasciate a disposizione dei bisognosi. E’ un’idea nata dal collettivo il Tempio del futuro che è appunto coordinato da Dapri (per questo è lui a finire in tribunale). A far partire la denuncia, dopo i sopralluoghi della Polizia municipale che ha sempre trovato le porte aperte da parte del collettivo, è stata una ligia funzionaria comunale che aveva seguito le regole. Ci ha pensato il giudice Patrizia Costa a risolvere la situazione riconoscendo il merito di aver sfruttato lo spazio, pur se occupato abusivamente, per attività sociali. Facendo cioè pesare il fattore umano e solidaristico sulla mera applicazione della legge. Anzi, facendo incontrare la giustizia con la legge (non succede sempre, lo canta anche De Gregori in ‘Il bandito e il campione’: “Cercavi giustizia ma trovasti la Legge”). Non ha ancora trovato né l’una né l’altra Enzo Palmesano, 64enne giornalista campano che fu allontanato dal quotidiano ‘Corriere di Caserta’ per le pressioni del boss Vincenzo Lubrano e che non ha più trovato spazio per fare il suo mestiere. “Da quarantasei anni non c’è stato giorno che io non sia stato indagato o imputato. Accusa ricorrente: diffamazione a mezzo stampa”. Nel 2003 il suo allontanamento e solo nel 2009, grazie a delle intercettazioni ambientali, emerge la verità: “Per sei anni solo io ho pensato di essere vittima di un’azione punitiva dei clan nei miei confronti, ecco, dopo sei anni di isolamento e dubbio esce la verità”. Nel frattempo ha subito ogni tipo di torto, il figlio allontanato dal posto di lavoro in una impresa edile, le intimidazioni (il tentativo di bruciargli l’auto, i proiettili recapitati) e l’impossibilità di trovare una testata su cui scrivere fatta eccezione per qualche blog locale. “Oggi leggo libri, vado in biblioteca. Ogni mattina mi lavo e mi vesto bene, fosse solo per stare in giardino. Perché? Se quel giorno dovessero ammazzarmi, devono trovarmi in ordine”.   

16 maggio 2022 

Essere Emilia

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Siamo così. Semplicemente ‘siamo emiliani’. Non esiste un posto dove ti insegnano, non c’è un vademecum o qualche tipo di legge. Siamo persone che pensano che ognuno ha il diritto a stare meglio, ma che è più facile che accada se anche chi gli sta intorno sta bene. E allora ci si impegna nel volontariato, si mette a disposizione il proprio tempo per qualche iniziativa benefica, si adoperano doti e ingegno per un obiettivo comune. Domenica mattina a Sant’Ilario i ragazzi della pubblica assistenza Croce Bianca hanno avviato una raccolta fondi per acquistare un’automedica da mettere a disposizione di un pezzo di Val d’Enza: in vendita le opere (quadri, sculture e fotografie) di Paola Bonacini e Giuseppe Arduca. A far gli onori di casa la presidente del sodalizio, Patrizia Casciano: “Questo progetto lo abbiamo intitolato ‘Noi ci siamo e tu?’ per sollecitare le persone a rispondere alla chiamata. Il mezzo che acquisteremo servirà Sant’Ilario, Gattatico e Campegine”. Domanda retorica quella del titolo, perché i ragazzi della pubblica assistenza hanno già avuto molte volte conferma della vicinanza della comunità. Qualche decina di chilometri più in là, un giorno indietro, e a Correggio abbiamo inaugurato ‘Casa Claudia’: uno spazio voluto dalla Fondazione Dopo di Noi, sostenuto dalla Regione, dalla Fondazione Manodori e da tantissimi cittadini e associazioni, in cui i ragazzi con diverse abilità potranno sperimentare dei percorsi di autonomia di vita. Un luogo chiesto e sostenuto da molti genitori di ragazzi diversamente abili, preoccupati di cosa accadrà ai loro figli quando non ci saranno più. “Casa Claudia è costata oltre mezzo milione di euro, un contributo importante lo ha dato la Regione, il Dopo di Noi ha fatto ricorso alle proprie risorse di bilancio, ma un terzo dei soldi necessari è arrivato attraverso donazioni private e raccolte fondi fatte dalle associazioni del territorio”, ha raccontato la sindaca Ilenia Malavasi. E ha aggiunto Sergio Calzari: “Progettisti, imprese, tecnici: ognuno ci ha messo del suo rinunciando anche al guadagno. E nonostante il covid e i rincari dei prezzi dei materiali la costruzione non si è mai fermata perché tutti volevano che Casa Claudia vedesse la luce il prima possibile”. L’hanno realizzata dentro ad un quartiere in cui le prime case sono state pensate dai bambini di Correggio, con uno spazio che sarà aperto a laboratori per persone che non vivranno dentro Casa Claudia grazie alla cooperativa Accento: “Volevamo che non fosse un’isola a sé stante, ma che fosse un luogo abitativo pienamente integrato nella comunità”, ha aggiunto Malavasi. Questa è l’Emilia: non è certo un posto in cui tutto funziona, ma in cui ci si prova a far andare meglio le cose, ciascuno mettendoci un po’ di sé stesso.

8 maggio 2022 

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Due chiacchiere e un caffè per salvare una vita

E’ il gesto inaspettato che può cambiare le cose. Brioche in mano, la sindaca di Russi, Valentina Palli, si è presentata alla porta di quel concittadino anziano che da mesi passava le mattine chiamando il Comune per insultare tutti – amministratori, tecnici, centralinisti – perché non facevano nulla per alleviare il rumore del traffico che dalla strada provinciale gli entrava in casa. Una mattina, la prima cittadina del ravennate, ha deciso di andare di persona a casa dell’uomo: “Qual è il problema?”. Davanti ad un caffè, alla pasta, e chiacchierando, hanno fatto pace: il traffico è risultato non essere poi così grave, mentre la verità è che l’uomo era solo e nella sua solitudine covava una rabbia che aveva bisogno di sfogare, anche ingigantendo il problema dei camion sotto casa. L’anziano ha anche preso il Covid e nelle settimane del ricovero ospedaliero ha continuato a dialogare con la sindaca e con il Comune: telefonate dal municipio per sapere come stava e fargli sapere che non era più solo. Adesso della strada non parla più. Non possono più chiedere aiuto, invece, padre, madre e figlio trovati morti da mesi nella loro abitazione di Borgo Santa Croce (Macerata): sono deceduti per abbandono, perché colpito da un malore l’unica persona autosufficiente, il padre, la moglie ed il figlio allettati per gravi problemi di salute non hanno potuto lanciare nessun allarme. Dopo mesi in cui nessuno aveva più notizie dei tre è partita una chiamata ai carabinieri e ai vigili del fuoco. L’autopsia ha confermato la dinamica: deceduto per un malore l’anziano, morti per inedia la moglie ed il figlio. La solitudine, dunque, ancora una volta: uno dei grandi mali della contemporaneità. La risposta è essere comunità. E per esserlo bisogna curare le relazioni sociali. Avere spazi a disposizione per farlo aiuta. A Guastalla è stata festa vera, sabato, per l’inaugurazione del palazzetto dello sport: una struttura bellissima salutata con gioia da centinaia di ragazzi che lì dentro potranno fare basket, pallavolo, calcetto e tantissimo altro. Soprattutto, appunto, potranno fare gruppo. A fare gli onori di casa, davanti alla sottosegretaria alla presidenza del consiglio dei ministri Valentina Vezzali e al presidente della Regione Stefano Bonaccini, la sindaca Camilla Verona con tutta l’amministrazione guastallese: “Abbiamo atteso forse trent’anni per avere questo palazzetto, ma ci siamo arrivati”. Resistere, perseverare se l’obiettivo è importante. Hanno aspettato anche in Irlanda del Nord ma potrebbero avere la prima leader cattolica e repubblicana del Paese protestante dalla sua formazione: Michelle O’Neill guida il partito Sinn Féin che proclama la necessità dell’unità irlandese. Quante donne protagoniste: la sindaca che va a casa del cittadino insultante, l’olimpionica che diventa sottosegretaria di governo, la nordirlandese che entra nella storia. E invece in Afghanistan i talebani hanno imposto per decreto alle donne di indossare il burqa “per evitare di provocare quando incontrano uomini che non siano mahram (cioè parenti stretti, nda)”: che fate schifo lo sapete?

1 maggio 2022 

La nostra anima forgiata nelle Officine

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E’ allestita in uno dei capannoni delle ex Officine Reggiane la mostra fotografica che ripercorre la storia della più lunga occupazione d’Italia di un sito produttivo da parte dei lavoratori. Era il 1950 quando venne comunicato che, a causa delle difficoltà nel riconvertire la produzione (prima bellica), sarebbero state licenziate la stragrande maggioranza delle maestranze (un’impresa che era arrivata a contare 11mila lavoratori e che nel dopoguerra ne contava ancora circa 5mila). I lavoratori occuparono le Officine e per un anno non le abbandonarono più, progettando e costruendo un modello di trattore a dimostrazione che la riconversione era possibile. Fu un periodo durissimo, per quei lavoratori e le loro famiglie senza stipendio, per il dibattito politico che attorno a quella vicenda si creò, per gli scontri con la polizia. Ma fu anche uno straordinario momento di solidarietà: tutta la provincia reggiana si strinse attorno a quegli operai cercando di alleviarne le difficoltà. Le sarte facevano i vestiti a credito, i medici visitavano gratis, dalle campagne i mezzadri portavano carne e verdura, i fornai la farina. Gli operai delle Reggiane e la loro battaglia per salvare il posto di lavoro furono letteralmente adottati dalla popolazione. Sul piano del salvataggio dell’occupazione può darsi che non fu un successo, su quello della costruzione dell’anima di una terra invece sì. Andate a vedere quella mostra, guardate le pagine di giornale dell’epoca, perdetevi negli sguardi fieri di quei lavoratori, nella dignità e consapevolezza pur in mezzo alle difficoltà. Son passati settant’anni e siamo ancora lì: a difendere il lavoro dignitoso, valorizzato, umano. C’è sfruttamento nei campi o un capannone, nella logistica (Amazon sta perdendo la battaglia contro la rappresentanza sindacale), nel mondo delle consegne. Ma c’è sfruttamento anche in Sanità. Conosco moltissime persone che lavorano – con passione e spirito missionario – nel servizio sanitario pubblico: la carenza di personale, la pressione che continua perché le malattie non scompaiono, costringono spesso a turni devastanti, alla rinuncia alla propria vita fuori dal lavoro. Una figura sanitaria non si prepara in una settimana: è vero che dopo anni di contrazione degli investimenti, di blocchi alla formazione e di assunzioni, si è invertita la rotta, ma i risultati arriveranno nel medio periodo, non oggi o domani. E allora cosa fare nel frattempo? La politica deve avere il coraggio di dire ai cittadini – garantendo a tutti la possibilità di essere curati in sicurezza (ci mancherebbe altro) – cosa può essere fatto e cosa va organizzato diversamente, evitando di tenere aperti servizi sulla pelle degli operatori, cercando la modalità di organizzazione più intelligente per i cittadini/utenti e per gli operatori. Non tutti i territori sono uguali, ed è per questo che bisogna avere particolari attenzioni per quelle zone più remote. Mentre la dove ci si sposta di 15-20 chilometri in dieci minuti non possono esserci duplicazioni che costringono il personale sanitario a lavorare male, che non garantiscono la necessaria sicurezza nemmeno ai degenti. C’è stato un tempo in cui si costruiva un campo da calcio in ogni frazione per accontentare tutti (a Luzzara ci sono quattro campi nel capoluogo, uno in “ciascuna delle tre frazioni): la stessa logica non può essere applicata in sanità. E a proposito di guerra: la prossima sarà sull’acqua. Anzi sta già accadendo.  “Il Veneto richiede acqua alle province vicine per garantire l’inizio delle irrigazioni nei campi, ma Trento e Bolzano non vorrebbero cederla perché serve alle loro centrali idroelettriche”, titola Il Post. E il Marocco registra un calo d’acqua nei bacini del Paese pari all’89%. Se non capiamo che bisogna cambiare approccio anche su questo tema, la conflittualità è destinata a crescere e non sarà gestibile.

10 aprile 2022

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Dei nostri fratelli in tutto il mondo

Resiste da quarant’anni nei campi profughi in cui si è rifugiato a causa dall’occupazione delle loro terre ad opera del Marocco. E’ il popolo Saharawi, che dopo quattro decenni ancora chiede almeno la possibilità di un referendum per decidere del proprio futuro. Ha superato le difficoltà dell’occupazione e del covid. Ho incontrato la Ministra della Salute ad Albinea lunedì, e giovedì è stata ospite in Regione. Non è stata solo l’occasione per fare il punto sulle necessità attuali nei campi profughi, è stato il modo per dirle che mentre siamo – giustamente – impegnati ad aiutare la popolazione ucraina che fugge dal Paese bombardato dai russi, noi qui, in Emilia-Romagna, nei Comuni reggiani, non ci dimentichiamo dei nostri fratelli che soffrivano da prima e ancora soffrono: questa settimana in Regione abbiamo destinato 2milioni di euro di aiuti all’Ucraina, siamo il territorio italiano che in proporzione sta ospitando più profughi, ma non ci scordiamo degli altri. Vanno avanti i progetti di cooperazione in Saharawi, finalizzati alla cura, alla scuola, al lavoro. E quest’estate torneranno, dopo i due anni di stop causa pandemia, i bimbi dei campi saharawi che saranno ospitati nei nostri paesi, che vivranno un’estate come devono vivere i bimbi. Che devono poter giocare, divertirsi, e anche studiare. A proposito: i Talebani in Afghanistan vietano la scuola alle bambine. Era tutto prevedibile, era tutto già scritto. C’è un video di una ragazzina rispedita a casa dalla scuola nella quale si era presentata, zainetto in spalla, che piange a dirotto. Ma perché, potendo scegliere, si preferisce perpetrare dolore? Quanto è più soddisfacente regalare bene lo può raccontare Aljosa Saksida, 48enne volontario dell’Hospice della Pineta del Carso di Aurisina, a Trieste. E’ il reparto dei malati terminali. Ogni settimana, alle 11 del mattino, entra in corsia ed esegue le canzoni che gli chiedono i degenti con la sua fisarmonica. O con la chitarra e il violino. “La soddisfazione più grande è vederli sorridere”, racconta il musicista volontario. Che ha un reparto vastissimo, si passa dalle canzoni popolari triestine come la Marinanersca e Co son lontan de ti Trieste mia, ai Queen. C’era una ragazza, Francesca, che li amava. E nei corridoi dell’Hospice si sentiva Love of my life.

3 aprile 2022

La forza che distrugge e quella che crea

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La forza distruttiva di una bomba o di un missile è immediatamente visibile: si squarciano palazzi, muoiono le persone, saltano i ponti. E’ estremamente materiale, fisica, perentoria. E’ più difficile da cogliere ma forse altrettanto potente la forza dell’arte, dell’immaginazione, dello spirito umano. Perché da essa si rigenera la speranza, rinasce la vita. Una bomba è qui ed ora. L’altra è il domani. Ci ho pensato mercoledì sera, alla fine dello spettacolo della Circus Theatre Elysium di Kiev andato in scena al ‘Valli’ di Reggio Emilia. Uno spettacolo che non doveva esserci, nel senso che quando la tournée è iniziata e questi giovani acrobati hanno lasciato l’Ucraina mai si sarebbero immaginati di non potervi più fare ritorno per lo scoppio di una guerra: molte città italiane si sono mobilitate per organizzare una lunga serie di date in più che terranno impegnata la compagnia fino a metà maggio, consentendo così ai suoi 29 componenti di avere di che sostentarsi restando in Italia. Di più: da Kiev si è riusciti a far scappare anche i loro familiari che ora sono ospitati tra Rubiera, Correggio e Reggio. Alla fine delle quasi due ore di show, tutti insieme sul palco gli artisti salutano il pubblico sventolando la bandiera giallo-blu del loro Paese: gli occhi pieni di lacrime e di gratitudine verso la platea che sera dopo sera si alza in piedi ad applaudire più che lo spettacolo, la loro forza di spirito. Ed è, questa capacità di continuare a vivere, quella che ha mosso la 30enne Sasha Anisimova: scappata da Kharkiv sta usando il suo talento di grafica per disegnare sulle foto della sua città devastata scene di vita quotidiana. In un palazzo dilaniato da una bomba lei immagina le persone che prima lo abitavano, sedute come niente fosse al tavolo della cucina mentre fanno colazione. In una strada crivellata dai missili russi trovano posto giovani a passeggio. “Mi manca la mia città. Un mio amico è rimasto a Kharkiv e mi manda foto e video. Quando li vedo mi metto a piangere. All’inizio non riuscivo neanche a dormire, poi ho capito che dovevo fare qualcosa. Mi sono imbattuta nella foto di un edificio che conoscevo e ho immaginato la vita lì dentro. L’ho sentita. Allora ho pensato che se avessi messo lì le silhouette di uomini, donne e bambini, cui era stata strappata la vita, tutto sarebbe tornato normale”. I suoi lavori sono su Instagram. Perché è adesso che ancora suonano le sirene, e la gente è costretta a combattere o scappare, che dobbiamo iniziare a preparare un mondo di Pace. “In ogni guerra c’è un prima, un durante, un dopo. Il prima è una terra largamente inesplorata”, scrive molto giustamente Cecilia Strada su ‘L’Espresso’. “La guerra, ogni guerra, ha bisogno delle sue giustificazioni, della sua propaganda, di un sistema culturale che renda accettabile e fin desiderabile uccidere e morire per la causa. Questo sistema non si può costruire quando scoppia un conflitto: deve essere già pronto, per essere acceso all’occorrenza. Questo sistema è quello che ci fa pensare naturale e inevitabile che la storia del mondo sia una successione di guerre, che ci fa restare seduti tranquilli su arsenali nucleari ‘necessari per la nostra sicurezza’, che ci fa credere che non ci siano altri modi di proteggere i propri interessi se non l’uso della forza. In questo prima si costruisce la cultura della guerra e si prepara tutto il resto”. Il durante è quello che stiamo attraversando ora. Ma il dopo è tutto da scrivere: “Se la guerra in Ucraina finisse domani – dice ancora Cecilia Strada – dovremmo parlare di smilitarizzazione, di commercio di armamenti, di disarmo nucleare, di pace positiva. Di uguaglianza e giustizia, che fondano la pace”. L’ho detto, molto peggio di lei, quando a Luzzara pochi giorni dopo l’inizio dell’invasione russa ci siamo trovati per una fiaccolata a sostegno dell’Ucraina: fintanto che ci penseremo sulla base di confini - geografici, di razza, ideologici - continueremo a preparare il terreno per il conflitto. Quando inizieremo a pensarci soltanto come appartenenti al solo genere umano, ospiti di un pianeta unico e di tutti, staremo costruendo un nuovo paradigma di convivenza.

PS: amo il calcio e sono un tifoso della Nazionale, per questo ho patito la delusione dell’esclusione dai prossimi mondiali. Eppure la sconfitta sul campo non è la figura peggiore rimediata dai calciatori azzurri. Molto di più racconta di loro, come persone, lo stato in cui hanno lasciato lo spogliatoio dello stadio di Palermo che li ha ospitati: rimasugli di mangiare abbandonati qua e là, cestini stracolmi di spazzatura, posate abbandonate sui lavandini, bottigliette e borsine di plastica gettate sui pavimenti. Si può anche perdere sul terreno di gioco, su quello della dignità sarebbe meglio di no

20marzo 2022

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Una carezza come regalo di compleanno

Piovono le bombe, rimbalzano notizie di civili e bambini morti (con tutta la fatica di avere informazioni certe e puntuali nonostante questa guerra – quella aperta dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina – sia molto mediatica e social), e insomma non mancano davvero i motivi della cupezza. Eppure, questo è un compleanno: un anno fa iniziava la consuetudine settimanale de ‘L’APPUNTO’. E allora qualche notizia buona va data. La prima, leggera come una carezza, è quella del ritorno delle volontarie delle coccole che finalmente sono potute tornare nei reparti di neonatologia. Sospesa per il covid, questa cura a base di tenerezze è nata a Bologna ed è diventata prassi terapeutica per i piccoli nati prematuri. “Il cibo non basta a farti crescere bene, il contatto fisico è importantissimo, necessario come l’acqua – spiega Luigi Corvaglia, direttore dell’unità di Terapia intensiva neonatale dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna -. Senza abbracci i neonati rischiano seri problemi nello sviluppo psicologico”. Sono trentamila i neonati prematuri ogni anno in Italia, difficile per i genitori stargli sempre accanto, ecco allora che sono arrivate le volontarie. Che però sono ancora poche. Una rapida ricerca su internet permette di trovare alcune associazioni che si occupano del ‘reclutamento’, dell’organizzazione della presenza nei reparti. In fondo, tenere in braccio un bimbo e farlo sentire accolto è un bel modo di passare il proprio tempo libero. Accoglienza, una parola che torna. In tre settimane in Polonia sono arrivati oltre due milioni di profughi dall’Ucraina. E’ una cifra enorme, che fa apparire  – per quantità e rapidità degli arrivi – ancora più ridicolo e stupido di quanto già non sembrasse il dibattito pubblico italiano degli ultimi anni. Circa 300mila ucraini, degli oltre 400mila che si sono presentati a Varsavia, in quella città si fermeranno. “Abbiamo bisogno che Unione Europea e Nazioni Unite siano presenti qui, che ci aiutino a gestire questa emergenza meglio di quanto possiamo farlo noi sindaci”, è il grido del primo cittadino della capitale polacca, Rafal Trzaskowski. Europeista convinto, da 18 giorni passa il tempo a chiedere posti letto in cui sistemare le persone in fuga da casa. E denuncia come il governo centrale polacco – di destra e populista – stia scaricando tutta l’emergenza umanitaria sui sindaci. E’ polacca anche la top model Anja Rubik che si batte per i diritti civili con grande coraggio e forza. Il suo progetto più importante è la fondazione Sexed.pl, che ha creato in reazione alla cancellazione quasi assoluta dei corsi di educazione sessuale nelle scuole polacche. Scopo del sodalizio è contrastare la demonizzazione dei rapporti sessuali tra adolescenti, informandoli sui rischi e sui modi responsabili per praticarli. Questo include parlare apertamente della (e con la) comunità Lgbtq+ in un Paese che incoraggia la nascita di ‘zone libere dalla minaccia’ percepita dell’omosessualità. E’ giovane, e molto bella, pure Xiye Bastida, 19enne di padre messicano e madre cilena. Uno dei volti simbolo del movimento USA dei Fridays for Future. A New York è arrivata nel 2015 quando la sua famiglia è stata costretta a sfollare dalla città d’origine in seguito alle disastrose alluvioni che erano arrivate dopo devastanti siccità. “La stampa tende ad omologare la narrazione dei FFF come se fossimo tutti la stessa persona. Non si fa un favore a Greta Thunberg ma nemmeno agli altri la cui causa merita la stessa attenzione. Il discorso di Greta all’inizio, ad esempio, si concentrava molto sul valore della scienza nell’affrontare la crisi. Il tema della giustizia climatica, invece, è emerso grazie agli attivisti indigeni e di colore sulle cui vite le conseguenze del climate change sono spesso più drammatiche”. E il 25 marzo tornano a marciare in strada i ragazzi del movimento, l’hashtag dell’iniziativa è #peoplenotprofit. E’ già in piazza, a cantarle a presidente Bolsonaro, il cantautore Caetano Veloso: in Brasile sta mobilitando migliaia di persone contro le leggi nazionali che stanno agevolando lo scempio dell’Amazzonia. Che a devastare basta un attimo, ma a rimettere le cose a posto servono anni. Servono tempo, pazienza e passione. In alcuni casi anche un po’ di coraggio. Lo sanno i rocciatori che da qualche tempo lavorano sospesi sul vuoto per la messa in sicurezza – con la riapertura prevista nel 2024 – della Via dell’Amore: un sentiero di 900 metri tra Riomaggiore e Manarola. Un tratto di costa ligure, dentro le Cinque Terre, che era percorsa ogni anno da un milione di turisti. E che dal 2012 era chiusa per una frana. Era nata quasi un secolo fa, quando gli operai che lavoravano al raddoppio della linea ferroviaria Spezia-Genova cominciarono a scavare nella falesia una santabarbara per custodire gli esplosivi. Gli abitanti dei due borghi decisero, a colpi di piccone, di completare il lavoro e unire le due località. Erano lontane in linea d’area meno di un chilometro, ma in realtà lontanissime da sempre salendo e scendendo lungo le colline aspre del crinale ligure. Le bombe, quindi, lasciarono spazio all’amore. Questa sarebbe bello fosse una storia che si ripete. 

13 marzo 2022

Salvare il mondo piccolo

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Il 15 marzo del 1952, settanta anni fa, veniva proiettato per la prima volta in pubblico ‘Don Camillo’: la pellicola da cui partì la straordinaria serie di film ispirati ai racconti di Giovannino Guareschi. E per oltre mezzo secolo Brescello, il paese della Bassa Reggiana in cui sono ambientate le vicende del parroco e del sindaco Peppone, è stato conosciuto ovunque solo e soltanto per quello: per essere cioè la quinta delle storie di quella straordinaria umanità del mondo piccolo. Da due decadi in qua, però, a quella fama si è affiancato uno stigma pesante: Brescello epicentro della ramificazione della criminalità organizzata nel nord Italia; Brescello casa dei più pericolosi capi della ‘ndrangheta; Brescello terra di confische. Ero proprio a Brescello – a pochi chilometri da casa – questa mattina per l’inaugurazione della nuova sede di protezione civile in due magazzini che sono stati tolti alla criminalità, attrezzati, e ora messi a disposizione della collettività. In quei capannoni – dove ieri si sono radunati moltissimi volontari non solo della protezione civile ma anche di Auser, Croce Rossa, pubbliche assistenze – troverà posto il centro di insacchettamento della sabbia che serve a contenere le piene dei nostri fiumi (sempre che prima o poi ricominci a piovere). Insomma, da oggi siamo un po’ più sicuri non solo perché la criminalità organizzata perde dei beni, ma anche perché avremo strutture a disposizione del volontariato più efficienti. E siamo tutti più consapevoli del radicamento e della presenza costante della criminalità organizzata nei nostri territori: consapevolezza significa anche maggior attenzione nel contrasto, strumenti normativi più efficaci, promozione di cultura della legalità. In una lotta che va combattuta ogni giorno senza sosta. Come combattono per custodire il loro ‘mondo piccolo’ tre ragazze milanesi che non vogliono la chiusura della libreria del quartiere in cui vivono. “Vuoi aiutarci a salvare una delle poche librerie per ragazzi del quartiere? Firma la petizione e se hai un posto per affittare la libreria a basso costo chiama o scrivi”: è l’annuncio fatto da Sara, Alma R., Marta, Margherita, Viola, Anna e Alma P., tutte di età tra i 10 e i 13 anni, fondatrici di un club di lettura che ha la sua redazione nei locali di Isola Libri in via Pollaiuolo a Milano. Uno spazio che rischia di dover chiudere per i rincari degli affitti in una zona che si sta trasformando tra grattacieli e locali della movida. Il quartiere sta rispondendo, molti firmano la petizione (che chiama in causa il Comune affinché ‘regoli’ l’aumento delle locazioni almeno per quegli esercizi particolari come le librerie), altri si informano su come poter dare una mano, ma soprattutto tutti hanno scoperto il valore di sentirsi comunità dentro la vastità della metropoli lombarda. Ragazze che risvegliano coscienze, proprio come continua a fare Yelena Osipova: la 77enne russa (ne ho scritto domenica scorsa) arrestata per essere scesa in strada a San Pietroburgo per manifestare contro la guerra lanciata da Putin ai danni dell’Ucraina. Appena scarcerata ha recuperato i cartelli ed è scesa di nuovo in strada per continuare a urlare il suo dissenso verso l’invasione criminale lanciata dal Cremlino. Perché si può discutere di tutto – la ricostruzione della storia non è mai così semplice -, tranne che del fatto che c’è un colpevole di aggressione che sta causando morti, profughi, devastazioni. Un ultimo dato, come semplice tassello per la riflessione (a proposito di complessità). Putin governa in Russia da 22 anni, all’inizio degli anni Duemila ha incontrato i leader occidentali compreso l’ex presidente degli Usa Obama, si parlava di un possibile ingresso russo nella Nato. Dal 2008 ha cambiato radicalmente atteggiamento e iniziato una dura propaganda contro l’Occidente, rispolverando la narrazione del Paese accerchiato. La Russia dopo 22 anni di governo putiniano incontrastato ha oggi il Pil dello Stato di New York, soffre ancora di fame e disuguaglianze, non ha insomma compiuto quello sviluppo che un governo di due decadi senza particolari intoppi avrebbe potuto realizzare. Forse il problema di Putin è questo.   

6 marzo 2022

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Brucia il cuore d’Europa

E’ uno di quei momenti in cui si dovrebbe avere la capacità di sollevarsi dalla piccolezza e darsi come orizzonte niente di meno che la custodia dell’umanità. Intesa come sentimento ma anche come conservazione della specie stessa. L’Europa è di nuovo scenario di guerra, e questo è un fatto di rilevanza planetaria. Attenzione: non ci sono guerre di serie A o di serie B, la sofferenza è la stessa ovunque, la follia del conflitto la medesima ad ogni latitudine. Ma è chiaro che la ripresa delle armi nel cuore di un continente così importante negli equilibri mondiali sia un segnale di allarme profondo. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rischia di diventare il detonatore di una guerra lunga, mondiale, un elemento di destabilizzazione come non se ne erano più visti dalla Seconda guerra mondiale: nemmeno il conflitto nell’ex Jugoslavia è comparabile in termini di conseguenze possibili. Questo è davvero un tornante della storia, che se imboccato male può portare alla parola ‘fine’. Magari fosse catastrofismo. E invece appare evidente quanto fragili siano gli equilibri su cui vivevamo, quanto stretta sia l’interdipendenza dei nostri mondi. Quanto, dunque, sarebbe necessario evitare la parcellizzazione, il distinguo perenne, la rivendicazione microlocale, per riconoscersi tutti appartenenti alla stessa specie e cooperare per il bene comune. Vale, questo appello, per chi fa distinzione tra i profughi da accogliere e quali no; per chi divide i popoli che manifestano per la Pace (chi si sfila per il ‘no all’invio di armi’, chi sbeffeggia i sostenitori dell’aiuto militare all’Ucraina); per chi parla di guerra solo in chiave economica; per chi solo ora si accorge del peso delle parole. A proposito di cosa significhi davvero dittatura (con buona pace di quale milione di persone che nei mesi scorsi ci ha tenuti impegnati in un dibattito talmente assurdo da essere profondamente fastidioso): Rai, Bbc, Ansa, Tg5, e poi ancora Facebook, Radio Eco di Mosca, tutti silenziati in Russia. I giornalisti che parlano di invasione dell’Ucraina rischiano fino a 15 anni di carcere, il social network americano è stato oscurato, le emittenti straniere hanno sospeso le loro trasmissioni da Mosca. La 77enne Yelena Osipova è scesa in strada a San Pietroburgo con alcuni cartelli contro la guerra lanciata da Putin: è stata arrestata dalla polizia russa. Lei – sopravvissuta all’assedio nazista di Leningrado - è una manifestante per la libertà e per la pace. Putin bombarda le centrali nucleari e qui in Italia si litiga sulla riforma del catasto. Si è mosso in otto giorni un milione e mezzo di profughi nel cuore d’Europa: siamo solo all’inizio. E’ davvero il momento di essere all’altezza della storia: lo saremo?  

20 febbraio 2022

La tenacia delle donne

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C’erano decine di persone al funerale di Marinella. C’era il sindaco. E’ arrivato un messaggio del vescovo. Se n’era andata sola, dimenticata dal mondo per oltre due anni (tanti quanti ne sono serviti perché qualcuno si accorgesse che era morta sulla sedia del salotto di casa), ma al momento dell’ultimo viaggio la gente si è ricordata - grazie a lei - di essere comunità. “La sua morte non sarà inutile se ci farà aprire il cuore e la mente a chi ci circonda. Non lo avrebbe mai immaginato, ma ci ha fatto il dono di farci ritrovare come comunità”, ha detto il primo cittadino di Como, Mario Landriscina. Camillo Prampolini, che fu sindaco di Reggio Emilia e protagonista della vita politica italiana tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, usava dire: “Divisi siamo niente, uniti siamo tutto”. Ed è unite che le operaie della Saga Coffee, a Gaggio Montano (appennino bolognese), hanno salvato il loro posto di lavoro. Per cento giorni sono state in presidio davanti alla fabbrica, una mobilitazione scattata dopo l’annuncio della chiusura e il licenziamento di 190 persone. “Siamo state a lottare qui fuori, come partigiane, grazie a noi siamo arrivate a questo risultato”, scandisce Anna, una delle lavoratrici, mentre si festeggia l’accordo con una nuova proprietà (mediato da sindacati e Regione) che investirà sulla riconversione dell’azienda e salverà quasi tutti i posti. “Si vede che queste lavoratrici ci credono, hanno dimostrato grande tenacia. Ci servirà”, ha detto uno dei nuovi soci. La tenacia delle donne, il valore aggiunto. Ha una pettorina rossa, due figli che la aspettano a casa, e di notte presidia le strade della movida nel cuore di Bologna. E’ Tania (il nome di fantasia che le hanno dato i quotidiani), una delle ‘Street tutor’ che Comune e commercianti hanno ingaggiato per contenere la voglia di festa che spesso sfocia in disturbo. “Prima facevo la steward negli stadi, ora sono qui e lo trovo entusiasmante”, racconta dopo la sua prima notte di servizio. Alle spalle un corso di 90 ore per imparare ad intervenire in modo sobrio e corretto per invitare le persone a rispettare gli altri mentre ci si gode la serata in compagnia, una radiolina assicurata alla cintura, un canale di comunicazione diretto con le forze dell’ordine.  Donne che ce la fanno, ragazze che gli adulti schiacciano. E’ triste, e non deve essere relegata ad episodio, la storia di Kamila Valieva. 15 anni, pattinatrice russa di grandi speranze, in gara nel singolo alle Olimpiadi di Pechino. Arrivata in Cina scoppia il caso della sua positività (doping o errore: sarà da verificare). Gareggia, ugualmente, ma sotto la cappa di una pressione enorme, che il mondo di adulti attorno a lei ha creato, dimenticandosi che prima di tutto andava protetta una adolescente. La sua esibizione è costellata di errori, dovuti sicuramente allo stress con cui è arrivata sulla pista di ghiaccio. E quando finisce dallo staff russo, anziché comprensione e sostegno, arrivano rimproveri e distanza. Kamila piange e il mondo attorno a lei è freddo, anzi già oltre lei concentrato su altre baby atlete che arriveranno. Ben venga il divieto a gareggiare alle Olimpiadi sotto i 17 anni, ma non basterà se prima non cambierà la testa di molti adulti, allenatori, genitori, dirigenti, manager: un campione deve sbocciare insieme alla persona che c’è dentro. Altrimenti non è sport. Altrimenti è disumano.

13 febbraio 2022

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Un biglietto d’amore per Marinella

Si chiamava Marinella, era una pensionata 70enne. Era una persona sola. Troppo sola. L’hanno trovata seduta su una poltrona del salotto di casa, senza più vita. Morta da due anni. Tanti quanti ne sono passati da quando qualcuno, per l’ultima volta, si era interessato a lei. La donna, infatti, era scomparsa dai radar dal settembre del 2019, e solo l’allarme per alcune piante pericolanti nel suo giardino ha richiamato l’attenzione dei vicini di casa: allertati i vigili del fuoco si è poi fatta la tragica scoperta. E’ accaduto a Prestino, paesino vicino a Como. Come può accadere che una persona non venga cercata da nessuno per oltre due anni? Sembra qualcosa che non si spiega, soprattutto se si ha la fortuna di vivere l’esperienza di comunità dei piccoli paesi italiani. Perché è giusto aspettarsi servizi, risposte, attenzioni, dalle Istituzioni. Ma è altrettanto giusto sentirsi responsabili in  prima persona della società in cui viviamo. Lo pensano a Firenze, dove il Comune ha lanciato la campagna ‘adotta una bolletta’: una raccolta fondi straordinaria per aiutare i circa 30mila anziani soli e in difficoltà economica per il caro bollette causato dai rialzi del costo dell’energia. Che in questo Paese si parla, opportunamente, di Piano di ripresa e resilienza, di miliardi per il rilancio dell’Italia (con lo stucchevole e mal posto dibattito tra Nord e Sud), di rincari dell’energia e delle materie prime che strozzano l’economia, la produzione industriale, e però forse ci si dimentica di parlare delle persone. Ecco, nel capoluogo toscano si sono posti il problema di Luigi, 95enne che vive nella periferia della città e agli assistenti sociali ha confessato che avrebbe cenato a luci spente perché non poteva permettersi una bolletta più alta. La povertà energetica in Italia coinvolgeva, già prima di questo rialzo dei costi, quasi 2milioni di persone. A proposito della qualità della società: fanno ben sperare le parole di Giuliano Amato, neo presidente della Corte Costituzionale che martedì dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità di otto quesiti referendari, tra questi quelli su eutanasia e cannabis. “E’ banale dirlo, ma i referendum sono una cosa molto seria, e perciò bisogna evitare di cercare ad ogni costo il pelo nell’uovo per buttarli nel cestino. Dobbiamo impegnarci al massimo per consentire, il più possibile, il voto popolare”, ha detto Amato. Vediamo e speriamo: le campagne di promozione dei due referendum su eutanasia e depenalizzazione della coltivazione della cannabis hanno raccolto, complessivamente, quasi 2milioni di firme. Sempre in tema di cosa dà più sapore al vivere: ricevere o inviare un biglietto con parole d’amore o di affetto, o di sincera amicizia. Non un messaggino sul cellulare, ma una lettera, un foglietto, scritto a mano. Oggi, in occasione di San Valentino, in molte scuole superiori emiliano-romagnole (diverse anche nel Reggiano) i rappresentanti d’istituto faranno i postini consegnando i biglietti che i colleghi studenti hanno infilato nei giorni scorsi in apposite buche sistemate all’interno delle scuole. “Sono diverse centinaia quelli arrivati – racconta uno dei rappresentanti/postino -. Perché i biglietti funzionano? Sono già di per sé un regalo e per alcuni un modo per esprimere il proprio affetto con creatività”.

Fossi ancora in tempo ne spedirei uno a Marinella: ti sia lieve la terra.  

6 febbraio 2022

Una comunità che cambia (che balla, che si sceglie, che parla)

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C’è un modo diverso di stare insieme: che sia di semplice dialogo o di relazione. Saltano gli schemi tradizionali attorno a cui si organizzava la società, cambia il modo di guardare uno show, e allora tocca adeguarsi: nella scrittura della sceneggiatura o nelle norme che definiscono i rapporti tra le persone. Sanremo è stato all’Ariston, ma anche sui social oltre che in tv. E’ tornato ad essere evento perché ha saputo mescolare in maniera corretta i nuovi linguaggi con quelli più classici, lo spettacolo televisivo con la necessità di stare sui social e ‘ingaggiare’ il pubblico (ben oltre il televoto). Ha unito generazioni diverse non solo perché ha messo nella stessa gara Ranieri e Blanco, perché ha miscelato generi, ma perché è stato bene su tutte le piattaforme che abbiamo a disposizione (la stessa Raiplay – con la possibilità di rivedere quasi immediatamente gli spezzoni che ci piacevano – ha contribuito). Qualcuno penserà che si esagera, ma in realtà ha contribuito a creare comunità: tutti lo hanno guardato (per scelta, non perché chiusi in casa causa pandemia), tutti ne hanno parlato. E ci ha offerto l’opportunità di guardare al bello dei social. Che forse hanno superato (o stanno superando) la fase adolescenziale: quella in cui, non sapendo usarli bene, li si usa male. Ne hanno parlato appunto Marco Mengoni e Filippo Scotti nel loro monologo al Festival: le parole d’odio che molti (troppi) usano sui social sono la parte da marginalizzare, silenziare, il lato oscuro da contrastare. Lo fa, ad esempio, Pinterest che in Italia ha il doppio degli utenti di TikTok. Ne scrive l’amico Paolo Berizzi su Repubblica: “La piattaforma ha bandito insulti, post polemici e provocatori: chi viola le regole viene rimosso”. Sono stati, questa settimana, i 40 anni di Radio Deejay. Ascoltando i messaggi degli ascoltatori andati in onda nella due giorni ininterrotta di live che la radio ha promosso per celebrare la ricorrenza si capiva una cosa semplice e chiara: i milioni di persone che la seguono si sentono comunità, hanno ricordi precisi della propria vita legati ad una trasmissione, hanno condiviso tra genitori e figli la passione per un programma, e hanno partecipato al compleanno come si partecipa alla festa di un familiare. A proposito di famiglia e del modo nuovo di stare insieme. In Germania si pensa ad una legge per ‘scegliere’ chi definire parente. Le famiglie cambiano, magari i nonni abitano lontano, i genitori si separano, e allora per la gestione dei figli magari ci si affida agli amici. Oppure due anziani rimasti soli decidono di aiutarsi a vicenda per superare la solitudine. Ecco, la nuova legge vuole superare le difficoltà burocratiche che incontra un amico cui abbiamo affidato molto più la nostra vita rispetto ad un congiunto: ad esempio non può chiedere informazioni sulla nostra salute al medico, non può operare in banca per noi. Si tratta di regolamentare questi ‘rapporti di comunità’, definire diritti e doveri di un fratello, sorella o figlio ‘d’elezione’, cioè di un parente scelto e non biologico. Che poi mica sempre siamo fortunati. Ad esempio penso (valutazione del tutto personale e per questo opinabile, nel senso che non ne esiste una giusta ed una sbagliata) che in quanto a mamma e papà poteva andare meglio a quei bambini della scuola elementare di Gessate (Milano) che non hanno potuto vedere in classe ‘La vita è bella’: la proiezione del film di Benigni (straordinario) è stata programmata dall’Istituto nel Giorno della Memoria, ma per 12 genitori era un film inadatto a bimbi di quinta elementare. Se c’è una pellicola che tratta con poesia la tragedia dei lager è proprio quello dell’artista toscano. Con quella leggerezza che, come ci ha ricordato sempre dal palco dell’Ariston Sabrina Ferilli (parlando in generale della cifra stilistica scelta dal festival), non “significa affatto superficialità”. Come direbbe Gianni Morandi: “Apri tutte le porte/Fai entrare il sole”.

30 gennaio 2022

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L’indifferenza che uccide,

la sentinella che vigila

Si può morire per l’indifferenza. Delle persone che sono passate, scansandolo, vicino all’85enne fotografo francese René Robert: evidentemente colto da malore l’uomo si è accasciato in una via del centro di Parigi ma nelle nove ore successive nessuno si è fermato ad aiutarlo, scambiandolo per un clochard lo hanno evitato. Il malore, l’età, e l’ipotermia causata dal freddo della notte, sono stati fatali per Robert. A dare l’allarme, attivando i soccorsi (ma quando ormai la situazione era troppo compressa) è stato – guarda il caso – un senza fissa dimora. L’unico a ‘vedere’ il corpo dell’85enne rannicchiato sul marciapiede. E’ storia di segno diametralmente opposto quella dei residenti di via Feltre a Milano che hanno adottato un senza tetto: l’attenzione e la vicinanza iniziali si sono trasformati in un sostegno concreto, e l’uomo ha trovato il modo di uscire dall’emergenza della vita per strada. I residenti della via sono stati premiati con il ‘Panettone d’oro’: riconoscimento alla virtù civica. Non ne serve molta, nel senso che è abbastanza facile, per dare sostegno alla ricerca contro il cancro. Se oggi si è celebrata la Giornata arance dell’Airc e non si è riusciti ad andare in uno delle migliaia di banchetti allestiti nelle piazze d’Italia, si può comunque dare il proprio sostegno all’associazione che finanzia la ricerca sul cancro andando sul sito. Perché di riprendere a pieno regime la lotta contro questo male terribile (ma non più invincibile) c’è estremo bisogno. Come di recuperare le buone pratiche fatte di diagnosi precoce, esami, monitoraggi, terapie. “Il covid continua ad essere pericoloso. Ma non per i pazienti contagiati, se vaccinati, bensì per chi ha un’altra malattia”, dice al Corriere Ugo Pastorino dell’Istituto Tumori di Milano. Il contrasto alla pandemia, infatti, ha dirottato risorse e personale sanitario dalla cura delle altre patologie al covid, ha determinato la chiusura temporanea di servizi e reparti. I dati sono allarmanti: tra il 50 e l’80% di interventi chirurgici in meno, un milione di esami saltati per la prevenzione dei tumori, che si sono riflessi nell’11% di diagnosi e nel 18% di operazioni in meno. Ci vorrà tempo per recuperare. A scandirlo, il tempo, da Notre Dame di Losanna adesso c’è per la prima volta una donna: la 28enne Cassandre Berdoz è la prima ‘sentinella’ assunta dal Comune per salire sulla torre della cattedrale e, dalle 22 alle 2 del mattino, annunciare l’ora. E’ un rito che si tramanda dal XV secolo, quando Losanna fu devastata da un incendio e si decise di introdurre la figura della sentinella che vigilava sull’abitato nottetempo. 

23 gennaio 2022

L’immortalità è un Bacio

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C’è chi ci deve mettere qualche valangata di miliardi, e chi semplicemente la propria dolcezza. Per trovare l’immortalità. Jeff Bezos insegue la speranza di fermare l’invecchiamento attraverso una startup che finanzia generosamente: e gli scienziati dicono che, effettivamente, si potrebbe arrivare a vivere 50 anni in più. Invece ai 100 anni ci sono arrivati, splendidamente giovani e senza sforzo, i Baci Perugina: A inventarli, nel 1922, fu Luisa Spagnoli: fondatrice insieme al compagno, , Giovanni Buitoni,  della Perugina. Cercava un modo per recuperare gli avanzi delle noccioline. E la frase d’amore che accompagna ogni cioccolatino? Intuizione dell’art director Federico Seneca che si ispira ai bigliettini che Luisa e Giovanni si scambiano in segreto, spesso nascondendoli in mezzo ai cioccolatini. Così diventano emblema, ed entrano nel linguaggio comune, costume sociale. Dell’importanza di cosa si mangia e beve, e del come lo si fa, i francesi hanno addirittura fatto un corso universitario: gli studenti apprenderanno come la gastronomia e lo stile di vita del loro Paese abbiano positivamente influenzato le relazioni con il resto del mondo. A lanciarsi in questo master è niente di meno che la Science Po a Lille, prestigiosa università che prevede lezioni di ‘gastro-diplomazia’: una delle chiavi utilizzate da Emmanuel Macron per esercitare una sorta di ‘soft-power’ francese sul resto del mondo. Leggendo questa notizia mi è tornato in mente come una delle fotografie più nitide di cosa abbia voluto dire la caduta del Muro di Berlino mi è apparsa a inizio dicembre. Ero nella capitale tedesca e come molti non mi sono sottratto dalla visita al Checkpoint Charlie, leggendario posto di blocco tra il blocco sovietico e quello statunitense. La strada che porta a ciò che resta della piccola costruzione di legno che serviva da riparo per i militari è una ininterrotta teoria di vetrine piene di souvenir. Ma proprio sul confine che ha diviso il mondo per decenni – ed è la cosa che più colpisce – c’è un McDonald’s. Firma più netta non poteva essere messa. Basta che fast food non si accompagni a ‘fast memory’. Ciò che è stato degli orrori e degli errori del passato non va banalizzato. E a questo proposito sta facendo discutere il nuovo Babi Yaer Holocaust Memorial Center che sorge a Kiev. Nelle intenzioni dei finanziatori deve diventare il terzo polo della memoria dell’Olocausto insieme al lager di Auschwitz e allo Yad Vashem di Gerusalemme. Sul modo qualcosa sembra non tornare, però. “Siamo nel Ventunesimo secolo, nessuno ha tempo, la gente vuole i social media e i messaggi immediati. La nostra competizione non sono gli altri musei, ma Netflix”, dice il miliardario russo Mikhail Fridman che sta finanziando il Centro. E così attrazioni tecnologicamente e artisticamente ardite che uno dei curatori, dimettendosi, ha definito da “Disneyland dell’Olocausto”. E meno male che si è rinunciato all’algoritmo che entrando nel Centro ci avrebbe assegnato un ruolo in base ai nostri profili social facendoci rivivere il massacro come vittima o come carnefice usando tecnologie video deep-fake. Qua tra mondi digitali, criptovalute, immortalità e centimiliardari, l’unica cosa certa per fare un’esperienza vera è scartare un Bacio e leggere che è un apostrofo rosa tra le parole t’amo. 

16 gennaio 2022

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Leggerezza: aspettando Sanremo e il vaccino vegetale

“Perché dovrei barare? Che felicità c’è?”: nel candore della domanda c’è tutta la genuina leggerezza di un ragazzo che ad appena 14 anni stava per battere il vicecampione mondiale di scacchi se la sveglia del cellulare non avesse suonato decretando la sua squalifica. Il trevigiano Lorenzo Candian, messo davanti ad una scacchiera come alternativa alla Playstation solo pochi anni fa, ha lasciato talmente sbalorditi giornalisti e spettatori da far sospettare che stesse barando: “Anche il mio avversario ha detto che non era vero, che io non ho mai barato – racconta il giovanissimo -. Amo gli scacchi perché sono uno sport intelligente, e poi mi piacciono le cose difficili”. Alla Vergani Cup di Cattolica stava per superare il maestro britannico Nigle Short, numero due mondiale, quando la sveglia impostata sul telefonino ha suonato e, come regolamento vuole, Candian è stato dichiarato sconfitto a tavolino: “Lo inviteremo in Italia per un altro duello. Adesso è questo il mio sogno”. Leggerezza, dunque, come si annuncia nelle canzoni di Sanremo che gli addetti ai lavori hanno potuto ascoltare in anteprima (il via al Festival il primo febbraio). Ma non una leggerezza stupida, piuttosto la scelta precisa di non parlare di pandemia e covid pensando già al mondo dopo. Un mondo dove, finalmente, ci si potrà tornare ad incontrare liberamente. E dove i luoghi di aggregazione potranno tornare ad essere frequentati con serenità. Che poi è la stessa visione della New West End Association, il sodalizio che rappresenta i commercianti di Oxford Street, al strada dei ‘grandi magazzini’ londinese. Mega store che stanno scomparendo, complice la rivoluzione nelle abitudini d’acquisto, l’esplosione dell’online. Per rilanciare la zona – che vantava il triste primato di strada più inquinata d’Europa – hanno presentato un piano di investimenti da 3miliardi di sterline per rendere entro il 2025 la via completamente pedonale, con piazze e giardini, ristoranti e bar, alberghi con il verde verticale, mercati alimentari e persino abitazioni (in un’area attualmente quasi priva di residenti). E a proposito di verde, da tenere d’occhio la notizia del vaccino anti-covid vegetale: l’azienda canadese Medicago (insieme alla britannica GlaxoSmithKline) ha annunciato che il suo siero ha superato la terza fase di sperimentazione dopo la somministrazione a 24mila persone. Si tratta di un vaccino ottenuto da una pianta parente del tabacco indotta a produrre la proteina spike. Costa molto meno dei vaccini a mRna, pare avere una efficacia del 75% e forse per il modo ‘naturale’ che è alla base del suo processo potrebbe anche indurre chi nutre ancora obiezioni e ha paura a farsi vaccinare.   

9 gennaio 2022

La responsabilità significa saper scegliere

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L’imbarazzo della scelta per inaugurare il primo Appunto dell’anno nuovo. Parto da Djokovic e dalla sceneggiata che ha messo in piedi per partecipare agli Australian Open: deroga da non vaccinato, poi la rivelazione di aver preso il covid a metà dicembre ma messa in dubbio dalle apparizioni pubbliche fatte senza alcun distanziamento nei giorni in cui sarebbe dovuto essere positivo. Sarà anche un grandissimo tennista, come uomo è pietoso. Chi non si rende conto delle responsabilità che ha quando è persona famosa, in grado di influenzare l’opinione pubblica, o peggio usa la propria notorietà per far passare messaggi sbagliati (non vaccinatevi) è pericoloso. E che non vaccinarsi non sia più un diritto individuale (per me non lo è mai stato) lo dimostra la situazione che nelle strutture sanitarie si sta vivendo: reparti imballati di non vaccinati che sviluppano i sintomi gravi del covid, e di conseguenza preclusi alle persone affette da altre patologie, con tutti i rischi che il ritardo nella presa in cura comporta. Non ha sbagliato solo Djokovic, però. A mio modesto parere, tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre si sarebbero dovute assumere scelte più radicali per il contenimento dei contagi: sono stato a Berlino nei primi giorni di dicembre, mi chiedevano il green pass anche solo per accedere ai negozi, nei mercatini di Natale (tutti aperti) così come nei centri commerciali si somministravano i vaccini. In Italia mi sembra che si sia tergiversato un po’ troppo. E sia ben chiaro: mai dirò di chiudere le scuole mentre tutto il resto va avanti come se niente fosse, ma in un contesto di maggiori restrizioni (che si sarebbero dovute determinare già nelle scorse settimane) anche ritardare la ripresa dell’attività didattica avrebbe avuto un senso. Perché aspettare inizio gennaio per dire che lo sport di base posticipava la ripresa dell’attività agonistica lasciando che per tutto dicembre ci si allenasse come se i contagi non stessero aumentando? Ecco, dodici mesi dopo ci siamo ritrovati a fare gli stessi dibattiti, con personale sanitario sempre più stanco, sempre più frustrato dall’impossibilità di curare patologie gravi diverse dal covid, sotto organico perché si contagiano anche medici e infermieri. L’anno che è iniziato si è portato via l’amico Michele Ammendola, anima della pizzeria etica ‘Porta Pazienza’ di Bologna. Con la storia sua e di questo straordinario luogo è iniziata la serie degli Appunti.

In mezzo a tanti che non sanno scegliere, o che scelgono male, Michele sapeva cosa era giusto fare. Ti sia lieve la terra.

12 dicembre 2021

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Il sapore della rivincita

E’ rivincita, per me, la parola della settimana. Se la prenderanno i riders – quelli che sfrecciano per le strade in bici per consegnarci qualcosa a casa – sulle mega piattaforme commerciali del web che li usano senza volerli trattare con dignità. L’Italia dovrà applicare, appena diventerà definitiva, la direttiva della Commissione Ue che fissa regole per tutelare i ciclofattorini: che non sono ‘autonomi’ come li trattano Deliveroo o Glovo, e che quindi hanno diritto a ferie retribuite, protezione contro gli infortuni sul lavoro, indennità di malattia, contributi pensionistici. Rivincita anche per chi è stato vittima della posizione di dominio sul mercato esercitata da Amazon: che è stata multata dall’Antitrust italiana con una sanzione da 1,1mld di euro. Sostanzialmente – è la tesi che della condanna –, in forza della sua posizione dominante nei servizi di intermediazione su marketplace, Amazon ha potuto ‘imporre’ il proprio servizio di logistica ai clienti. Chi non lo utilizzava finiva penalizzato: prodotti resi meno visibili rispetto a quelli dei concorrenti. Il Sun, e un certo modo schifoso di fare i giornali, le hanno rovinato la vita: ora la risarciranno con un pesante assegno. Ha vinto l’attrice Sienna Miller dopo un lungo iter giudiziario contro  il News Group Neswpaper di Rupert Murdoch: nel 2005, attraverso investigatori privati e fonti pagate, il Sun aveva ottenuto informazioni mediche riservate che dimostravano la gravidanza di Miller. “Hanno quasi rovinato la mia vita, il loro comportamento ha danneggiato la mia reputazione, mi ha portato ad accusare amici e parenti di vendere informazioni su di me catapultandomi in uno stato di paura intensa e paranoia”, ha detto l’attrice. E si spera che la lezione impartita ai tabloid serva a qualcosa. Sommessamente, un po’ alla volta, una rivincita se la prende pure la bistrattata democrazia. E con essa gli istituti chiamati a garantirla. Ad esempio la stampa libera (e di qualità) che dovrà essere finanziata proprio da quei giganti del web che attirano utenti sfruttando la divulgazione di contenuti prodotti dalle redazioni dei media tradizionali, e che negli USA avrà spazio nel pacchetto da 424mln di dollari varato dal presidente Biden. Ospite a Telereggio, un annetto fa, ho discusso con una dottoressa (non ricordo il nome, non importa) che sosteneva come i regimi più autoritari fossero più efficaci nel gestire la pandemia. Si parlava di aperture dei negozi e di restrizioni, con il classico dibattito italiano polarizzato tra due fazioni: chi diceva che tutto doveva essere chiuso per tutelare la salute pubblica; e chi invece reclamava maggiore libertà di movimento per salvaguardare l’economia morente. Nel mezzo io, che ho rivendicato la fatica del confronto quotidiano, delle scelte difficili che si devono compiere portandosi dietro con l’arma della convinzione quante più persone possibile. Ha provato a farmi passare per il classico politico di mestiere, che non voleva riconoscere quanto un capo che decide, in uno Stato che tutto controlla senza perdersi in discussioni, fosse meglio per contrastare il covid. Forse al pubblico televisivo sarà anche piaciuta di più la dottoressa che reclamava modi spicci, fatti e non parole. Ho tenuto il punto, però, non perché ‘addetto ai lavori’. Ma perché sono un cittadino che vuole vivere in un Paese in cui le Istituzioni democratiche continuano ad esistere e nessuno è trattato da suddito. E’ passato un anno, e nonostante quanto di meglio si sarebbe potuto fare, siamo qui in condizioni di sicurezza migliori rispetto a molti altri Paesi, soprattutto di quasi tutti quelli in cui la democrazia è parola sconosciuta.

PS: a proposito di democrazia. Perché funzioni ancora meglio andrebbe riavvolto il nastro degli ultimi 10-15 anni, quelli della rarefazione della presenza delle Istituzioni sul territorio. Quelli, per capirci, della scomparsa delle Circoscrizioni nelle città, dei Tribunali dei Giudice di Pace, delle Province. E perché funzioni bene deve tornare il primato della politica sul potere economico: la politica dovrebbe poter agire per migliorare la vita di tutti, l’economia si preoccupa di generare profitto e non di redistribuirlo (vedasi Amazon sopra). Ma allora servono anche i partiti e la loro funzione di organizzazione dei cittadini. Non ho partecipato a tanti dei congressi che il Pd reggiano ha organizzato nelle ultime tre settimane per l’elezione del segretario provinciale (a proposito: in bocca al lupo a Massimo Gazza, un grazie enorme a Emanuele Cavallaro), ma non avrei mai saltato quello di Bibbiano. Perché lì ho trovato il senso dell’onore che mi è toccato di rappresentanza di questo partito: una comunità che di fronte ad un problema si riunisce per trovare la soluzione anziché dividersi speculando sul problema stesso, di grande umanità, che protegge le persone che la compongono. Ai tempi della spregevole campagna mediatica agita contro Bibbiano, contro le sue istituzioni e servizi, contro il Pd, mi sono esposto a difenderli e loro mi hanno ringraziato. Ma il mio non era coraggio, era semplicemente la cosa giusta da fare. Speriamo che il Pd di domani somigli un po’ di più a quello di Bibbiano.

28 novembre 2021

La follia del caos

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Facciamo così: mettetele in ordine voi perché io non ci riesco. In primavera è partita la campagna ‘vaccino bene comune’. A giugno grandi attese dal vertice tra i governanti dei Paesi più sviluppati per la sospensione dei brevetti. A luglio idem. E l’altro giorno, di fronte alla ennesima variante del covid che paralizza il mondo e sembra arrivare da zone a bassa immunizzazione, Biden ha rilanciato ancora: via i brevetti. Eppure. Eppure siamo ancora qui. Tutto prevedibile, tutto previsto, ma nulla per evitarlo è stato fatto. In Africa vive il 17% della popolazione mondiale: hanno avuto il 3% delle dosi disponibili. A fine anno i Paesi ricchi avranno 1,2miliadi di dosi di vaccino non inoculate mentre il Burundi ha un tasso di vaccinazione dello 0,0025%. Nemmeno i programmi di donazione dei vaccini stanno funzionando: gli USA hanno donato il 25% delle dosi promesse, l’Europa il 19%. Milioni di persone rischiano di morire nel mondo a causa del covid, altre rischiano le conseguenze della trascuratezza rispetto ad altre patologie stante che i servivi sanitari mondiali sono sotto stress e concentrati sulla pandemia. Ma continuiamo a restare chiusi nella nostra bolla, pensando di essere al riparo, pensando che continuare a girarci dall’altra parte sia una buona strategia. Funziona così tanto che venerdì, all’annuncio della nuova variante che mette in pregiudizio l’efficacia dei vaccini di cui siamo stati fortunati destinatari, le sole borse europee hanno bruciato in otto ore 390 miliardi di valore. E in questa assenza di autorevolezza della politica (se non succede niente in conseguenza di ciò che dico, non sono autorevole) cresce la confusione sotto al cielo. In Africa non ci sono vaccini e la popolazione è disinformata e scettica. Ma la politica può fare persino peggio del non essere autorevole: 17 parlamentari italiani hanno scritto al presidente Mattarella per protestare contro l’introduzione del Super Green Pass. Metto i nomi perché li ricordiate evitando di votarli in futuro: Luisa Angrisani, Massimo Enrico Baroni, Pino Cabras, Manuela Corda, Jessica Costanzo, Mattia Cruccioli, Yana Ehm, Francesco Forciniti, Paolo Giuliodori, Virginia La Mura, Alvise Maniero, Matteo Mantero, Paola Nugnes, Doriana Sarli, Arianna Spessotto, Simona Suriano, Rosalba Testamento. Perché poi la confusione degenera. A Ortisei è scontro tra vaccinati e no: l’istituzione della zona rossa (con altri 35 Comuni sudtirolesi) a causa dei contagi, con il conseguente rischio di perdere la stagione sciistica, sta esacerbando gli animi. Chi ha ricevuto il siero minaccia i residenti No Vax. Che sono tanti (troppi): solo il 65% della popolazione si è sottoposta alla somministrazione. Altri cercano di contrarre il virus (chi si infetta chiama gli amici) per immunizzarsi senza puntura. E in mezzo a questo caos si rischia di perdere il filo e farsi sovrastare dal rumore.

21 novembre 2021

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Quanto vale salvare un albero

E’ una storia bellissima quella che l’agronomo Giovanni Morelli ci ha raccontato, sabato mattina a bordo della motonave Stradivari, in occasione della manifestazione ‘Un Po più verde’. Nel 2017 Morelli viene chiamato in un paesino veneto al capezzale di una pianta secolare. “Si può salvare, ma serviranno molti interventi per almeno una decina d’anni”, il suo responso. Il sindaco raduna la cittadinanza, illustra la situazione grave ma recuperabile di quell’albero monumentale, e poi chiede di scegliere: i marciapiedi nuovi o gli interventi sulla pianta. Dopo due settimane gli abitanti avevano deciso, e da quel momento Morelli sta seguendo le manutenzioni speciali che stanno ridando vita all’albero. La comunità aveva capito che era più di una pianta, era un simbolo, la memoria stessa del paese. La sua presenza dava il senso alla comunità stessa. Guardare al patrimonio verde non solo come elemento fondamentale per la qualità dell’ambiente, ma anche come custode della storia, dandogli dignità e diritti credo possa aprire la strada ad un ecologismo anche più vero di quello ‘utilitaristico’ cui ci stiamo abituando (che è già un passo avanti comunque). Certo che la strada per arrivarci è lunga se pensiamo che si fatica a riconoscere pari dignità a tutti gli uomini. Nel 2014, per risparmiare 5mlioni di dollari l’anno, il governatore repubblicano del Michigan, Rick Snyder, delibera di utilizzare per la città di Flint le acque dell’omonimo  fiume, utilizzando senza sanificarle le condutture di Detroit. Dai rubinetti inizia ad uscire un liquido torbido e odoroso, una bomba chimica che corrode le tubature di piombo riversandone le particelle nell’acqua. Si scatena una epidemia di legionella. Sarà una intossicazione di massa. Bambini con presenza di piombo nel sangue altissimo, il 70% di loro presenta disturbi gravi. Dopo sette anni di battaglie la cittadina, che ha 96mila abitanti (la metà di Reggio Emilia per capirci), ha ottenuto un risarcimento di 626milioni di dollari, ma niente potrà mai ripagare per le sofferenze e le perdite patite. Come niente potrà restituire a Muhammad Aziz i 56 anni vissuti con il marchio dell’assassino addosso: solo ora è stato riconosciuto innocente rispetto l’omicidio, niente di meno, che di Malcom X. Innocente lui, che oggi ha 83anni, e innocente Khalil Islam che nel frattempo è deceduto. Forse è incolpevole (come si è sempre dichiarato) anche Julius Jones, 41enne in carcere negli USA da quando ne aveva 19, per la morte di Paul Howell: Jones doveva essere giustiziato alle quattro di pomeriggio di giovedì scorso ma poche ore prima dell’esecuzione la sua pena è stata commutata in ergastolo con possibilità di libertà vigilata dopo “un attento riesame dei documenti”. In questo caso vale proprio il detto meglio tardi che mai. Resta da capire come mai tra una rilettura e l’altra delle carte processuali possano emergere esiti così diversi (da colpevole a innocente dopo mezzo secolo; da detenuto da giustiziare a persona da vigilare in libertà). Forse che il contesto storico, il dibattito presso l’opinione pubblica, siano elementi di ‘disturbo’? Se così fosse le parole – tutte le parole, anche le nostre – assumerebbero un peso ancora maggior. Lo dico da collega ai giornalisti che hanno scritto paginate d’inchiostro sulla vicenda del premio per la riduzione delle assenze ai netturbini romani: ci si è inventati una notizia dove notizia non c’è. Sarebbe bastato leggere il dispositivo dell’accordo tra l’azienda AMA e i sindacati, e riflettere sul fatto che nel privato già da tempo il criterio della percentuale di presenze viene utilizzato per le valutazioni sui premi di produzione. Non si tratta di un premio a chi smette di fingersi malato, ma della distribuzione di premialità se l’azienda raggiunge complessivamente una più alta percentuale di presenze e quindi di produttività. Scriveva Cicerone: “Mi accorgo che la fine di innumerevoli guerre è dovuta non solo all’uso della ragione ma anche e soprattutto al buon uso della parola”. Aver letto qualche libro ogni tanto aiuta.

14 novembre 2021

La catastrofe ambientale è prima di tutto morale

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E’ uno spazio piccolo e accogliente la Casa delle Storie, dove i ragazzi del Teatro dell’Orsa hanno messo in scena lo spettacolo ‘Saluti dalla Terra’. Lo porteranno nelle scuole, anche se sono prima di tutto gli adulti quello che dovrebbero vederlo: racconta, con una narrazione potente e molto efficace, la catastrofe ambientale cui stiamo correndo incontro, e l’inerzia, l’indifferenza, l’autoassoluzione con cui stiamo affrontando il tema. Lo abbiamo visto, venerdì sera, mia figlia Giorgia ed io. “L’ambientalismo senza lotta al capitalismo è solo giardinaggio”, dice ad un tratto Monica Morini (una delle interpreti), ed è una citazione adattata di Chico Mendes. Lì, però, ci sta il senso di quello che dovremmo fare: tornare a comportarci come consumatori consapevoli, non come accumulatori seriali. Che si sa, in un  mondo in cui quello economico ha assunto una posizione predominante su ogni altra forma di potere, è attraverso il denaro che a volte si può incidere anche di più che con il voto (che resta un diritto che va esercitato pienamente). Lo dimostra la scarsità dei risultati che gli eletti del mondo hanno raggiunto a Glasgow. Prima gli stop imposti da Cina e sauditi sulle bozze di accordi per la riduzione degli agenti inquinanti, sui fondi per finanziare la transizione e sostenere le economie più giovani; poi il contropiede dell’India che ha ulteriormente indebolito il documento finale. Alla fine – ad una prima percezione – sembra molto cinema e poca concretezza. Un dibattito che è esistenziale – nel senso che davvero dalle scelte che dobbiamo fare e non stiamo facendo passa l’esistenza stessa della specie umana – che, però, viene triturato dalla contingenza dell’attualità come ogni altro in questa società vittima del ‘presentismo’. E infatti il fronte per telegiornali, quotidiani, siti d’informazione, social media, è già tornata ad essere la pandemia e, soprattutto, il green pass. Da Singapore rimbalza la notizia che dall’8 dicembre le persone che si ammaleranno di covid senza essere vaccinate dovranno pagarsi le cure. Notizia che piace alla pancia dell’opinione pubblica (si dice così no?), che a me invece terrorizza. Sento dire: “Perché curarli con i soldi delle nostre tasse se si sono ammalati perché hanno rinunciato al vaccino gratis?”. Perché uno Stato di diritto funziona così: la salute è un bene supremo che va tutelato, anche quando viene messa in pregiudizio a causa di comportamenti sbagliati. Altrimenti perché curiamo chi si ferisce gravemente in un incidente stradale a causa della propria negligenza, perché non ha rispettato i limiti di velocità o si è messo al volante da ubriaco? La differenza tra lo Stato – che tutela tutti – e chi invece pensa solo a sé stesso sta tutta qui. Ma è solo esercitando costantemente la ricerca dell’interesse generale che la società progredisce. E’ un principio che andrebbe tenuto a mente anche approcciando il dibattito su quota 100 e reddito di cittadinanza. Due strumenti messi in contrapposizione dai media nazionali con voluta malizia e sui quali gli italiani sembrano esprimersi in maniera molto chiara: stando ad un sondaggio pubblicato dal Corriere della Sera viene promossa la pensione e bocciato il reddito di cittadinanza. Sembrerebbe di essere ancora una volta davanti a questo ragionamento: quota 100 va bene perché mi fa smettere di lavorare e quindi va rifinanziata (difendo un interesse personale); un mensile di sopravvivenza a chi è disoccupato va abolito perché c’è chi se ne approfitta (non mi importa l’interesse generale dell’aiuto a chi è in uno stato di indigenza). Che il reddito abbia funzionato male, che non sia stata sviluppata la parte di immissione nel mondo del lavoro di chi lo riceveva, che ci sia stata più di una truffa da parte di percettori che non ne avevano diritto, è tutto vero. Che sia uno strumento che serve, nella misura del sostegno temporaneo per aiutare qualcuno ad emanciparsi da una situazione di estrema povertà, è altrettanto vero. E dunque bene fa il governo a rifinanziarlo facendolo oggetto di una importante manutenzione, che magari preveda un coinvolgimento più intenso dei Comuni. Sono convinto, del resto, che siano molti di più i soldi che lo Stato perde per colpa di chi evade la tasse piuttosto di quelli rubati dai percettori di reddito che non ne avevano diritto.   

7 novembre 2021

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Perché ci serve la ricerca di base

 

Questi sono ‘I giorni della ricerca’ di Fondazione AIRC, una mobilitazione collettiva per sensibilizzare e sostenere la ricerca contro il cancro. Una campagna – iniziata il 31 ottobre con il titolo di ‘E’ questo il momento’ – cui aderire con un sms (o da telefono fisso) al numero 45521 oppure andando sul sito airc.it. Dove si legge che in Italia lo scorso anno, nonostante la parziale sospensione degli screening oncologici a causa del covid, sono stati diagnosticati 377mila nuovi casi di tumore. Airc con le sue attività sostiene oltre 5mila ricercatori per un investimento che nel solo 2021 è pari a 125mln di euro. Si chiama ‘ricerca di base’ quella che produce conoscenza per la conoscenza. E’, cioè, quella che studia i meccanismi che regolano un determinato fenomeno. E sulla scorta di quelle scoperte si può passare alla ricerca che ‘produce’ lo strumento (farmaco) per fermare o determinare quel fenomeno. Insomma, se prima non capisco come funziona un tumore, se non capisco quali componenti del nostro organismo possono contrastarlo, non potrò mai arrivare a ‘costruire’ la cura. E’ nella ricerca di base che il Pubblico – inteso come Istituzioni – deve essere il soggetto forte. In una logica di integrazione con il settore privato. Oggi, purtroppo, si sta rischiando di lasciare tanto la ricerca di base quanto quella per la produzione di farmaci in mano all’industria privata. Con il rischio, molto concreto, di diventare in tutto e per tutto dipendenti dalle scelte delle case farmaceutiche. Che in quanto esclusive padrone del sapere potranno determinare anche i costi delle cure. I vaccini contro il covid vengono venduti alle Istituzioni pubbliche con prezzi che oscillano tra i 15 e i 20 dollari, ma potrebbero arrivare a superare i 100 dollari. Le cure contro il cancro hanno già visto lievitare i loro costi a carico dei sistemi sanitari pubblici come quello italiano. E tutto questo rischia di far diventare insostenibile il costo di una sanità universale che garantisca accesso alle migliori cure a chiunque. Rivedere l’istituto dei brevetti almeno in ambito sanitario è necessario. Sostenere la ricerca di base, pubblica, libera, lo è altrettanto. Anche per evitare di ripetere l’errore della pubblicizzazione dei rischi e di privatizzazione degli utili compiuto con i vaccini sul covid, internet e innovazione contro il cambiamento climatico. Ne parla Massimo Florio nel libro – in uscita per Laterza – ‘La privatizzazione della conoscenza’. Grandi investimenti pubblici essenziali per determinare alcune scoperte rivoluzionarie che vengono brevettate da aziende private che ne incassano i profitti. Le Istituzioni sovranazionali hanno la forza per giocare la partita. Si pensi soltanto alle obbligazioni verdi emesse in Europa: a ottobre sono stati piazzati sul mercato bond per 12miliardi di euro, ma la domanda da parte dei risparmiatori è stata di 120miliardi. Cioè i cittadini hanno detto alla UE che sono pronti a darle i loro risparmi (sotto forma di investimento) purché vengano utilizzati per finanziare azioni ambientali. Soldi che l’Unione eroga, attraverso bandi, per sostenere aziende impegnate nella transizione ecologica. Un sms, una donazione, piccoli gesti che possono fare grandi cose. Può sembrare una cosa da niente la scelta di una tovaglia da mettere sulla tavola la domenica. Ma è, invece, carica di significati se la tovaglia è quella che la maestra Francesca Ciampi ha srotolato davanti ai corticellesi al termine di uno spettacolo teatrale dedicato a Zelinda Resca giovane partigiana che visse carcerata per tre anni. “Questa tovaglia l’ha fatta Zelinda durante la prigionia, e penso che ricamare l’abbia molto aiutata. L’ha lasciata alla nipote Luisa che è morta l’anno scorso e che l’ha lasciata a me. E’ qui per i corticellesi, ogni volta che la vorrete, per ogni festa o occasione particolare. Basta che me la restituite lavata e stirata”.   

31 ottobre 2021

La fatica di stare insieme

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Che fine ha fatto la democrazia? Quello spazio di discussione nel quale si potevano misurare opinioni diverse per poi arrivare ad una decisione. Uno spazio necessario, per evitare di ridurre la politica a slogan e fiction. Le manifestazioni sguaiate di una parte del Senato alla bocciatura del ddl Zan sono figlie di questo imbarbarimento. Sono la conseguenza dell’azzeramento della politica, dell’evanescenza della democrazia. Sostituita da esecutivi ipertrofici, che occupano tutti i ruoli: di gestione, di rappresentanza, di scrittura delle norme. Ma se svuoti di significato il Parlamento, allora quello diventa il luogo dello scontro tra ultras, in cui si esula dal merito delle questioni e si passa il tempo a mettere una bandiera. C’è un numero che fotografa con chirurgica precisione questa deriva: 0,83%, la percentuale di successo delle proposte di legge di iniziativa parlamentare in questa legislatura. In sette mesi l’esecutivo Draghi ha fatto approvare 38 leggi di iniziativa governativa, nello stesso periodo ne sono state approvate solamente 6 di iniziativa del Parlamento. Una situazione figlia di tanti mali, di riforme mancate per rendere più efficiente il lavoro parlamentare, della crisi dei partiti e della perenne precarietà sulla durata delle legislature, della devastante propaganda sulla necessità di una politica capace di decidere in tempi rapidi, come se amministrare la cosa pubblica fosse uguale a correre i 100 metri, e certo anche del momento di emergenza legato alla pandemia. Che, però, non può essere il tappeto sotto cui nascondiamo la polvere. Durante le settimane del rapimento Moro – anche quella una emergenza per il Paese aggredito dal terrorismo interno – il Parlamento approvò la legge sull’aborto. Come dire, la democrazia funziona se decidiamo di farla funzionare. Sono stato in piazza, in una delle innumerevoli piazze di questo sabato di fine ottobre, in mezzo alle persone che manifestavano la rabbia, la delusione, la paura conseguenti la mancata approvazione della legge contro l’omotransfobia: piazze che raccontano dove sia già il Paese, che giustamente non vogliono arretrare. “Una cosa è certa: non torneremo a nasconderci”, ha detto uno dei tanti che ha preso il microfono nella mia Reggio Emilia. E’ la frase più giusta da dire, forse quella che meglio rappresenta il senso di questa battaglia stroncata per la misera qualità di alcune delle persone che siedono in Senato, stroncata dalla pessima qualità della democrazia in Italia. Riprendere in mano il filo interrotto è necessario, non solo per chi vedeva nel ddl Zan l’inizio della fine di tanti incubi, ma per tutti noi che crediamo ancora nelle Istituzioni, nell’assetto costituzionale della nostra Repubblica, e proviamo a onorarle quotidianamente. Come orgogliosamente erano in corteo le fasce tricolori reggiane – ed io con alcuni colleghi della Regione – a Cadelbosco. Una fiaccolata contro ogni violenza, nata dall’iniziativa del sindaco Luigi Bellaria dopo il terribile omicidio che si è consumato in una officina del paese. Un assassinio eseguito con modalità preoccupanti su cui le forze inquirenti – che già hanno arrestato l’autore - stanno lavorando senza sosta per accertarne le cause. I primi cittadini in corteo, e con loro le bandiere dell’Anpi e di diverse associazioni, i cittadini: un messaggio chiaro a chiunque pensi che qui ci sia qualcuno pronto ad abbassare la testa e a non difendere i principi della convivenza pacifica, che siano sopiti il senso della legalità abbinata all’etica. Dove si è addormentata – l’etica – è forse all’Inter: alla scadenza del blocco dei licenziamenti che il governo aveva varato causa Covid, hanno pensato bene di lasciare a casa i tre storici magazzinieri del club. Persone con più di 50 anni che da decenni lavoravano al servizio della società preparando il materiale per le partite, sistemando gli spogliatoi, con stipendi tra i 1500 e i 2000 euro. L’Inter ha deciso di esternalizzare il servizio e li ha licenziati. Forse per risparmiare qualche centinaio di euro. Nel frattempo ha rinnovato il contratto a Lautaro per 6milioni a stagione. E mentre qualche imbecille sfila a Novara travestito da prigioniero di Auschwitz contro l’obbligo di green pass, qualcosa cui aggrapparsi per dire che nel mondo c’è ancora bellezza arriva dall’Egitto. Le piramidi dell’altopiano di Giza si trovano a condividere lo spazio con installazioni moderne realizzate 10 artisti contemporanei, e tra queste le mani enormi dello scultore italiano Lorenzo Quinn. Si chiama Together la sua opera. Insieme, ma guarda un po’. 

24 ottobre 2021

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Parole all’asta, per il bene comune

“Chissà, chissà domani/Su che cosa metteremo le mani/Se si potrà contare ancora le onde del mare/E alzare la testa”: sono i versi iniziali di ‘Futura’, splendida canzone di Lucio Dalla. Martedì a Palazzo Re Enzo saranno battute all’asta le luminarie dedicate al brano che lo scorso dicembre erano in via D’Azeglio: cena (preparata dagli chef dell’associazione Tour-tlein) e asta finanzieranno i lavori di rifacimento del reparto di oncologia dell’ospedale Sant’Orsola. E’ un’iniziativa bellissima – promossa da Consorzio Esercenti via D’Azeglio, Comune e Fondazione Lucio Dalla – che racconta di come da queste parti i cittadini conoscano il valore della Sanità, da cui pretendono ma della quale vogliono ‘prendersi cura’. Dice di sentirsi in crisi e che le sembra di tradire i propri pazienti la dottoressa di famiglia sospesa dall’Ausl a Sasso Marconi perché non vaccinata. Il 25 maggio l’Azienda sanitaria le ha detto per l’ennesima volta di sottoporsi al vaccino altrimenti sarebbe andata incontro alla sospensione. Ora lascerà 1700 pazienti, per i quali l’Ausl dovrà trovare un sostituto. In un momento in cui una delle emergenze più grandi è proprio la carenza di profili sanitari. Ancora una volta la questione è il senso di responsabilità, di appartenenza ad una comunità. Chi si è schierato ha spesso trovato nelle canzoni un elemento identitario, nel cantare insieme un modo per sentirsi ‘compagno’. Va in onda su History Channel (25 ottobre ore 21.15)  il documentario ‘Bella Ciao’ che racconta la storia di un brano che è diventato globale. Patrocinato dall’Anpi il documentario prova a rintracciarne le origini, sia nel tempo che nello spazio. Mentre su Rai3 venerdì alle 21.20 ci sarà ‘Dia 1991 – Parlare poco apparire meno’: film scritto da Diana Ligorio per la regia di Leonardo Dalessandri. Un’opera forte, anche questa dedicata a chi ha scelto da che parte stare fino a sacrificare qualsiasi cosa di sé pur di compiere la missione di incarnare lo Stato e combattere la criminalità organizzata. E’ su una intuizione di Giovanni Falcone che nasce la Direzione investigativa antimafia, reparto interforze alle dipendenze del Dipartimento della pubblica sicurezza cui si devono le più importanti operazioni di questi 30 anni contro i clan e la cattura di latitanti come Leoluca Bagarella e Francesco Schiavone. Ci sono debiti di riconoscenza che non salderemo mai. Però qualcosa possiamo farla. Ad esempio andare sul sito dell’Archivio di Stato di Bologna e fare una donazione (peraltro detraibile) per consentire il restauro e la digitalizzazione delle 300mila pagine che raccontano della storia di resistenza nel Ventennio fascista, delle lotte agrarie, delle rivendicazioni studentesche. Persone che si ribellavano alle ingiustizie, e che per questo venivano seguite dalla Questura. Gente che reclamava il proprio diritto di opinione, la libertà di parola, che si ribellavano alla dittatura. Ed è una sorta di riparazione l’accordo firmato in Francia tra Facebook e l’Alleanza degli editori. Cosa prevede? Che il social remuneri delle licenze per i diritti connessi alla stampa quotidiana transalpina. Un modo per restituire parte dei profitti che Facebook realizza grazie al traffico di utenti che si genera divulgando le notizie pubblicate dai giornali. E’ una buona notizia perché la carta stampata (certa carta stampata) è sinonimo di informazione corretta, garanzia di pluralismo, inchieste importanti. Nell’epoca della infodemia, patologia grave che si aggiunge alla pandemia da Covid, riequilibrare il rapporto tra media tradizionali e social è fondamentale. Caro Lucio, il futuro possiamo ancora scriverlo migliore di quanto potrebbe essere.   

17 ottobre 2021

Tranquilli, il fiume scorre che voi ci siate o no

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Come in ogni categoria, ci sono quelli bravi e quelli pessimi. Vale anche tra i sindaci (prima di parlare di ‘partito dei sindaci’, una rapida lettura di quanto segue: please). A Voghera l’amministrazione locale andrebbe sciolta, commissariato il Comune e proclamate nuove elezioni. L’intervento dello Stato – visto che i componenti dell’esecutivo nemmeno ci pensano a farsi da parte – andava attuato già dopo il proiettile letale sparato dall’assessore leghista Massimo Adriatici; di certo era auspicabile dopo la pubblicazione della chat della giunta piena di messaggi razzisti e diventata pubblica nelle scorse settimane. Adesso è indifferibile (e forse visto che ci sono in ballo dei soldi, e non principi etici, arriverà): Asm, società di proprietà del Comune che gestisce acqua e gas, è coinvolta in una inchiesta della Finanza su concorsi truccati ed ha accumulato un buco di 11milioni di euro in conseguenza della mancata riscossione di bollette (e di ulteriori anomalie nella gestione). Sconti, o esenzioni totali dal pagamento delle utenze, che sarebbero stati fatti in maniera arbitraria ad amici e conoscenti. C’è una denuncia dell’ex direttore generale della stessa azienda che dice anche che l’attuale sindaca vogherese (Paola Garlaschelli) non poteva non sapere in quanto componente del collegio sindacale. Sempre dalla galleria dei sindaci pessimi. “Mi dispiace, ma lei morirà presto. Anzi sta già morendo perché il grafene che le hanno iniettato con il vaccino ha già iniziato a solidificare il suo sangue”: queste le parole di Loris Mazzorato, ex sindaco di Resana eletto prima con la Lega e poi con una civica, indirizzate al corrispondere del Corriere della Sera Marco Imarisio che seguiva la manifestazione No Green Pass al porto di Trieste.

E adesso a Loreto Aprutino (Pescara), dove da gennaio 2017 Federica Di Pietro aspetta che il Comune metta a disposizione i loculi per tumulare definitivamente i suoi genitori morti nella tragedia di Rigopiano, dove una valanga di neve e massi ha investito e spazzato via l’hotel in cui si trovavano. Erano passati pochi giorni dal funerale e Federica stava comperando gli spazi in cimitero quando venne chiamata dal sindaco che le disse che i loculi li avrebbe messi a disposizione l’ente locale, tumulando con i genitori anche una coppia di loro amici sempre residenti a Loreto e deceduti nella stessa tragedia. “Da allora in poi abbiamo aspettato una chiamata. Invece questa storia è diventata grottesca e la sola cosa certa, oggi, è che i loculi non ci sono”. La burocrazia ci ha messo di sicuro lo zampino, le regole del Comune pure. Ma qui sta la differenza tra i tanti, tantissimi sindaci e amministratori locali bravi e gli altri: nel prendersi un impegno e rispettarlo, nella consapevolezza che il ruolo impone anche di indicare un indirizzo morale alla propria comunità. Nei Comuni d’Italia ci sono migliaia di brave persone (e moltissimi ottimi dipendenti), il loro ruolo andrebbe certamente valorizzato, anche sul piano economico (i sindaci hanno indennità troppo basse e di certo non proporzionali alle responsabilità che si assumono). Per rendere loro giustizia bisogna anche evitare di utilizzarli per speculazione politica come già accaduto in passato. Mentre è crudele uno Stato che non interviene cacciando quelli che macchiano la fascia Tricolore con comportamenti sconsiderati (perché su quelli illeciti è persino superfluo dire che deve arrivare la magistratura).

A Guastalla è aperta una splendida mostra di Michael Kenna dedicata al Po (complimenti alla sindaca Camilla Verona, a proposito, e all’assessore Gloria Negri per l’allestimento). L’autore di questi scatti in bianco e nero ha detto una cosa sacrosanta durante la presentazione: “Che io ci sia o no il fiume scorrerà lo stesso”. Qui sta la grandezza dell’approccio avuto verso il Grande Fiume. Ma è una massima che indirizzo volentieri (oltre che a me stesso) ai No Green Pass, ai No Vax e compagnia tutta: il venerdì di blocco del Paese che avevano annunciato si è risolto in poca cosa. Molti sono corsi a fare il tampone (“E ci trattano come bestie quando diciamo che non è possibile farlo immediatamente”, racconta una farmacista romana), qualcuno si è messo in malattia, qualcuno è sceso in piazza ma senza paralizzare le attività e i servizi pubblici. La scorsa settimana con un post avevo stigmatizzato la guerriglia andata in scena a Roma come corollario delle manifestazioni contro il pass vaccinale e mi sono sentito rinfacciare da alcuni utenti, nell’ordine: che bollavo tutte le piazza in protesta come fasciste; che le violenze erano state solo a Roma e io generalizzavo; che non ero informato sui vaccini e che sono più pericoloso io come untore di un non vaccinato (perché, il supposto, il vaccino tenderebbe a dare una falsa sicurezza). Ho provato a spiegare che: proprio perché non ritenevo tutte fasciste le persone scese in piazza era auspicabile una forte presa di distanza da quei criminali che avevano devastato Roma speculando sulla protesta; che avevo parlato solo e soltanto della Capitale e quindi non mettevo nello stesso calderone le manifestazioni andate in scena altrove (ad esempio, a Milano); che ho sempre detto e scritto che il vaccino protegge chi lo riceve e che infatti è giusto rispettare le altre regole sul distanziamento. Alla fine mi hanno detto che “non capivo”. A me sembra che in alcuni ci sia una importante sopravalutazione delle proprie ragioni. Eppure basterebbe raggiungere la riva per accorgersi di “com’è grande il Po./Quelli che si incontrano là/abbassano senza accorgersene la voce,/e riconoscono,/con un po’ di malinconia/che siamo davvero uguali”.

10 ottobre 2021

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Il senso del tempo dei sovranisti

 

Quanto siano lontani dalla realtà, avviluppati in un mondo che esiste solo nelle loro teste, i sovranisti di oggi lo dimostrano – buone ultime – due notizie di questi giorni. Mentre la Corte costituzionale polacca (non libera da condizionamenti politici) rivendica la supremazia delle leggi nazionali sui trattati europei, 136 nazioni si accordano su una tassa minima globale per ridurre l’elusione fiscale delle multinazionali. Come dire: le singole nazioni oggi non hanno strumenti sufficienti anche solo per evitare di ‘farsi fregare’ dai giganti dell’economia, e se vogliono inseguire la giustizia fiscale (far pagare le tasse non solo ai proprio cittadini ma anche ai colossi del commercio) devono affidarsi ad accordi e istituti globali. Stesso discorso per quei Paesi che chiedono fondi all’Europa per costruire muri con cui fermare l’immigrazione. Proprio mentre in Lombardia – memore dell’aiuto (generoso, decisivo) avuto nei primi mesi del Covid – pensa di utilizzare il ‘distacco internazionale’ (un patto temporaneo) per permettere a medici ed infermieri cubani di lavorare nelle strutture sanitarie regionali in clamoroso deficit di personale. Il tempismo non è certo la dote migliore dei sovranisti (e tante altre non me ne vengono). A proposito dei Big di internet, andranno seguiti gli sviluppi delle inchieste su Facebook nate grazie a Frances Haugen: ex dirigente del social network, la 37enne ha copiato migliaia di documenti interni da cui emergerebbero fatti gravi come il funzionamento distorto di un algoritmo per diffondere discordia e così massimizzare i contatti e tenere più a lungo gli utenti collegati (così aumentando i profitti). E sembrerebbe che anche Instagram (altra proprietà di Zuckerberg) se usato eccessivamente produca danni psicologici alle ragazze più giovani. Anche questo dimostra come di maggior controllo ci sia bisogno, e come solo la cooperazione tra enti internazionali possa operarlo. Che facciano più notizia le sventure, le tragedie, i reati, è purtroppo vero. E ha ragione a lamentarsene Manlio Messina, 45enne assessore regionale siciliano (di Fratelli d’Italia) che ha denunciato ai carabinieri un tentativo di corruzione di cui sarebbe stato destinatario: pare gli abbiano offerto 50mila euro per l’organizzazione di un concerto che ne avrebbe dovuti fruttare 500mila. L’assessore ha passato tutto alle forze dell’ordine. “Chissà, se avessi ceduto magari tutti avrebbero parlato di me massacrandomi…”. E’ rimasta confinata alle pagine di cronaca locale, sull’inserto milanese del Corriere, anche la bella storia di Giorgio Ravzan: 40enne rumeno arrivato in Italia nel 2013 per cercare un lavoro, era finito a fare il clochard. Poi l’incontro con lo psicologo del dormitorio di via Sammartini a Milano che gli chiede: “Cosa vuoi fare della tua vita?”. “Salvarmi, per mio figlio”, risponde Giorgio. E da lì, grazie all’aiuto dei volontari dei City Angels e di quelli di Sant’Egidio, il riscatto. Oggi lavora con un contratto regolare pulendo la Stazione Centrale ed è riuscito a far arrivare suo figlio dalla Romania. Forse non è vero, ma è bello crederci: il 13 ottobre uscirà in Francia il film ‘Eiffel’ dedicato all’ingegnere Gustave ‘papà’ dell’omonima torre parigina, la cui forma (è la tesi del film) sarebbe stata una dedica d’amore per Adrienne, ragazza di cui si era innamorato ma il cui padre si oppose alle nozze.  

3 ottobre 2021

Stolti alla meta

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Io non so se la Storia continuerà a farcela nonostante le botte che prende. Se, cioè, si compirà comunque un destino ineluttabile per via di una inerzia più forte di tutto. Perché la stoltezza degli uomini certi giorni sembra così determinata da far venire il dubbio. E’ una botta la sentenza di condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere per Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace che per il Tribunale di Locri è colpevole di associazione a delinquere nella gestione dei migranti. “Condannato per il reato di umanità” hanno scritto sui muri di Riace. A difendere l’ex sindaco c’è Giuliano Pisapia (altro ex primo cittadino, di Milano): “Stavo per cancellarmi dall’albo degli avvocati quando mi è stato chiesto di difendere Mimmo. Ho detto sì: non potevo lasciare che l’esperienza di Riace, che ha dato una risposta di solidarietà in termini di integrazione e accoglienza, finisse così”. E ancora: “Lucano ha ammesso di aver fatto errori di carattere amministrativo, che però eventualmente riguardano il Tar o la Corte dei conti e non hanno rilevanza penale. Abbiamo dimostrato che non ha preso un euro. Perché un fatto sia reato ci vuole anche la consapevolezza di commettere un illecito. Ma le leggi sull’accoglienza sono complesse e mutevoli con diverse interpretazioni”. E poi, un passaggio che vale tutto: “Nel Codice penale è prevista la non punibilità per ‘chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo di danno grave’”. Lucano ha accolto dei migranti in una fase in cui il nostro Paese era in forte tensione per gli importanti flussi in arrivo. Quasi certamente ha forzato delle regole amministrative, ha aiutato qualcuna di queste persone con qualche scorciatoia per garantirgli la possibilità della permanenza in Italia sapendo che ogni altra strada sarebbe stata dannosa. E adesso subisce questa durissima sentenza. Probabilmente chi l’ha emessa non conosce la storia di Anna (come la sua, moltissime altre): arrivata illegalmente in Italia dalla Cina a soli 4 anni dopo un viaggio in container e cassoni di camion, rimasta sola con il papà perché la mamma era stata rispedita in Oriente, affidata ad una casa famiglia, è riuscita a studiare, è stata assunta alla Ferrari, nel suo primo viaggio di lavoro ha conosciuto Davide e ora hanno un bambino di 15 mesi (Zeno) e vivono felicemente a Milano.

C’è la voglia di costruire relazioni, intrecciare la vita delle persone che vivono lo stesso quartiere e magari nemmeno si sono mai salutate, dietro la nuova vita di tre edicole di Bologna. Al quartiere Barca, quando Pina (storica edicolante con alle spalle 44 anni di attività) ha annunciato che sarebbe andata in pensione un gruppo di cittadini si è costituito in cooperativa e ha rilevato il chiosco: ora diventerà rivendita di giornali, libri, giochi, spazio per laboratori post scuola e ‘centrale operativa’ per una serie di servizi di vicinato. “Non potevamo immaginare questa piazza priva di socialità”, raccontano i soci della cooperativa, che hanno trovato i 13mila euro necessari attraverso una raccolta fondi popolare. Due cugini hanno rilevato quella di via Massarenti e l’hanno ampliata con tavolini e sedie per leggere e consumare qualche bevanda. Ma fanno anche copisteria, punto raccolta pacchi in giacenza, presentazione di libri. A San Mamolo, infine, Daniela nel suo chiosco oltre ai giornali ha aperto una esposizione di quadri e la vendita di prodotti di cosmesi e vasi di miele. E’ che la gente (non tutta) ha capito che insieme è meglio. E che si possono anche combinare passioni e impegno civico.

A Torre Pellice (provincia di Torino) è andato in scena il primo campionato del mondo di ‘plogging’: una disciplina che fonde il jogging con la raccolta di rifiuti lungo il percorso. Correndo, o camminando ad andatura sostenuta, si insacchettano bottiglie di plastica, cartacce, lattine e le si portano fino al traguardo. A pensarci c’è più umanità in una corsa podistica qualsiasi di quanta se ne trovi spesso nelle aule parlamentari sparse per il globo: mentre fai la tua corsa, come per me oggi a Taneto di Gattatico, magari in compagnia di alcuni ragazzi in carrozzina che a turno spingiamo, tutti quelli che incontri o che ti superano hanno una parola di incitamento, di apprezzamento e sostegno.

Non so se la Storia nonostante tutto proseguirà la sua corsa, so che alle volte sa essere spietatamente ironica: nell’Inghilterra dell’abbandono all’Europa adesso mancano gli autotrasportatori e i distributori di benzina sono rimasti a secco. Il premier Johnson schiera l’esercito per garantire gli approvvigionamenti e intanto sta per concedere migliaia di visti ai camionisti europei affinché possano tornare a lavorare in Inghilterra. Fa già ridere così.  

26 settembre 2021 

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Tra le persone,

per le persone

Tutto può cambiare’ è il titolo di un film di qualche anno fa che ho visto solo di recente (la colonna sonora merita decisamente), ma è soprattutto una palese verità. Ve le ricordate le campagne elettorali di qualche tempo fa? Era tutta una rincorsa a proclami su videosorveglianza, più armi e strumenti coercitivi ai corpi di polizia, sollecitazioni urlate agli istinti primordiali (e, appunto, naturali) di difesa. Pur nel livello spesso mediocre e fatto di battute destinate a durare pochi istanti, almeno adesso si parla di lavoro, scuola, sanità. E’ un sabato pomeriggio di fine settembre, orario da aperitivo, e mi ritrovo a dare il mio contributo nel circolo Arci di Santa Vittoria che ospita un confronto su ‘Sanità: prospettive distrettuali e nazionali’ promosso dal Pd di Gualtieri: posti esauriti. Poco prima ero a Lentigione di Brescello per la riapertura della chiesa colpita due volte: dal sisma del 2012 e dall’alluvione del 2017. Don Alberto Nicelli, davanti a tutta la frazione, nel commento al Vangelo fa una riflessione splendida sulla necessità di andare incontro agli altri, di essere accoglienti, di cogliere la bellezza in ogni nuova occasione di comunità.

Son passati nove anni da quando – giovane sindaco di Luzzara – attraversai i mesi difficili del terremoto insieme ai miei concittadini. Non sono abbastanza perché non torni il nodo in gola. Dopo l’ultima della serie di scosse di quella estate emiliana mi arriva una telefonata: “Dobbiamo evacuare la casa di riposo di Brescello, avete posto?”. Erano quasi le 21, e abbiamo risposto: “Certo! Venite”. Poi è stata una corsa ad aprire brandine, a spostare mobili, a inventare un reparto in quello che era un grande salone vetrato al pianterreno della nostra struttura. Un po’ alla volta, su un pulmino da nove posti, sono arrivati gli anziani: spaventati, confusi, smarriti. Gli ultimi due li ricordo come fosse ora: uno corpulento e molto alto, l’altro minuto e bassino, storditi da quanto stava accadendo anche perché non in grado di comprenderlo fino in fondo, sono scesi dal minibus tenendosi per mano e non si sono mai lasciati, abbiamo dovuto attaccare le brande per consentirgli di prendere sonno stringendosi uno con l’altro. Abbiamo terminato di accoglierli che era l’una passata, sono andato in auto e, finalmente solo, ho pianto: è stata la prima e unica volta. Tutto ciò che facciamo ha senso solo se è per gli altri.

A San Marino l’Unione donne sammarinesi si è battuta affinché oggi vinca il ‘Sì’ al referendum per rendere legale l’interruzione di gravidanza. Siamo a 20 chilometri da Rimini e l’aborto è punito con il carcere da sei mesi a tre anni anche in caso di stupro, gravi malformazioni del feto e pericolo di vita per la donna. Altro referendum, in Germania questa volta: i cittadini di Berlino, che denunciano un ‘caro affitti’, votano sulla proposta di esproprio e la nazionalizzazione di 200mila case di proprietà di grandi società (con più di 3mila appartamenti) per metterle a disposizione della comunità.

Partecipano, si mobilitano, si ritrovano, anche promoter e grandi artisti della musica italiana: a San Siro hanno messo in scena gli stati generali dello spettacolo dal vivo, facendo proposte serie e concrete di protocolli che rendano nuovamente possibile organizzare degli eventi live. Ho parlato con alcuni di loro e ascoltato: hanno ragione da vendere, e non c’è niente di irrealizzabile tra le proposte che fanno. Del resto, molti dei dispositivi che hanno messo a punto per garantire la sicurezza sanitaria anche ai concerti si stanno già sperimentando con successo in Olanda. Santa Vittoria, Milano, Lentigione, San Marino, Berlino: ovunque è partecipazione, vuoi vedere che si può ancora far Politica seriamente?   

19 settembre 2021 

Le parole degli altri

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A volte c’è poco da aggiungere. Spesso colpiscono al cuore. Altre allo stomaco. Nelle parole degli altri c’è la verità anche quando le usano per dire una bugia. Servono a raccontare: chi siamo, i luoghi, le storie. Le parole degli altri.

Finché non si comincerà a sparare, sarà sempre peggio”, Giancarlo Gabba collega di giunta di quel Massimo Adriatici che il 21 luglio fuori da un bar di Voghera ha ucciso a colpi di pistola El Boussettauoi (messaggio del 26 giugno nella chat di whatsapp dell’esecutivo comunale in cui c’è anche la sindaca Paola Garlaschelli).

Inclusione sociale, inserimento lavorativo di persone fragili, riqualificazione della stazione. Abbiamo creduto fin da subito a questo progetto”, i sindaci di Merate e di Cernusco (Massimo Panzeri e Giovanna De Capitani) a proposito del progetto ‘Binario vivo’ che ha portato al rilancio della stazione ferroviaria di Cernusco Lombardone in cui lavoreranno due disabili e cinque tirocinanti delle categorie più deboli. Ci saranno caffetteria, tavola calda, infopoint e punto vendita di prodotti locali.

Con il mio Bruno abbiamo sempre fatto sport insieme. Quando è mancato, il 2 ottobre del 2013, ho voluto mantenere la promessa che ci eravamo fatti: di continuare a gareggiare per onorare la memoria dell’altro”, Nives Fozzer, 91 anni, neo vincitrice di cinque titoli ai Campionati italiani master di atletica leggera: lancio del martello (14,95 metri), del disco (9,55), del giavellotto (8,24), del martellone (6,23) e del peso (5,30).

Li dedichiamo ai nipoti. E a tutti quelli che li vogliono sentire”, sono gli anziani del borgo di Greco, uno dei più antichi di Milano, che hanno registrato 34 podcast con le storie del quartiere. “La signora Felisa era la lavandera di culur alla cort di pures. Per lei il borgo era tutto il mondo: quando si recava in piazza diceva di andare in città perché attraversare l’arco del borgo era come attraversare il confine di stato tra il paradiso rurale degli orti e la città delle fabbriche”: il tenore delle registrazioni è questo, tanto per intenderci.

Questi uomini erano completamente fuori di testa oppure c’è stato anche un comportamento esasperante e aggressivo dall’altra parte?”, Barbara Palombelli durante una puntata di ‘Forum’ in cui si parlava di femminicidi. La miglior risposta a questo idiota ‘se la vanno a cercare’ è di un poeta e amico, Andrea Marchesini: “Se la vanno a cercare la vita./Con forza, voglia e femminilità./Spesso trovano cuori sordi e mani stupide/ma la ricerca non si fermerà./Se la vanno a cercare la vita./Ne hanno pieno diritto./Quando la trovano/se ne prendono cura/anche per noi che non riusciamo/a vedere oltre il senso del sesso./Se la vanno a cercare la vita./Spero il loro viaggio/non abbia mai fine”.

12 settembre 2021 

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Come se fosse la ‘notte prima degli esami’

Anche se c’è chi non è d’accordo (lo so per certo) ‘Notte prima degli esami’ di Venditti è la canzone con la miglior intro di pianoforte della musica italiana. Ho pensato a questo brano respirando l’aria di queste ore che precedono l’inizio dell’anno scolastico in buona parte del Paese. Venditti cantava delle emozioni alla vigilia della maturità mentre qui siamo all’avvio delle lezioni, ma è come se stesse iniziando un esame. E lo supereremo se la scuola non chiuderà più. Ero a Bologna sabato con il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi: “Il green pass è la strada. Se c’è un caso in una sezione isoleremo solo quella, non vedremo più intere Regioni con gli istituti chiusi: la scuola sarà l’ultima a fermarsi nel Paese”. E’ per questo obiettivo che ci si sta preparando, consapevoli che non tutte le variabili possono essere controllate. L’aria che si respira, però, è di grande consapevolezza rispetto a ciò che deve essere fatto. E lo si sta facendo (al netto, certo, di problemi puntuali che si stanno verificando ad esempio con le graduatorie e le assegnazioni delle ore, con il completamento degli organici). In Emilia-Romagna si mettono su strada 404 mezzi in più per garantire il trasporto pubblico con capienza all’80%; attraverso una app (Roger) gli utenti sapranno se il bus in arrivo ha ancora posto o se dovranno aspettare quello successivo; ci sono 23 pullman pronti ad integrare i treni regionali se questi ultimi dovessero essere già pieni; domani pomeriggio riunione in tutte le Prefetture per verificare disservizi ed esigenze di modifica dei trasporti programmati. Intanto le Asl stanno andando davanti agli istituti scolastici per vaccinare chi ancora non l’ha fatto. Basterà tutto questo? Non lo so. Però so che affermare che ‘la scuola dovrà essere l’ultima, in caso di emergenza, a dover chiudere’ significa un cambio di paradigma rispetto alla gestione della pandemia per me molto importante. Reso possibile dal vaccino. Non si sono mai fermati, mettendo in campo coraggio e generosità, i volontari della Croce Arancione di Montecchio presieduti da Cristina Fantesini. Una pubblica assistenza che ha festeggiato 40 anni di attività inaugurando quattro nuovi veicoli. E’ una lunga storia d’amore quella della Croce Arancione, nata dall’idea di 19 volontari che oggi sono più di 200. E continuano a prodigarsi per gli altri, anteponendo l’interesse generale a quello individuale. Questa straordinaria ricchezza di associazioni (Croce Rossa, Azzurra, Verde, Auser, Pro loco, protezione civile, Anfass e l’elenco potrebbe durare quasi all’infinito) è la vera cifra distintiva del nostro territorio. E’ quello che rende speciale l’Emilia-Romagna: dove l’idea che si possa stare bene soltanto se tutti stanno un po’ meglio è patrimonio comune che si è tradotto in buone pratiche amministrative, politica, cultura, in una parola ‘comunità’. E’ lo stesso motivo per cui con il terremoto del 2012 (ero sindaco di Luzzara all’epoca) non ci fu un solo tentennamento nel dire che insieme alle case e alle fabbriche avremmo ricostruito scuole, luoghi di culto, centri storici: avremmo cioè ricreato gli spazi in cui le persone si incontrano e stanno in relazione, riconoscono le tracce della loro memoria e costruiscono il futuro. Una ricostruzione che continua: a Novellara ho partecipato alla riapertura della chiesa Santa Maria dei Servi. Non c’è stata questione burocratica o amministrativa che ha impedito di andare avanti (certo, a volte i percorsi per arrivare ai cantieri sono lunghi e faticosi) perché l’obiettivo era chiaro e la volontà ferma. Diversa la storia a San Giuseppe Jato dove è stata coperta con un lenzuolo la statua che, in municipio, ricorda il piccolo Giuseppe Di Matteo: figlio del pentito Santino che nel 1993, a soli 12 anni, fu ucciso e sciolto nell’acido. Manca una delibera che autorizzi l’esposizione del bronzo. A me pare che manchi qualcosa d’altro.

5 settembre 2021 

Donne e no

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Si intitola ‘Uomini e no’ un intenso libro di Elio Vittorini che racconta della battaglia di Resistenza in Italia: di chi ha avuto il coraggio di mettersi dalla parte giusta della Storia, e di chi per opportunità si è reso strumento per le peggiori atrocità. Prendo il titolo e lo viro in versione femminile: ‘Donne e no’. “Lo so che lei non ha mai dovuto fare quelle scelte. Lei non è mai stato incinta. Ma per le donne, che devono affrontare queste scelte, è una prova difficile”, così la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha risposto alla domanda provocatoriamente idiota del giornalista della tv cattolica Owen Jensen “perché il presidente sostiene l’aborto?”. Ovviamente una forzatura per alimentare la guerra ideologica che è riesplosa negli USA dopo che il Texas ha deciso di proibire praticamente quasi tutte le interruzioni di gravidanza, aprendo alla possibilità che ogni cittadino possa denunciare non solo la donna che abortisce ma anche chi la aiuta a farlo. Una legge retrograda, abietta, violenta, liberticida, contro cui si è schierato Joe Biden. La sua portavoce sta dalla parte giusta della Storia. Come Ambra Sabatini, Martina Caironi, Monica Graziana Contrafatto: il podio tutto Azzurro nei 100 metri categoria T63 alle Paralimpiadi di Tokyo. La frase più bella l’ha detta la medaglia d’oro: “Vincere è stato bellissimo, ma l’emozione più bella è il podio a tre”. Sorellanza. E un bell’esempio al resto dell’umanità (come Tamberi qualche settimana fa quando condivise l’oro nel salto in alto). Ancora donne che sì. La nazionale femminile di pallavolo vince l’Europeo battendo in finale la Serbia e archivia le critiche piovute dopo il mancato risultato alle Olimpiadi. Critiche maschiliste perché a queste atlete si era mossa l’accusa che fossero più attente a selfie e immagine. Se la Nazionale di calcio, invece, non fa risultato con la Bulgaria è colpa del fatto che siamo a inizio stagione e le gambe ancora non girano. Donne che no. Sicuramente l’infermiera veneta che faceva finte vaccinazioni agli amici per consentire loro di ottenere il green pass senza ricevere il siero. La donna è stata sospesa ed ora indaga la procura. Emula dell’assistente sanitaria di Spresiano che non avrebbe somministrato la profilassi vaccinale a circa 8mila pazienti. E’ a processo a Udine. Credo che si sottovaluti come il singolo gesto di una persona possa cambiare il corso degli eventi. Errore che non commette Harry Shindler, centenario veterano dell’esercito inglese che vive nelle Marche. Sta vincendo la sua ultima battaglia: ottenere il voto per le elezioni nazionali in favore dei sudditi di sua Maestà che risiedono all’estero. Perché nel Regno Unito chi vive oltrefrontiera da più di 15 anni non può partecipare al voto. E si stima che gli inglesi espatriati siano 4,3milioni. “Se avessimo potuto votare al referendum la Brexit non sarebbe passata”, dice il centenario che ha ricevuto nei giorni scorsi le lettere del premier Boris Johson e della ministra per la Costituzione Chloe Smith che lo rassicurano di aver inserito il diritto al voto degli expats nella riforma elettorale consegnata al Parlamento.

Non è mai troppo tardi per stare dalla parte giusta della Storia.    

29 agosto 2021

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Troppa farsa, mentre servirebbe essere migliori

In gara anche per l’addio più farsesco. Alle lacrime asciugate subito con milioni di euro parigini di Messi, l’eterno antagonista Cristiano Ronaldo risponde con un GRAZZIE social alla Juventus. Fossi nei tifosi bianconeri (sono ostinatamente milanista) non sarei troppo triste per la partenza del portoghese da Torino: uno che ti saluta con così poca cura dimostra di non aver mai provato sentimenti veri. Liquidata questa scemenza (ma da considerare vista l’audience che ha generato), si passa a cose più serie. Come il Meeting che l’Anpi di Reggio Emilia ha organizzato ai Chiostri della Ghiara e dove, ieri sera, sono andato a sentire il mio ex professore universitario Gianfranco Pasquino. Presentava il suo libro ‘Libertà inutile’ che prende le mosse da una domanda precisa: “Quando scelse la repubblica, il popolo italiano, appena uscito dalle rovine di una dittatura e di una guerra mondiale, affidò all’Assemblea costituente l’impegnativo compito, condiviso da tutti, di costruire un paese migliore. Ma la repubblica che ne è uscita è stata all’altezza di quelle speranze?”. Lontana l’idea di rispondere qui, considerato impossibile argomentare nel breve spazio di questa rubrica, mi limito a mettere sul tavolo qualche elemento di riflessione. Per il consiglio comunale di Nichelino la Lega candida Denise Lucia Barcellona che nel 2016 si posta mentre fa il gesto dell’ombrello alla statua di Anna Frank ad Amsterdam e saluta così: “Direttamente da casa tua. Bugiarda”. Ieri ennesima manifestazione No Vax in varie città con disordini a Milano dove manifestanti hanno assaltato un gazebo dei 5 Stelle gridando al tradimento, e in generale da Nord a Sud attaccando le Istituzioni colpevoli di ‘dittatura sanitaria’. Il filosofo francese Luc Ferry prova a spiegarmi che i No Vax non sono cattivi, ma malati: “A volte esiste una struttura paranoica impossibile da controllare razionalmente. Lo psicotico è colui che sostiene che due più due fa cinque. Se proviamo a contraddirlo ci identificherà come nemici, e se insistiamo penserà che siamo coinvolti nella congiura ordita a suo danno”. Ne avete abbastanza? Io sì. Ma anziché prendere la scorciatoia di chi sostiene il ricorso a manganello e leggi repressive, rilancio sul valore della libertà: un bene talmente prezioso che servono cittadini migliori per custodirlo. Ecco cosa serve a questo Paese (come a molti altri): una svolta morale e culturale, la ricostruzione di un senso di appartenenza ad un destino comune, una rinnovata dotazione di strumenti di discernimento, e meno rumore. A partire dalla Politica, che è una cosa seria. Intanto, viva l’antifascismo.

22 agosto 2021

La fiera delle ipocrisie

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Ci si torna su. A cosa? A parlare di vaccini. Non per infilarsi nel dibattito – tutto tempo spregevolmente perso – di casa nostra su limitazioni, esenzioni, rifiuti, pass. Ma per un aggiornamento doveroso: nei Paesi sviluppati 56 persone su 100 hanno ricevuto almeno una iniezione anti-Covid; nei Paesi in via di sviluppo soltanto 2 ogni 100. E già iniziamo a parlare, alle nostre latitudini, di terza dose. “Non possiamo accettare che i Paesi che hanno usato la maggior parte delle scorte mondiali ne consumino ancora di più, mentre le persone più vulnerabili al mondo restano senza protezione", dice il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Il programma Covax che raccoglie fiale e le distribuisce ai Paesi che non potrebbero permettersele si era dato un obiettivo ormai oggettivamente irrealizzabile: 2miliardi di dosi entro fine anno. Siamo a 206milioni. La proposta di abolire i brevetti (ve la ricordate? Io sì, e ne ribadisco il sostegno anche ora) si è impantanata nelle riunioni di giugno del Wto. Perché manca una governance istituzionale in grado di coordinare i diversi soggetti coinvolti nella gestione di una delle tante questioni di interdipendenza globale (vale anche per il clima). E così ognuno va per i fatti suoi. E bada agli affari suoi. Se al disinteresse mondiale, poi, sommi la stronzaggine locale la tragedia è certa: in Uganda, dove a causa della pandemia le scuole sono rimaste chiuse 300 giorni, si sono inventati una sovrattassa per navigare in internet e i 529 parlamentari avranno un contributo di 200milioni di scellini (sono 48mila euro mal contati) per l’acquisto di auto blu personali. “Non abbiamo mascherine negli ospedali, non abbiamo soldi per i vaccini, i deputati guadagnano l’equivalente di 7100 euro al mese, cento volte più degli insegnanti. Che priorità ha il nostro governo?” si chiede retoricamente l’avvocato Sarah Bireete del Centre for Constitutional Governance.

Riportare proporzionalità tra i redditi e redistribuire. Se lo è messo in testa il presidente cinese Xi Jinping, che ha sottolineato la necessità di “regolamentare i redditi eccessivamente alti e incoraggiare i gruppi e le imprese ad alto reddito a restituire di più alla società”. Senza pronunciarmi sul come lo faranno in Cina, il principio non può che essere condiviso. Del resto un certo Olivetti ne parlava (e lo praticava) qualche decennio fa. E’ l’idea che per stare bene individualmente è utile (oltre che eticamente giusto) che stiano meglio tutti. Stipendi e lacrime. Quelle di Messi al momento dell’addio al Barcellona mi sono apparse sinceramente insopportabili (giudizio personale, pur comprendendo l’emozione di un ragazzo che lascia la città in cui è cresciuto): a quel livello, dopo quello che si è guadagnato in una carriera lunga e straordinaria, credo che si possa far prevalere il cuore ad ogni altra cosa. Messi non l’ha fatto. I vincoli imposti ai club calcistici spagnoli hanno reso insostenibile lo stipendio del 10 argentino anche se fosse stato dimezzato, e così Messi è andato a giocare (con stipendio da decine di milioni di euro) a Parigi. Chi giocherà gratis, invece, è Borja Valero. Ex Real Madrid, Villareal e Fiorentina, a 36 anni vestirà la maglia del Centro Storico Lebowski in Promozione (cioè tra i dilettanti). Una squadra nata nel 2010 a Tavarnuzze (vicino Firenze) grazie all’azionariato popolare, partita dalla Terza Categoria e impegnata socialmente: il club raccoglie fondi per iniziative di solidarietà (verso gli alluvionati di Colonia, per gli operai della Gkn licenziati con una mail dal fondo finanziario proprietario dell’azienda) e fa giocare gratuitamente bambine e bambini. A loro – ai più piccoli – hanno pensato i familiari di Giovannico Marongiu, 87enne storico barista di Osilo (Sardegna) scomparso nei giorni scorsi. “Ci siamo confrontate con il sindaco – racconta una delle figlie, Lidia, Ceo della società ‘Happy Minds’ che ha sede a Ravenna – chiedendo quale potesse essere la destinazione di eventuali offerte in memoria di papà. Ci è stato detto che le donazioni sarebbero potute andare al completamento del parco giochi di piazza San Valentino e del giardino delle scuole”. ‘Non fiori ma un parco giochi’, insomma. Giovannico era emigrato a Torino per andare a lavorare alla Fiat, ma nel 1974 era tornato a Osilo per aprire il bar che ha gestito insieme alla moglie, Caterina Pintus: “Per la prima volta in un bar di Osilo potevano entrare donne, bambini, famiglie, e non solo uomini come era stato fino ad allora”, ricorda Lidia. Per altri bambini, invece, il futuro sta dietro un filo spinato: spaccano il cuore le immagini di mamme e papà afghani che preferiscono l’incognito che sta dietro al muro dell’aeroporto di Kabul al conosciuto del loro Paese, e lanciano bimbi piccolissimi dall’altra parte nella speranza che qualche militare li raccolga e li porti via dall’Afghanistan. E adesso chiediamoci fino a quando riusciremo a girarci dall’altra parte.

15 agosto 2021

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Chi resiste e chi (purtroppo) saluta.
La vita può essere difficile, ma sa anche stupire

Settimana di anniversari importanti e record poco rassicuranti. Mercoledì a Floridia (vicino a Siracusa) è stata registrata la temperatura più alta che mai si sia toccata in Europa - 48,8 gradi – al culmine di un periodo di caldo soffocante in giro per tutto il Continente o quasi. Il 13 agosto 1961, in piena notte, iniziava la costruzione del Muro di Berlino. Simbolo della Guerra fredda e portatore di enormi sofferenze. Ma non c’è tempo per tutto questo. Perché il presente travolge con altri eventi e invita a riflettere su che tipo di futuro si stia preparando. “Ho sentito dell’invito a partire. Non ci riguarda. Se se ne va la Croce Rossa chi rimane?”, a parlare è Alberto Cairo, cuneese che dal 1990 vive in Afghanistan. Costruisce protesi di plastica per chi ha perso l’arto su una mina: 180mila persone in trent’anni, 16 gambe nuove al giorno. Risponde da una Kabul assediata in cui, dopo il ritiro dei soldati americani e a seguire di quelli degli altri contingenti internazionali, si aspetta la restaurazione talebana da un giorno all’altro. “Io conto di proseguire con il mio lavoro per feriti e disabili. Immagino che avremo molto da fare visto l’altissimo numero di ricoverati negli ospedali e le nuove mine anti-uomo piazzate: vergogna per chi gliele ha fornite”, aggiunge. Sono voci di angosciata disperazione quelle che arrivano dall’Afghanistan: chi in questi vent’anni (cioè dall’inizio delle operazioni terminate ora con il ritiro USA) ha creduto in un Paese diverso, moderno, dei diritti, e ha studiato, imparato professioni nuove, intrecciato relazioni con il mondo, adesso rischia. “Nostro papà ci ha sempre cresciute libere, la sua priorità è sempre stata che avessimo una educazione e scegliessimo la strada che volevamo. Ora tutto questo potrebbe cambiare se arrivassero i talebani. Probabilmente verremmo costrette a sposarci: sappiamo che qui a Kabul stanno facendo delle vere e proprie liste con i nomi delle ragazze nubili”, raccontano Nahal, che lavora per una organizzazione internazionale, e la sorella Mahavash. Vent’anni spazzati via in poche settimane, e una regressione della società che fa venire i brividi.

Chi conosceva bene, anzi benissimo, l’Afghanistan era Gino Strada. Chirurgo di grande abilità, fondatore di Emergency, attivista del movimento studentesco, scrittore, direi coscienza civica (poco ascoltata, almeno da chi avrebbe dovuto) di un Paese, è scomparso a soli 73 anni venerdì, tradito dal suo cuore grande e generoso. Uno dei pezzi più belli in suo ricordo lo ha scritto Walter Veltroni sul ‘Corriere’ di sabato. Mentre i necrologi più belli che ho letto sono questi: ‘Gli ex ragazzi di via Falck di Sesto ricordano con affetto e commozione Gino Strada compagno di indimenticabili partite a calcio di oltre 50 anni fa’; ‘I condomini di via Fratelli Bronzetti 9 manifestano il profondo dispiacere per la scomparsa di Gino Strada’. Perché puoi essere uno chiamato a Palazzo Chigi per spiegare cosa fare in Afghanistan, o salire su un palco a parlare davanti a 3milioni di persone contro la guerra, e restare per tanti semplicemente Gino: quel medico con un carattere brutto che aiuta i deboli in giro per il mondo. E’ un medico anche Massimo Girardis, direttore della terapia intensiva del Policlinico di Modena: “Il reparto ha riaperto il 27 luglio, speravamo di non doverla riattivare almeno fino ad autunno e invece ci siamo dentro di nuovo – spiega -. Chi viene ricoverato? Chi non si è vaccinato per paura, No-vax e negazionisti. I primi riconoscono l’errore e chiedono aiuto. I terzi sono convinti che il Covid sia un’invenzione fino a quando non riescono più a respirare e hanno bisogno dell’ossigeno per sopravvivere. Il dialogo con questi soggetti è difficile, hanno un atteggiamento ostile verso i sanitari. E infine ci sono i No-vax che riconoscono l’esistenza del Covid ma sono contro i vaccini. Una volta guariti si scusano per aver fatto tanta propaganda negativa sui social”. Ed è sempre in un ospedale che si è verificato qualcosa che ha del miracolo. Quando è nata, il 9 giugno del 2020, Kwek Yu Xuan, pesava meno di una mela: 212 grammi per soli 24 centimetri di lunghezza. La bambina più piccola al mondo. La sua è stata una lotta per la sopravvivenza, contro ogni pensiero razionale, contro qualche imprevisto durante il percorso post parto. Nei giorni scorsi è stata dimessa dalla clinica di Singapore in cui era nata perché con i suoi 6,3 chili ora sta bene. La vita è imprevedibile, spesso è complicata, a volte appare senza senso, ma un’occasione di riscatto te la offre sempre: basta volerla e saperla afferrare.   

8 agosto 2021

E se i marziani fossimo noi?

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La Nasa cerca quattro volontari disposti a vivere per un anno in un villaggio chiamato Marte Dune Alpha simulando le condizioni di vita del Pianeta Rosso. L’esperimento, utile a immaginare la colonizzazione del quarto pianeta del sistema solare, sarà condotto in condizioni estreme, mettendo i protagonisti davanti a imprevisti, periodi di isolamento individuale, fatiche che serviranno a testare la capacità di reazione e di adattamento. E se anche per vivere sulla Terra fosse già necessaria capacità di resilienza? I segnali che le cose non vanno iniziano ad essere tanti. L’Amazzonia di sudest emette più anidride carbonica di quanta ne assorba. A dirlo è Luciana Gatti dell’Istituto di ricerca spaziale di Sao José dos Campos: “Dal 2010 abbiamo iniziato a raccogliere campioni dell’atmosfera sopra la foresta con piccoli aerei”. Dopo 600 voli la conclusione è stata inevitabile: “La parte di sudest in 50 anni ha perso il 30% della foresta, soprattutto a vantaggio di pascoli e campi di soia. La deforestazione ha sconvolto il clima facendo aumentare le temperature e riducendo le piogge”. Oggi quella parte di Amazzonia rilascia 400milioni di tonnellate di anidride carbonica più della Gran Bretagna. Se sulla Terra le cose non vanno granché bene, peggio si sta sott’acqua. “Ora che il 50% della biodiversità oceanica è perduta, la conservazione è una parola anacronistica. Dobbiamo cambiare paradigma”, dice Alexandra Cousteau, nipote di Jacques-Yvés Cousteau (non sto a scrivere chi sia perché dovrebbe essere non necessario) che ha lanciato un progetto di rigenerazione chiamato ‘Oceans 2050’. “Circa il 40% delle emissioni accumulate dalla rivoluzione industriale è finito negli oceani”, dice Alexandra che punta alla coltivazione di kelp, un’alga bruna, e alla realizzazione di vere e proprie foreste di alghe per ridurre l’acidificazione degli oceani, ossigenare l’acqua, creare habitat per la biodiversità. L’equilibrio tra uomo e contesto naturale è il principio attorno cui nasce il corso di studi dell’Università della Tuscia-Unitus che ha lanciato la laurea in Produzione sementiera e vivaismo nel Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali. Partner principali del corso sono Assosementi e Anve (associazione dei vivaisti). Chi pianta semi e ci estirpa erbacce infestanti. E’ la missione che ci si è dati con Aira (Africa Infodemic Response Alliance), progetto dell’OMS coordinato dall’italiano Sergio Cecchini: “Non solo stiamo vivendo in mezzo a una pandemia. Ci siamo trovati nel pieno di una infodemia”. In sostanza, le persone già alle prese con l’emergenza sanitaria legata al covid sono state travolte da una valanga di false informazioni che ha avuto come conseguenza – grave – di modificare i comportamenti individuali accrescendo i rischi sanitari. “Con Aira vogliamo identificare le lacune informative e la disinformazione, semplificare i messaggi scientifici, fare da cassa di risonanza alle informazioni corrette, misurare l’impatto delle azioni anti-disinformazione”. In campo, per setacciare internet e i social, anche l’intelligenza artificiale. Proprio come farà Apple che per contrastare la pedofilia ha messo a punto due strumenti in grado di controllare su iPhone, iPad e Mac la presenza di foto pedopornografiche. Il primo dei due scansiona le immagini sul dispositivo prima che vengano caricare su iCloud per vedere se corrispondono a quelle presenti nel database degli enti che proteggono i minori (l’azienda non ‘vede’ le foto, ma solo la loro impronta digitale numerica). Il secondo sfrutta l’intelligenza artificiale per riconoscere le immagini pornografiche scambiate tramite iMessage e in caso rilevi materiale esplicito lo mostra sfocato. Intanto che andiamo su Marte facciamo di tutto per stare meglio qui.

1 agosto 2021

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Un Paese normale?
A volte succede di crederlo

Succede che qualcuno dica: “Two is better than one” (no, non è la pubblicità del gelato biscotto). Compare all’improvviso sullo schermo Rai il saltatore qatariota Mutaz Essa Barshim, abbraccia il nostro Gianmarco Tamberi, e spara con il sorriso questa frase che sembra così semplice eppure è una verità che ci stupisce perché l’abbiamo scordata: i due, Barshim e Tamberi hanno appena scelto di condividere la medaglia d’oro di salto in alto alle Olimpiadi. Arrivati a pari merito dopo una lunga serie di salti, a loro gli organizzatori hanno chiesto se volessero fare un salto di spareggio o se preferissero condividere il primo gradino del podio. Hanno scelto la seconda. E dato una lezione a tutti noi, che spesso (troppo) ci dimentichiamo di quanto sarebbe più facile la vita se imparassimo a condividere.

Succede a Guiglia, paesino di quasi 4mila anime in provincia di Modena, che l’edicolante Barbara Poncini si sia dovuta assentare per un periodo per un ricovero: i suoi compaesani si sono prodigati per sostituirla e, soprattutto, hanno approfittato della serranda abbassata per restaurarle completamente l’edicola facendo i manovali volontari la sera e nei fine settimana. “Non so davvero come ringraziare per tanta generosità e senso di comunità”, ha detto commossa Barbara. Che probabilmente se l’era meritata  questa eccezionale dimostrazione d’affetto.

Succede nel Rione Terra a Pozzuoli, dove i ragazzi del carcere minorile di Nisida e le donne recluse nel penitenziario della città diventano guide per i turisti. Il progetto, l’ha pensato e realizzato don Gennaro Pagano insieme al vescovo monsignor Gennaro Pascarella. “In tre anni almeno 24 giovani dell’area penale di Nisida e Pozzuoli diventeranno guide turistiche. Ci prendiamo cura delle pietre della Storia ma soprattutto delle pietre vive della comunità, nuove generazioni e donne”.

Succede che domani è il 2 agosto e torna il corteo nelle cerimonie legate alla strage della stazione di Bologna. Torna dopo le limitazioni dell’anno scorso causate dal covid. E torna nel pieno di un processo per definire, dentro l’aula di un Tribunale, i mandanti di quella strage e la loro strategia politica.

Succede, insomma, che ogni tanto si riesca a pensare di stare in un Paese normale.

25 luglio 2021

Un Paese in bilico tra bellezza e dannazione

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Sarà il clima olimpico, che si respira grazie alla tv e nonostante tutto (nonostante l’assenza di pubblico, l’ansia da contagio tra gli atleti, l’abiura dei Giochi da parte dei giapponesi), ma viene immediato usare la metafora delle due facce della medaglia. Siamo il Paese che regala al mondo Giotto che con i suoi affreschi nella Cappella degli Scrovegni ha aiutato Padova a diventare Patrimonio dell’Umanità, e dei medici e assessori con la pistola nella cintura dei pantaloni. Il Paese della Nazionale operaia in cui il primo degli attaccanti rincorre l’avversario come un terzino d’altri tempi, e della piazza che urla contro l’obbligo vaccinale: in un caso è il senso di appartenenza al gruppo, nell’altro la rivendicazione individuale.

Sarà la magistratura a stabilire cosa è accaduto a Voghera, ma ci sono alcuni fatti da cui non si può prescindere: una figura politica che gira con il colpo in canna e un morto. Chi non dice chiaramente che tutto questo è sbagliato, indipendentemente dalla dinamica, scava il fosso in cui rischia di precipitare la società. Non è indifferente come ci comportiamo, cosa diciamo, che esempio diamo e cosa sdoganiamo con il nostro agire. Un medico che dice di andare in ospedale armato sta lanciando un messaggio pericoloso: genera ansia, paura, eccita l’istinto a difendersi. E dice che non ci sarà nessuno a proteggerci così svilendo il ruolo degli organi dello Stato preposti a farlo. Proprio come sindaci e assessori che sfoderano la loro arma e fanno le ronde, dimenticandosi che non tocca a loro l’uso della forza. E se il mio sindaco gira con la pistola allora posso farlo anche io, possiamo farlo tutti.

Ricorro ancora allo sport per farmi capire meglio. Il tipo di allenatore che siede in panchina cambia il modo con cui sto in campo: un mister cui piace il gioco fisico, che punta sull’aggressione degli avversari, mi induce in maniera naturale ad usare maggiormente la forza nel contrasto; uno che invece predilige il movimento della palla, amante della velocità del gioco, mi porterà a pensare di più a costruire e meno a fare interdizione.

Chi ha ruoli e funzioni pubblici dovrebbe pensarci prima di dire o fare certe cose. Ho fatto il sindaco per dieci anni a Luzzara, un periodo in cui sono calati i reati perché abbiamo lavorato con le forze dell’ordine dando loro più strumenti di controllo, e coinvolto i cittadini nei servizi di controllo di vicinato. Non ho mai avuto bisogno di girare con la pistola, non ne possiedo una, non mi interessa possederla. Siamo il Paese della Barilla, che ha ridotto in 10 anni del 31% le emissioni di anidride carbonica per la produzione di alcuni suoi prodotti, e del sindaco di Offanengo (6mila anime in provincia di Cremona, guidate da Gianni Rossoni politico di lunghissimo corso di centrodestra) che vieta l’installazione del cappotto termico sulle abitazioni perché ‘antiestetico e pericoloso’. Ci sono due medici di famiglia del Bolognese cui l’Asl sospenderà la convenzione (quindi non potranno più seguire i loro pazienti e resteranno senza stipendio) perché hanno rifiutato il vaccino anti-Covid, e c’è la figlia di un senza tetto di 54 anni ucciso a calci e pugni che ha autorizzato l’espianto degli organi del padre perché almeno da questa triste storia nasca qualcosa di buono. Facce diverse della medaglia si dirà, ma almeno smettiamola di dire che valgono uguale.

18 luglio 2021

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Buona domenica? Ditelo voi

Si discute perplessi, si tratta, si baratta. La ‘minimum tax’ e la ‘carbon tax’ al centro dei compromessi. Una servirebbe a prelevare almeno un 15% sui profitti delle multinazionali, l’altra a colpire le produzioni inquinanti che non innovano il processo verso una maggiore sostenibilità. Entrambe ferme al palo. Annunciate con squilli di tromba e poi vittime degli interessi locali dei Paesi che devono discuterle e renderle efficaci. Così tutti chiedono a tutti di cedere qualcosa per concedere qualcosa. Stessa cosa sul Green Deal. Che per carità: è assolutamente necessario che la transizione sia governata, che non sia un processo vessatorio quanto piuttosto di sostegno e incentivo. Sembra persino banale dirlo per chi crede che alla Politica tocchi indicare un indirizzo, generare consapevolezza sugli obiettivi e poi includere tutti nel processo di cambiamento. Evidentemente chi dice che bisogna frenare sulla transizione non ha le idee altrettanto chiare. Intanto la Germania va sott’acqua. E con lei il Belgio. Piangiamo morti e devastazione.

In Italia 4milioni di persone tra i 50 e i 70 anni non ha fatto nemmeno la prima dose di vaccino. Nell’ultimo mese su 7milioni di vaccini fatti solo 1milione ha riguardato prime dosi: gli altri erano tutti richiami. Rallenta la campagna perché la gente va in ferie, o deve andare in ferie. Perché l’idea che comunque vaccinati gli altri i rischi si siano ridotti ha rafforzato i renitenti alla somministrazione. In Francia l’annuncio che senza passaporto vaccinale non si sarebbe potuto andare al ristorante ha fatto risalire le prenotazioni. Per andare al ristorante, capito? Che la vaccinazione possa garantire maggiormente la scuola in presenza, ad esempio, interessa di meno. Apriamo un libro che è meglio, ce ne sono tanti appoggiati sopra e ai piedi del comodino, a fianco del letto. Tra quelli finiti e quelli in lettura metto lì qualche titolo come consiglio non richiesto ma gratuito: La cena degli dei; La variante Lüneburg; Le otto montagne; La casa sull’argine; Segui il tuo demone.

11 luglio 2021

Non si deve essere grandi per avere un cuore grande

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Ha 8 anni, vive a Firenze, e un mese fa ha deciso che aveva più giochi di quelli che gli servivano. Così, chiesto il permesso a mamma e papà, ha iniziato a metterli sul davanzale della camera con un cartello: ‘Li potete prendere gratis. Per i bambini. Jacopo’. E’ iniziato così un pellegrinaggio: di bimbi che vanno a scegliersi un gioco da portare a casa, di altri – compresi anche adulti – che ne portano altri sapendo che su quel davanzale prima o poi arriverà qualcuno che ne ha bisogno. Che distanza – morale, etica, di principi, di senso della vita – con chi ha deciso di approfittare di un giorno di ferie degli impiegati e di vigilia di week-end per spedire una mail ai sindacati e comunicare che chiude, semplicemente chiude definitivamente e senza discussioni o spiegazioni, lo stabilimento della GKN Driveline di Campi Bisenzio che impiega 422 persone. I giornali scrivono che il fondo inglese Melrose Industries ha deciso la chiusura. Ma non è vero. Un fondo non è un’entità che vive di vita propria, ci sono donne e uomini che lo dirigono. E sono state queste persone a scegliere il destino dell’azienda, i tempi e i modi della chiusura. E se hanno agito così è perché evidentemente non sanno cosa sia la dignità, non conoscono il valore della vita, non considerano quei lavoratori persone degne di un futuro migliore. Di fronte a notizie così non si può che voler fare di tutto per rivendicare la supremazia della Politica sull’Economia. Perché tocca alla Politica – quella vera – occuparsi delle persone, di tutte le persone. E allora ben venga l’accordo sulla Global minimum tax siglato al G20. Cos’è? E’ una imposta globale del 15% per le multinazionali che hanno più di 20miliardi di fatturato e fanno utili superiori al 10%, in qualsiasi Paese operino e indipendentemente da dove abbiano la sede legale. Uno strumento per evitare che queste holding spostino la sede legale in maniera fittizia nel Paese che di volta in volta promette di far pagare meno tasse. Con l’assurdo per cui guadagnano in un posto e pagano le tasse – poche o nulle – da un’altra parte. Siccome si partiva da zero l’approdo del G20 va giustamente salutato con favore. Ma va considerato un inizio e non un traguardo. Recuperare il giusto rapporto tra Politica, istituzioni democratiche, ed economia servirà a ricostruire uno scudo a difesa delle persone. Perché non debbano mai più essere licenziate per mail senza che nessuno dica loro il perché.

Che poi l’Islanda dimostra che si può lavorare meno e meglio senza che questo danneggi il sistema economico. Dopo 4 anni di sperimentazione – partita prima nel pubblico e poi estesa anche al privato – si è visto che la riduzione di un’ora al giorno di lavoro, a parità di stipendio, ha aumentato la produttività dei dipendenti, migliorato il clima in ufficio e convinto anche i datori di lavoro che non ci hanno rimesso. Chissà che non possa avere effetti benefici anche sulla demografia. Chi sta meglio, finalmente, da questo punto di vista è il panda. L’animale a rischio di scomparsa, simbolo delle battaglie del Wwf, ha raggiunto la soglia del 1800 esemplari che vivono allo stato brado e non è più classificato ‘specie in via d’estinzione’. Una notizia a cui brindare, magari aspettando il vino che sarà prodotto grazie al vigneto appena messo a dimora nel parco archeologico del Colosseo: 360 piedi di barbatelle della varietà Bellone che hanno trovato posto nel cuore di Roma. “Si tratta in pricipal modo di una operazione ‘etica’ destinata a sviluppare senso civico nei confronti della cultura e della didattica”, spiega Alfonsina Russo, direttrice del Parco. Nella Roma antica l’agricoltura aveva un ruolo chiave nella vita quotidiana, ecco perché recuperarne la consuetudine dentro ai 40 ettari del Parco. Alla fine, insomma, basta pensarci. A cosa si può fare per migliorare le cose. Ecco perché ai tanti, troppi, giovani di età tra i 12 e i 19 anni che non si sono ancora vaccinati dico: prenotatevi, metterete al sicuro voi stessi, le persone attorno a voi, e contribuirete ad abbassare il rischio che la scuola debba funzionare a singhiozzo nei prossimi mesi.

27 giugno 2021

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E se le persone tornassero a contare più dei soldi?

Sono niente 6 euro l’ora, ma anche 26mila l’anno possono essere pochi. Zappava la terra in Puglia, dove era arrivato dal Mali e dopo essere passato da un centro di prima accoglienza nel Napoletano, il 27enne Camara Fantamadi: è morto di caldo e fatica giovedì alle cinque del pomeriggio, dopo 4 ore di lavoro nei campi a 42 gradi. Veniva pagato 6 euro l’ora, come altri compagni, come tutti coloro che non hanno possibilità di scelta. E che lungo la loro strada incontrano qualcuno pronto a sfruttarli, a non farsi scrupoli. Qualcuno che evidentemente pensa che non siamo tutti uguali, e della dignità chi se ne importa. Dopo ogni morto si dice “non accadrà mai più”, poi succede ancora. Perché per uno che sfrutta c’è qualcuno che non guarda.

Come lunga sembra la catena delle omissioni che hanno portato al crollo del ponte Morandi, a Genova, la mattina del 14 agosto 2018. Secondo la procura del capoluogo ligure che sta gestendo l’inchiesta sono 59 le persone da rinviare a giudizio. Già il numero racconta che la Procura ha messo nel mirino quello che ritiene essere stato un sistema di sottovalutazioni, errori, conflitti e spregiudicatezza alla base della tragedia costata la vita a 43 persone. Una “negligenza nell’ignorare i segnali riscontrati a monte dell’intervento del 1994 e successivamente rilevati nella loro progressione da quella data fino al disastro”, scrive la Procura. Per pubblici ministeri, periti e Guardia di Finanza il movente del disastro sta nella politica aziendale del concessionario dell’infrastruttura orientata a massimizzare i profitti anche risparmiando sulle manutenzioni. In 18 anni di gestione del ponte sono stati spesi in interventi strutturali 488mila euro: 26mila l’anno. Succede quando lo Stato rinuncia a svolgere il suo ruolo. Quando non solo smette di gestire determinati servizi, ma non controlla nemmeno. E come si può controllare qualcosa che non si sa più fare? Lo dico per esperienza diretta lavorando nella pubblica amministrazione: esternalizzare un servizio significa perdere il know-how, e quindi nel medio periodo diventare incapaci anche a controllare come si dovrebbe. C’è una data che fa impressione, è quel 1994 fissato negli atti della Procura di Genova. Coincide con il momento in cui si rompono gli argini politici e la marea neoliberista si impone come pensiero unico. Arriviamo da un ventennio in cui il mantra era lasciare fare al mercato, al privato, che funziona meglio e si autoregolerà. Poi crolla un ponte e muoiono 43 persone.

La Sanità in alcune zone del nostro Paese è tutta in mano al privato e se arriva il Covid non sai come fare ad accogliere e curare i malati. Di fronte ad uno Stato che non gestisce bene un servizio la risposta non può essere di affidarlo al privato, ma far sì che il pubblico impari a farlo.

E alla mano dello Stato si affidano le speranze di quasi un migliaio di operai dell’ex Ilva di Genova cui Mittal ha annunciato l’avvio della cassa integrazione nonostante nel settore non ci sia alcuna crisi, anzi la richiesta di materiale è molto superiore all’offerta tanto che i prezzi sono lievitati e non c’è imprenditore che non sia in difficoltà nell’approvvigionamento. Hanno manifestato per tre giorni davanti all’azienda, gli operai, e adesso si aspettano che lo Stato usi le sue prerogative di nuovo socio dell’azienda: sì perché attraverso Invitalia il pubblico salirà al 50% della proprietà di Acciaierie d’Italia. “Questo stabilimento produce 100mila tonnellate di latta l’anno, con gli investimenti che chiediamo potrebbe arrivare a 300mila: il solo mercato italiano ne richiede 800mila”, dicono. Ma se è un affare produrre la latta perché non farlo? Perché evidentemente da qualche altra parte del mondo costa meno, o forse ci sono meno controlli, e insomma se sei un player mondiale non ti preoccupi più di tanto di dove stabilisci la produzione perché tutto il mondo è casa e al contempo sei straniero ovunque. Con buona pace di quelli che è meglio ‘lasciar fare’. E che si son dimenticati che oltre ai numeri ci sono le persone.

20 giugno 2021

Guarda chi si rivede: la gente

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Dovete restare seduti perché adesso serviamo il dolce”: martedì 15 giugno, in un parco a Borgo Panigale, cena elettorale del Partito democratico con un migliaio di presenti. Siamo a pochi giorni dalle primarie per la scelta dei candidati sindaci a Roma e Bologna – a proposito, si vota oggi: in bocca al lupo a Roberto Gualtieri e Matteo Lepore -, ha appena parlato il segretario nazionale Enrico Letta spiegando il valore di queste primarie nella ‘capitale politica’ emiliano-romagnola, e molti dei presenti alla fine del suo intervento si sono alzati per salutare un conoscente qualche tavolo più in là o fare qualche commento. E improvvisa arriva dagli altoparlanti la voce delle cucine: “La cena non è finita, arriviamo con il dolce, per cui state seduti”. Non so il nome ma conosco il tipo: è sicuramente un signore sui 70, grembiule legato in vita, piglio severo e cuore immenso, è il volontario classico delle feste del Pd. Per lui è certamente importante il voto alle primarie, sono state importanti le parole di Letta, è sicuro che vincerà Lepore, ma soprattutto è importante che la cena che ha contribuito ad organizzare fili via come da copione.

È quella straordinaria umanità che mi è mancata moltissimo in questo anno e mezzo di pandemia, di rarefazione dei contatti, di annullamento dei momenti di incontro. A molti dei volontari di partito con cui ho avuto la fortuna di lavorare negli anni scorsi ho telefonato in questi 16 mesi bui, ci siamo fatti forza a vicenda e ripromessi di vederci non appena possibile: il Bibo, l’Aurora, Ivano, la Monia e Cesare, Seba, la Marzia, Gianni e moltissimi ancora. È nel rapporto con loro, con quelli che ridimensionano le cose con una sola battuta (“Seduti che arriva il dolce”), che si recupera il senso vero del fare Politica. Che non è certo quella dei dibattiti televisivi trasformati in talent show. Che non è certo quella dei politici influencer (un consiglio: il lavoro di influencer fatelo fare agli influencer, perché sono più credibili). Ma che è essere al servizio degli altri, sentirsi comunità.

Umanità che ho ritrovato anche nei reparti pediatrici dell’ospedale di Parma. E nelle associazioni ‘Noi per loro’ e ‘Giocamico’. Venerdì sono tornato insieme al mio amico Paolo Anversa a incontrare medici, infermieri e volontari: a settembre aprirà la nuovissima terapia intensiva pediatrica, nel frattempo queste straordinarie persone continuano a prendersi cura dei bambini che hanno bisogno e delle loro famiglie. Oltre alle migliori cure sanitarie per questi piccoli ci sono progetti specifici per continuare a farli studiare, momenti di gioco in reparto, sostegno economico e psicologico alle famiglie. È una umanità straordinaria quella che gira dentro e attorno a quei reparti. E ha ragione Paolo quando dice: “Sono passato da quei reparti 16 anni fa e ancora adesso quando ci torno ritrovo gli stessi sorrisi: persone che lavorano in mezzo alla sofferenza e che non hanno perso la forza di sorridere per far sorridere gli altri”.

Umanità, si diceva.

In piazza a Guastalla, ieri sera, per lo spettacolo di danza cui ha partecipato la mia Sara: genitori, nonni, fratelli e sorelle, zii, amici, di nuovo tutti insieme a guardare verso il palco, a fare le foto con il telefonino, a salutare i nostri bambini dalla platea.

All’improvviso ho ritrovato la gente: mi è mancata

13 giugno 2021

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Essere gruppo:
per sostenersi,
per avere più voce,
per la dignità

Adesso che Eriksen è fuori pericolo e le sue condizioni sono stabili si può anche parlare di cosa è accaduto tutto attorno. Mentre i sanitari praticavano le manovre salvavita e lo rianimavano, i compagni del giocatore danese – che al 43’ del match degli Europei con la Finlandia si è accasciato al suolo in arresto cardiaco – si sono chiusi in cerchio per ripararlo dagli sguardi dello stadio e del mondo. C’è tanto in quel gesto: stare vicini al loro compagno mentre lottava tra la vita e la morte; proteggerlo perché quella sua improvvisa fragilità non diventasse scena morbosa. E poi, quando ha recuperato battito cardiaco e conoscenza, gli stessi giocatori lo hanno scortato stando davanti e dietro la barella che lo portava fuori dal campo, verso un ospedale. Questo vuol dire essere squadra, sentirsi gruppo. E i destini di uno sono il destino di tutti.

E’ accaduto su un campo da calcio, accade anche altrove.

In Ecuador, ad esempio. Da sei mesi le comunità di Nanegalito, Nanegal, Pacto, Nono, Gualea e Calicali, cresciute attorno alla coltivazione della canna da zucchero, bloccano i camion diretti alle miniere per l’estrazione dell’oro: agricoltori che finito il lavoro si danno il cambio per presidiare le strade e bloccare lo sfruttamento del sottosuolo. Lottano in una zona dichiarata dall’Unesco Riserva della Biosfera: “La resistenza sarà ad oltranza, non ci fermeremo fino ad ottenere una consultazione popolare sul destino della nostra terra”. Vogliono poter dire la loro sul futuro del luogo in cui sono nati e cresciuti, e in cui sono venuti al mondo i loro figli. Cui vorrebbero tramandare la tradizione agricola.

Vogliono farsi sentire anche i facchini dello stabilimento piacentino della Tnt-FedEx che a febbraio ha annunciato (e praticato) 400 licenziamenti. Dopo aver perso la battaglia ‘a casa’ questi lavoratori hanno deciso di presidiare gli stabilimenti delle aziende cui ritengono che Tnt-FedEx si sia rivolta, in quella che è di fatto una esternalizzazione di alcuni servizi. E durante un presidio, nel lodigiano, è scoppiata la guerriglia. I contorni della vicenda non sono chiari: tra chi dice che gli scontri siano avvenuti tra ex facchini della Tnt-FedEx e lavoratori delle aziende prese di mira con le proteste; e chi dice che siano state quest’ultime ad ‘assumere’ delle squadre di picchiatori affinché si scagliassero contro i manifestanti. Qualunque sia la versione corretta c’è comunque una verità che dovrebbe far riflettere: uomini che si picchiano tra di loro mentre chi ha deciso la politica aziendale sta da qualche altra parte, ed evidentemente pensa che tra numeri e persone non ci siano differenze. In un mondo serio, una regolata a multinazionali che di fatto sono impalpabili (non si sa mai bene con chi confrontarsi data la loro essenza globale) andrebbe data.

Chissà che qualcosa da questo punto di vista non si muova: negli Stati Uniti è stato presentato un disegno di legge bipartisan (cioè firmato sia da Democratici sia da Repubblicani) per smembrare Amazon e altri colossi come Alphabet, Apple e Facebook. Uno spezzatino che servirebbe ad impedirne gli abusi (allora è vero che li compiono) di posizione dominante. Se il disegno di legge dovesse andare avanti sarebbe una straordinaria rivincita dell’antitrust, istituto smantellato a partire dagli anni Ottanta. Perché – se lo segnassero anche gli ultras del Liberismo – il mercato si tutela se le Istituzioni pubbliche sono forti, altrimenti pochissimi privati possono soffocare la concorrenza in barba ad ogni principio di libertà.

E per il ‘servizio pubblico’ che ha fornito durante la pandemia da covid – garantendo informazioni approfondite e accessibili – è stato premiato il New York Times con il premio Pulitzer. E il board dell’istituzione che stabilisce il meglio del giornalismo americano ha premiato con una ‘citazione speciale’ Darnella Frazier, la 17enne che con il proprio cellulare filmò l’arresto di George Floyd che, per le modalità con cui operò il poliziotto Derek Chauvin, divenne agonia e poi morte. Quelle immagini hanno fatto il giro del mondo e sono servite anche in tribunale per arrivare alla condanna del poliziotto.

L’ha scritta Hemnigway e io la prendo in prestito e la ‘adatto’: oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma quello che accadrà in tutti i giorni che verranno dipenderà da ciò che faremo oggi.

6 giugno 2021

Saman

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La prendo dritta per dritta: sulla vicenda di Saman, la 18enne di Novellara che si presume sia stata rapita (e forse uccisa) dai familiari perché rifiutava un matrimonio imposto, ne ho sentite tante e giuste pochissime. Tra le rare parole intelligenti, quelle della sindaca Elena Carletti. Che grosso modo, davanti alla piazza del paese riunita per sperare che la ragazza sia riuscita a fuggire e nascondersi, ha detto così: “Si va avanti e si migliora, come comunità, quando tutti e ciascuno facciamo la nostra parte. Quando ci prendiamo cura gli uni degli altri. Quando ci confrontiamo e ci conosciamo”.

Un concetto ripreso anche da Luigi Manconi ieri su La Repubblica: “Le relazioni all’interno delle comunità e delle famiglie di stranieri sembrano appartenere a mondi lontani e inaccessibili. Dietro c’è una idea di società rigorosamente ripartita per nicchie distinte e autonome. Ne consegue la difficoltà di un confronto ravvicinato, anche aspro e conflittuale, tra differenti culture”. E poi ancora: “La sorte di Saman non è unica ma non è nemmeno generalizzabile. La gran parte dei giovani stranieri tende a rassomigliare ai nostri figli e non solo nei costumi e nei consumi: anche nella consapevolezza dei propri diritti. Lo Stato deve fare la sua parte (nella mediazione sociale e culturale, ndr), e molto possono fare gli italiani che nelle scuole, nei posti di lavoro, nei condomini, devono condurre una loro quotidiana battaglia culturale, ragionevole e rispettosa, senza alcuna tracotanza e senza alcuna soggezione. Ne verrà incentivata la convivenza pacifica tra stili di vita e sistemi morali destinati comunque a coabitare”.

Chi non rispetta i diritti dell’individuo, chi censura la libertà e l’autodeterminazione, chi non tutela la parità tra uomo e donna, va perseguito con la forza delle leggi e punito per i reati che commette. E allo stesso tempo la mano del dialogo va tesa a quelle nuove generazioni che vogliono emanciparsi da tradizioni patriarcali e integraliste. Ecco perché bisogna ‘prendersi cura’ gli uni degli altri. Questo intendeva la sindaca Carletti: la realizzazione di una comunità piena, non l’insieme di sottogruppi impermeabili tra loro.

Allora, con grande franchezza, sanno di brutta ipocrisia le lacrime di quella parte di Paese che nel vivere quotidiano rimuove la questione della cittadinanza e pensa alla separatezza tra gruppi etnici, e che oggi piange sulla vicenda di Saman. Che nasce – sperando che il suo destino non sia stato quello che si è portati ad immaginare, ma fosse anche solo per il tentativo di imposizione delle nozze – dall’idea del possesso della donna. Un problema talmente diffuso che pensare di farne una questione religiosa significa non volerlo estirpare.

Chiedetelo a suor Martha Pelloni, 80 anni, che a Buenos Aires ha fondato e gestisce una associazione che libera le ragazze dalle grinfie delle organizzazioni criminali che le sfruttano a fini sessuali. Nel 1990 una sua allieva venne stuprata, torturata e poi lasciata morente sulla strada: un abominio per cui vennero condannati alcuni giovani argentini altolocati. Lì nacque l’idea del centro che si occupa – letteralmente – di liberare le ragazze infiltrandosi nelle case di appuntamento, indagare sulle reti dei protettori e dei siti clandestini dei pedofili. Oppure chiedetelo alle giovani influencer che guidano la cosiddetta ‘quarta ondata’ del femminismo: ragazze che combattono con strumenti nuovi, e parole nuove, mali antichi che sono nel nostro quotidiano come appunto la cultura dello stupro (che si mette nei panni dei padri e non in quelli delle vittime), contro chi fischia per strada ad una donna, contro la violenza domestica. Jennifer Guerra, Irene Facheris, Carlotta Vagnoli, Chiara Meloni e Mara Mirabelli: cercatele sui social, nelle librerie, guardate quante finestre aprono sul nostro modo (sbagliato) di pensare e di vivere. Del resto se una pagina Instragram come donnexstrada – nata per accompagnare le donne che stanno rincasando sole e hanno paura di essere aggredite – ha avuto un boom di adesioni in pochissimo tempo qualche domanda dovremmo pur farcela. Siamo oltre al ‘chi è senza peccato scagli la prima pietra’. Le pietre è meglio non lanciarle affatto (e le parole sono pietre, soprattutto quando si commentano vicende come quella di Saman con il carico di dolore che si portano dietro, anche per quegli operatori dei servizi del nostro territorio che quella ragazza l’hanno seguita e aiutata). Piuttosto coloriamole.

Come ha iniziato a fare qualche tempo fa Heidi Aellig, una 63enne italo-svizzera di Recanati: ha creato la pagina Facebook ‘Un sasso per un sorriso’ che ha già raggiunto i 107mila iscritti e ispirato altre pagine simili. La gente prende un sasso, lo dipinge o ci scrive una frase, poi lo lascia dove vuole: in un parco, lungo un sentiero, davanti ad un edificio pubblico, in una aiuola nel centro città. Chi, passando lo troverà magari sorriderà, gli si muoverà un’emozione. E poi forse a sua volta ne dipingerà un altro da lasciare per strada. Da Nord a Sud Italia stanno comparendo decine di migliaia di sassi: “Quando ne trovi uno è come ricevere una buona notizia, un bacio leggero, una piccola gioia”.   

30 maggio 2021

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È tutta questione di generosità

Il sole negli occhi, le canne da pesca nell’acqua quasi ferma, la quiete dei pioppi alle spalle: se n’è andato così, per colpa di un malore che lo ha strappato a tutti noi troppo presto, Roberto Fornasari. Aveva 72 anni, due figli splendidi come lui, e da 25 era un volontario della protezione civile. Di più: al porticciolo di Luzzara aveva dedicato giorni, settimane, mesi di attenzioni, di lavoro gratuito da quando si era affidata la gestione dell’infrastruttura alla associazione locale ‘Antenna Amica’. Giovedì ero a Po, insieme a molti altri, mentre la sua famiglia deponeva una corona di fiori proprio nel punto in cui Roberto aveva deciso di salutarci. Si fa volontariato per sentirsi utili agli altri, per portare aiuto in situazione di emergenza, per non far sentire solo e abbandonato nessuno, per dare un’occasione di socialità. Insomma, per generosità.

E ne serve tanta anche per fare gli amministratori, soprattutto a livello locale dove le soddisfazioni economiche sono davvero poche e i problemi infiniti. Tanto che si fatica a trovare persone che si vogliano candidare in vista delle prossime elezioni di ottobre: anche in città importanti come Roma e Torino, non solo nel più sperduto paesino. E’ un brutto segno. A portarci fin qui di sicuro ha contribuito quel clima giustizialista, e di gogna mediatica, cui siamo sottoposti da un decenni. Sindaci sbattuti in prima pagina per inchieste che poi finiscono in niente. Additati a giurie social con la bava alla bocca distorcendo le loro parole, condannati per pregiudizio. E poi magari succede come all’ex primo cittadino di Lodi, Simone Uggetti, che dopo 5 anni, dopo le manette simulate contro di lui durante un comizio da parte di Matteo Salvini, viene assolto e dichiarato completamente innocente. “Non dovevo essere arrestato. E servirebbe una riflessione sul sistema mediatico: la mia assoluzione ha avuto una copertura molto inferiore a quella del mio arresto. Avviene perché il circo mediatico-giudiziario, con la complicità della politica, ha bisogno di bestie da esibire. E io sono stato una bestia”, ha raccontato l’ex sindaco, aggiungendo che il peggio non è stato il carcere ma il silenzio a cui è stato obbligato in questi cinque anni pur sapendosi innocente. Adesso la sua assoluzione ha fatto clamore solo grazie alle scuse pubbliche cui ha indotto l’attuale Ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Le modalità con cui lo abbiamo fatto (la battaglia mediatica contro Uggetti, nda), anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni, appaiono adesso grottesche e disdicevoli. Mai più gogna come strumento di campagna elettorale”. Meglio tardi che mai vien da dire, anche se non sono sicuro che basti. Il veleno di cui è intrisa la società sarà difficile da rimuovere. E serviranno anni.

Presi la mia dose di insulti e minacce di morte, ben indirizzate da leader politici nazionali attraverso i social, quando lanciai l’idea dell’ordinanza anti-cattiveria: ogni cittadino doveva sentirsi responsabile nel custodire un clima di confronto civile in paese, e a chi trasgrediva veniva consigliata la lettura di libri, la visione di film o qualche ora di volontariato. Il fatto che prima di firmare quell’ordinanza avessi dato del ‘coglione’ a qualche ministro (peraltro in un contesto molto puntuale) venne fatto pesare tanto quanto le peggiori minacce che si propagano nei tribunali virtuali, bollandomi come ipocrita e gettando alle ortiche il dibattito che quella ordinanza – una provocazione buona – voleva ingenerare. Ma se molti non la capirono, fortunatamente tantissimi altri ne compresero il senso. Adesso persino Marco Travaglio ha detto in un editoriale che servirebbe una legge contro chi minaccia o diffama che preveda come pena lo studio di poesie o dei testi di Primo Levi. Eppure anche lui, all’epoca della mia ordinanza, si schierò dalla parte dei mie detrattori. Non posso che essere felice del cambiamento di opinione, suo e di Di Maio. Significa che sperare non è mai sbagliato. E ‘Spiranza’ (in siciliano) è il nome che Alice Valenti – artista catanese che ha lavorato per Dolce e Gabbana e Averna - ha dato alla barca che ha acquistato dai maestri d’ascia di Acitrezza. Il loro cantiere navale, quello citato da Verga ne ‘I Malavoglia’, rischia di dover chiudere perché sommerso dai debiti: un problema nato da quando l’area è passata dalla Capitaneria di porto al Comune, e aggravato dall’introduzione di alcuni vincoli paesaggistici che impediscono l’utilizzo dello scalo. “Di fatto ci hanno impedito di proseguire l’attività e ci siamo indebitati con  le banche per pagare l’occupazione di suolo”. Negli anni Sessanta si realizzavano barche con commesse che arrivavano dalle Eolie o dall’isola D’Elba, oggi Turi Rodolico (84 anni) è costretto a realizzare cavalli di legno per bambini. E qui arriva Valenti, che insieme ad altre due imprenditrici (Amelia Alessia Cristaldi ed Emily Pelacani) ha lanciato un e-commerce e il progetto Lollipop 2021: vendono abiti con stampe ispirate ai maestri d’ascia il cui ricavato andrà in parte a sostenerne le spese. E ha girato un documentario per far conoscere la loro storia. Ancora una volta è questione di generosità.  

23 maggio 2021

Umanità

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Deve essere la visuale, libera ovunque si volti lo sguardo o la luce struggente del cielo pulito, fatto sta che salite in cima al Monte Fosola alle persone si apre il cuore.  Lì,  un personaggio visionario come Claudio Ferrarini (di Felina trapiantato, per amore e lavoro poi, a Milano) ha piazzato una Panchina Gigante. E accanto a questa, una cassetta in cui chiunque può lasciare una cartolina che viene raccolta nel libro – scolpito nel legno – dei ‘Sogni e Progetti del Fosola’. Ci sono le frasi incerte dei bambini, divertiti per quella maxi seduta tutta dipinta di rosso. Ma soprattutto ci sono quelle degli adulti, le cui parole più difficilmente e più raramente trovano la strada dal cuore alla bocca o alla penna. Chi scrive ai genitori quello che non ha mai avuto il coraggio di dire, chi celebra un amore trovato o ritrovato, chi semplicemente ringrazia per quello scorcio di bellezza ristoratrice dell’anima. C’è profumo di umanità a quelle latitudini.

Come sul sagrato di una chiesa che si trasforma in ristorante. Perché ci sono le restrizioni del covid, e dentro ai locali ancora non si può mangiare: un bel guaio per chi non ha spazio esterno. E allora a Mede (Pavia) don Renato Passoni, saputo delle difficoltà dei ‘vicini di casa’ del ristorante ‘Ca’ Schù’ – privo di plateatico all’esterno per collocare i tavoli – ha messo a disposizione gratuitamente il sagrato della Chiesa di San Giovanni Battista alla Trinità. Non essendo tipici della bassa Lomellina di sicuro nel menù non ci saranno gli strozzapreti così da evitare di sembrar ingrati. Unica condizione posta: non appena saranno tolte le restrizioni per consumare all’interno il sagrato sarà sgomberato da sedie e tavolini. Che, invece, spero restino come un’opportunità in più – in aggiunta ai posti al coperto – nelle nostre città. Pur condividendo le lettere di alcuni pedoni che giungono da varie parti del Paese e chiedono che, una volta superata l’emergenza, le nuove importanti distese dei locali siano regolamentate, credo che ne stia guadagnando la vivibilità dei luoghi d’incontro. Sembra un secolo fa, e invece è il passato recentissimo, quando si sentiva qualche asino blaterale di eliminazione delle zone pedonalizzate e del ripristino del traffico veicolare nei centri storici.

Di fronte a scemenze come questa davvero viene da auspicare che ‘L’ora di quiete’ diventi un’abitudine anche della politica. Di cosa si tratta? In molti esercizi commerciali è quel momento in cui le luci vengono abbassate e si riducono al minimo i suoni per favorire la frequentazione di persone che hanno qualche disturbo comportamentale. Entrare in un ambiente più rilassato riduce il rischio che si scateni qualche reazione. Ad accogliere in maniera delicata i suoi giovanissimi clienti affetti da autismo è Christian Plotegher, 46enne barbiere di Rovereto: ha imparato sul campo come gestire bambini e bambine che praticamente mai, prima di incontrarlo, erano usciti dal parrucchiere con i capelli a posto perché era troppo impegnativo per loro stare fermi sulla poltrona. “Faccio vedere loro dei disegni che raccontano cosa sto per fare, quasi sempre utilizzo solo la forbice perché il rumore della macchinetta può disturbarli, li metto a loro agio scambiandoci il cinque e con qualche carezza sulla testa. Se serve lascio che si alzino e girino per il salone. Un taglio può durare anche il doppio del tempo normale”. Ora vorrebbe che la sua esperienza fosse di aiuto ad altri colleghi per offrire a chiunque, in tutto il Paese, l’opportunità di un’accoglienza appropriata.

Su la musica a palla, invece, in Alto Adige per richiamare alla vaccinazione anti-covid i giovanissimi. Sono gli Open Vax Day&Night: alcuni dee-jay coinvolti, nelle strutture dedicate alla campagna vaccinale, intratterranno i ragazzi in attesa prima e dopo la dose. “Invece di aspettare in silenzio, socializzeranno con il sottofondo musicale come facevano prima del lockdown’, spiegano dall’azienda sanitaria locale.

In Sicilia, invece, è scattata l’iniziativa ‘Proteggi te e i nonni’: dose di vaccino ad ogni 18enne che accompagna un over 80 a farsi iniettare la propria dose. Negli USA e nel Regno Unito le app di incontri come Tinder e Badoo offrono vantaggi ai propri utenti che dimostrano di essere già immunizzati. E a me sembra che dopo buoni pizza, colazioni o hamburger in omaggio per invogliare la gente a vaccinarsi – che è uno degli atti più semplici e intelligenti che possiamo compiere – le cose stiano un pochino sfuggendo di mano. Almeno nel Lazio regalano una copia della Costituzione ai neo 18enni che si vaccineranno. Carta tra le più belle del mondo che ci hanno regalato le persone che durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale sono state dalla parte giusta della Storia. Come Giacomina Castagnetti, protagonista della Resistenza che abita a Castelnovo ne’ Monti: “Ho già fatto tutte e due le dosi, sai con i miei 95 anni non aspettavo altro che di potermi vaccinare”, mi ha detto ieri quando, passando davanti a casa sua, non ho saputo frenare l’impulso di entrarle in giardino e salutarla. “Hai fatto bene a venire”. Tornerò ancora ad imparare qualcuna delle tante cose che ancora non so.

16 maggio 2021

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La salvezza è nella verità e nell’arte, non nelle bombe

Considerando l’uso della violenza una aberrazione rispetto a tutto ciò che ci caratterizza come appartenenti al genere umano, e quindi condannando chiunque la pratichi, sto comunque dalla parte di chi vive di privazione della libertà, patisce violazione dei diritti, e deve abbandonare la propria casa nel cuore della notte per portare in salvo i propri figli mentre piovono bombe. E’ quello che sta accadendo a Gaza. Che a livello internazionale non ci sia ancora una azione forte per imporre la cessazione di ogni ostilità tra israeliani e palestinesi è spregevolmente incredibile. Come se ci si potesse ancora concedere il lusso della distrazione, mentre invece prima o poi un confine viene a bussare alla porta di casa.

Per gli scettici chiedere agli italiani prima detenuti e poi respinti dalla Gran Bretagna: grazie alla Brexit, in virtù della quale anche noi europei non possiamo più circolare liberamente da e per l’Inghilterra, nelle scorse settimane diverse decine di nostri connazionali sono stati detenuti in centri di accoglienza per migranti e infine espulsi. La loro colpa: volevano entrare per lavorare oltremanica senza un visto. Prima che nel Regno Unito si ravvedano temo servirà molto tempo, anche perché se è vero che la storia è maestra di vita a Londra e dintorni hanno appena deciso di toglierle la cattedra: le università di Birmingham e di South Bank hanno cancellato le lauree in storia, spalleggiate dal governo, in favore di scienze e tecnologia che hanno maggiori sbocchi lavorativi.

Dà molto più valore al passato, pur rispondendo all’esigenza di adeguarsi ai tempi, la Treccani. Che rispondendo ad un gruppo di attiviste guidate da Maria Beatrice Giovanardi ha eliminato sinonimi come ‘zoccola’ o ‘cagna’ collegati all’espressione ‘buona donna’: saranno sostituiti ad esempio da ‘donna di scienza’, ‘di lettere’, ‘di legge’. I sinonimi offensivi erano considerati eufemismi, ma ora per fortuna non è più così e saranno collegati alla parola prostituta. “I dizionari devono fotografare la realtà linguistica del proprio tempo, ma conservare anche gli usi legati ad un passato che non possiamo censurare”, ha detto giustamente Valeria Della Valle direttrice del vocabolario Treccani. Conoscere il passato per contestualizzare le cose, che significa comprenderle, ed evitare di ripetere gli stessi errori.

A breve, tra l’altro, dovremo parlare senza più stupirci di ‘muratrici acrobatiche’: Giada Vescovo e Federica Musolino sono le prime due italiane a fare le manovali edili che si calano dai tetti con casco e funi per eseguire le riparazioni. Assunte da EdiliziAcrobatica, gruppo internazionale specializzato in lavori edili a doppia fune di sicurezza, hanno infranto il tabù che voleva questo come un mestiere esclusivamente maschile.

Per due donne che sorridono c’è un uomo che non riesce più nemmeno a provare rabbia. E’ Alex Schwazer, il marciatore italiano che sognava di poter partecipare alle prossime olimpiadi di Tokyo: 3 mesi fa il tribunale di Bolzano ha stabilito che nel 2016 è stata manomessa la provetta di urina utilizzata per squalificarlo per doping. In forza di questo pronunciamento Schwazer ha chiesto al Tribunale sportivo di Losanna di sospendere la squalifica e consentirgli di gareggiare in Giappone: la sentenza gli è stata avversa. “Dopo l’assoluzione a livello penale ho dato tutto quello che potevo dare in allenamento. Adesso non c’è nessun tipo di rabbia o frustrazione da parte mia”. Eppure la verità andrà ricercata.

Come per Giulio Regeni. Il giallo del braccialetto diventato simbolo della lotta dei genitori del dottorando ucciso in Egitto ha fatto pendant con il rosa della maglia del corridore in testa al Giro d’Italia. Ad indossare braccialetto e canotta è stato, per due giorni, Alessandro De Marchi. Un bel tipo questo corridore, che i genitori di Giulio hanno ringraziato per essersi esposto. Sapeva che non avrebbe tenuto a lungo la leadership al Giro, ma sapeva anche come godersela: “A un certo punto sono rimasto completamente solo, in discesa. Ero tra un gruppo e un altro, con la pioggia che mi accecava, ma ero felice. Ho ripensato ai due giorni in rosa e mi sono sentito a posto, felice di quello che avevo fatto, appagato. Mi sono sentito un cerchio perfetto, tracciato a occhi chiusi”.

Qualcuno dica che questa non è poesia. L’arte la si può trovare ovunque. Di sicuro da ieri a Palazzo Bentivoglio, a Gualtieri, dove ha aperto la mostra ‘Ligabue, la figura ritrovata’: è un interessante dialogo tra le opere di Antonio Ligabue e undici artisti contemporanei. Emozionato il sindaco Renzo Bergamini ieri all’inaugurazione: “Da un anno siamo alle prese con la pandemia e le immagini di dolore che ha portato quasi in ogni famiglia, inaugurare una mostra significa ricominciare a guardare il bello e forse curare qualche ferita”. Ed emozionata era tutta la gente presente nella splendida piazza gualtierese in attesa di poter salire al piano nobile e ammirare l’esposizione.

Chi ha pensato che qualche opera d’arte potesse essere una buona integrazione del proprio stipendio devono essere stati dipendenti Rai che negli anni hanno trafugato alcuni dei preziosi dipinti che l’azienda aveva acquistato sostituendoli con dei falsi. Tra le opere rubate anche un Guttuso ed un De Chirico. Siamo ben oltre la frutta.   

9 maggio 2021

Schiena dritta, sguardo alto, e un sorriso

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Racconta la famiglia Condorelli che le prime richieste di pizzo sono iniziate che ancora c’era la lira. Ma da allora ad oggi hanno sempre scelto di non cedere. L’ultimo episodio è del 2019 e Giuseppe Condorelli, oggi titolare del gruppo dolciario fondato da papà Francesco e conosciuto il tutto il mondo, ha denunciato ai militari di Catania che avevano già da un paio d’anni iniziato l’inchiesta ‘Sotto Scacco’ che ha portato questa settimana a 40 arresti di esponenti delle cosche legate al clan Santapaola-Ercolano. Che facesse prodotti straordinari si sapeva – quei torroncini esportati in 25 Paesi – che avesse avuto il coraggio di scegliere un testimonial omosessuale già molti anni fa quando la cosa era molto complicata pure, oggi la Condorelli ha dimostrato una volta di più di essere azienda di straordinari principi. “Noi vogliamo solo far vivere i nostri due figli di 14 e 15 anni in una terra senza mafia”, ha detto Giuseppe commentando il suo contributo all’inchiesta. Che poi era la stessa idea di Giuseppe ‘Peppino’ Impastato, giornalista, conduttore radiofonico, attivista conosciuto per le sue denunce contro Cosa Nostra. Che pensò bene di ‘suicidarlo’ (nel film ‘I cento passi’ si racconta bene di come vennero avviate le indagini dopo il ritrovamento del suo cadavere) proprio il 9 maggio del 1978. Lo stesso giorno in cui venne ritrovato il corpo morto di Aldo Moro: tra i fondatori della Democrazia Cristiana e protagonista assoluto della politica italiana che venne rapito dalle Brigate Rosse (ma se la vicenda è diventata nota come il ‘Caso Moro’ è perché è ormai assodato che ci furono complicità importanti che resero possibile il sequestro e che indirizzarono il corso degli eventi successivi) il 16 marzo a Roma e fatto ritrovare morto nel bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani sempre nella Capitale. In forza di questo evento è stato istituito nel 2007 il Giorno della memoria  dedicato alle vittime del terrorismo interno e internazionale. Coincidenza, oggi è anche la Festa d’Europa, e si deve proprio al sogno di un Continente unito che in forza della cooperazione tra gli Stati superasse le divisioni interne, il periodo di Pace più lungo che abbiamo mai conosciuto. Se lo ricordassero coloro i quali ad ogni piè sospinto mettono in discussione l’Unione Europea e le sue Istituzioni, attorno alle quali – pur al netto delle difficoltà che ci si trascina per il protagonismo ancora forte delle singole nazioni – si sta costruendo la vittoria anche sulla pandemia. Chi di covid non ne vuole sentir parlare almeno in quei pochi momenti in cui ci si dovrebbe sollevare lo spirito sorseggiando un caffè, assaggiando una brioche o brindando con gli amici dopo una giornata di lavoro è il proprietario del ‘Bar Zodiaco’ di via Volta a Milano. Sulla porta d’ingresso del locale ha appeso un cartello scritto a mano: “In questo bar è vietato parlare di covid. Il barista vi ringrazia, la sera sarà più rilassata. Argomenti consigliati: tutti gli altri!!!”. Che non significa voltarsi di fronte ai problemi o ignorare le difficoltà di tanti, come nemmeno dimenticarsi di seguire le regole per garantire la sicurezza di tutti, ma semplicemente che ci si può prendere una pausa di qualche minuto e tornare a discutere di argomenti frivoli. Come dice il post-it appeso sul retro di un cartello stradale trovato ieri a Roma, zona Ara Pacis: “Se smetti de ride/hai smesso de vive”.

Buona Festa della Mamma a tutte, anche alla mia che è ancora adesso ‘impegnativa’.

2 maggio 2021

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I buoni,

i furbi, i cattivi

Sorridere anche in un giorno di pioggia, e accogliere i clienti come vecchi amici di cui si aspettava il ritorno. L’hanno fatto i ristoratori della nostra bella Emilia-Romagna, adesso sta a noi comportarci correttamente – tenere le mascherine, rispettare il distanziamento – e assecondare la curva in discesa dei contagi e quella in salita dei vaccini.

Brinda alla sua fortuna da record un piastrellista mantovano: in 15 giorni, infatti, l’uomo si è ritrovato per le mani due ‘Gratta e Vinci’ milionari. Il primo lo ha acquistato a Modena: 20 euro di ‘investimento’ e vincita da un milione. Due settimane dopo, pausa caffè mentre sta lavorando sul lago di Garda, altro biglietto da 20 euro e vincita da 2 milioni. Tanta fortuna da far muovere la Procura di Verona: il sospetto era che da Roma ci fosse stata qualche fuga di notizie dalla concessionaria per la distribuzione dei biglietti. Gli inquirenti non hanno trovato riscontri e l’indagine è stata archiviata dando ragione al piastrellista che ha ricondotto il doppio colpo ad una serie di rituali che compie abitualmente, e al fatto di aver grattato entrambi i biglietti milionari con la stessa moneta portafortuna (insomma, come la numero 1 di zio Paperone).

Chi spera di poter vivere la stessa sorte – entrare per un caffè ed uscire dal bar come milionario – non potrà che sostenere la protesta (giusta) della Confcommercio contro il divieto di consumare a banco anche in zona gialla: a stabilirlo è una circolare del 24 aprile del Viminale. “Ci aspettiamo che si chiarisca subito che bere un caffè al banco è possibile e, con il giusto distanziamento interpersonale, privo di rischi. Quello dei caffè bevuti velocemente è un rito italiano che vogliamo difendere”.

Così ho scoperto che in Italia ci sono 144mila bar e che da inizio pandemia hanno registrato una perdita di fatturato di 8 miliardi.

Sarebbero frutto non di una ‘botta di culo’ ma di una soffiata illegale le rendite tra i 1300 e i 2700 euro fatte - in una manciata di giorni – da dirigenti di aziende sanitarie pubbliche lombarde e amici, avvertiti anticipatamente che il tampone diagnostico per il Covid realizzato dalla Diasorin aveva superato i test ed entrava in commercio. Una notizia che, appena ufficializzata, ha comportato l’aumento in Borsa del titolo Diasorin. Sul fatto che alcuni potessero averla avuta prima e, quindi, comperare le azioni per tempo indaga la Procura di Milano.

Somme così, e in così poco tempo, di certo non le guadagna Luca Nisco il rider prima licenziato e poi - ‘a furor di popolo’ – reintegrato dalla ‘Winelivery’. Il 25 Aprile il giovane stava consegnando due bottiglie di spumante spedite come regalo attraverso la piattaforma, ed accompagnate da un biglietto con un messaggio che lo ha talmente urtato da farglielo strappare (e per questo il licenziamento dopo la segnalazione da parte del destinatario). Cosa c’era scritto? “In questo giorno di lutto che il nostro Duce possa da lassù guidare la rinascita”. Un messaggio delirante inviato come sommo sfregio proprio nella ricorrenza della Liberazione. Che a lamentarsi per la violazione della propria libertà (il rider non avrebbe diritto di valutare il contenuto dei messaggi trasportati) sia un sostenitore di quel dittatore che ha negato la libertà introducendo le leggi raziali, manganellando e purgando gli oppositori, censurando ogni voce di contrasto, è abbastanza paradossale: non fa né ridere né piangere, fa solo incazzare.   

25 Aprile 2021

Grido

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Vien voglia di gridare, mentre tutto attorno è rumore confuso, bisticcio su un giro in più di lancette, su cosa prima e cosa dopo, che 130 persone – e forse ancora di più – galleggiano morte in mare. Una donna incinta, un bambino, molti altri che erano ragazze e ragazzi. E noi distratti, a discutere con gli occhi fissi sulla punta dei piedi. A tirare una coperta sempre troppo corta, a speculare sulla fatica e la paura delle persone. Ma dimenticandoci della disperazione di chi affida la propria vita all’ignoto, perché quello che conosce è ancora più spaventoso. Ogni anno saluto l’alba del 25 Aprile (che qui si scrive con la lettera maiuscola) con il cuore gonfio di fiducia: che improvvisamente ci sia uno scatto di reni, un balzo in avanti nella consapevolezza, l’affermarsi di un rinascimento etico e morale. Non è accaduto nemmeno quest’anno, ma non vuol dire che si debba smettere di sperare. Perché altrimenti avrebbe torto De Gregori quando canta che “la storia non si ferma davvero davanti ad un portone/La storia entra dentro le stanze, le brucia”. Ma io non credo si sia sbagliato. E ostinatamente alla ricerca di segnali del cambiamento, mi faccio bastare la notizia che, archiviato il modello della perfezione, la Barbie sia tornata ad essere un oggetto agognato ad ogni latitudine perché oggi è disponibile in 94 colori di pelle, ci sono modelli con le protesi alle gambe o in sedia a rotelle: insomma, deve all’idea di inclusione che ha sviluppato il suo nuovo successo, capace di oscurare le bambole ispirate alle protagoniste dei cartoon più recenti. E mentre l’insegnante di una scuola superiore di Mantova obbliga i suoi studenti a seguire le lezioni al computer perché non vuole indossare la mascherina e ritiene i vaccini un esperimento genico, da domani riaprono i cinema monosala, quelli magari a conduzione famigliare e che insistono nei centri delle nostre città, quelli che hanno resistito alla proliferazione dei multisala: con le regole che limitano capienza e orari, questi cinema ‘di una volta’ riescono meglio a coprire i costi della riapertura e ci ricordano che non sempre ‘grande è bello’. Verrebbe da dire ‘silenzio in sala’, o forse piuttosto ‘silenzio’ e basta per la vergogna che dovremmo provare. Ma oggi è, appunto, il 25 Aprile e mi va di cantare stonando che “la storia siamo noi, siamo noi padri e figli/Siamo noi, bella ciao, che partiamo/La storia non ha nascondigli/La storia non passa la mano/La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano”.

18 aprile 2021

incontro comune bologna vaccini aprile 2

Opportuno

Opportuno: appropriato, adatto alle condizioni del momento. Ma se questo che viviamo è un tempo straordinario, allora le scelte opportune – cioè convenienti alle circostanze – non possono che essere straordinarie. In settimana sono stato ospite del Comune di Bologna per raccontare il mio impegno affinché i vaccini contro il Covid siano considerati un bene dell’umanità e non una proprietà privata su cui fare profitto. Eppure io stesso, mentre spiegavo come la condivisione della conoscenza sia l’unica strada per aumentare la produzioni di dosi (e quindi, abbassarne il costo e distribuirle in tutto il mondo perché ovunque sia garantito il diritto alla salute), ho sentito il bisogno di chiarire che questa azione non era contro l’istituto del brevetto e la proprietà intellettuale. Ospite dello stesso incontro era Nicoletta Dentico (giornalista, esperta di salute globale: scoprite chi è e troverete un profilo splendido) che mi ha dato una bellissima lezione: “Non è contro le regole del mercato chi chiede che i vaccini siano un bene comune. Chi distorce il mercato sono quei colossi che agiscono in condizioni di monopolio e determinano quelle regole che rendono immutabile la loro posizione egemonica”, questo il senso del suo commento. Privatamente, finito l’incontro, l’ho ringraziata: mi ha fatto capire che spesso siamo così preoccupati di trovare una mediazione fin da quando iniziamo una battaglia politica, che limitiamo l’orizzonte della battaglia stessa. È come partire per un viaggio dandosi un arrivo più vicino di quello in cui si vorrebbe davvero andare per paura di non riuscire ad arrivarci. Ma questo è un tempo diverso e le scelte devono essere conseguenti.

Deve pensarla così Ermanno Merlo, un 16enne di Lodi che dal primo aprile ogni giorno prende una sedia da casa e si posiziona davanti al municipio della sua città. Lo fa per protesta contro gli amministratori locali che hanno rimosso la panchina che sorgeva a poca distanza perché vi si sedevano senzatetto e ragazzi ‘difficili’ dediti all’accattonaggio: niente panchina, niente indesiderati avranno pensato a Lodi. “Protestare sui social conta poco, le parole prima o poi se le porta via il vento: bisogna avere il coraggio di prendere una posizione e sostenerla con le azioni”, ha detto al Corriere. È certamente legittimo, ma decisamente non è opportuno che i manager di aziende come Eni, Telecom, Intesa, Unicredit, Generali abbiano visto crescere nell’anno della pandemia i loro stipendi. L’Espresso ha analizzato 55 società e in 30 casi si registra il rialzo: a fare la differenza sono i bonus, legati alla parte variabile della retribuzione. Niente da eccepire rispetto alle regole, e sicuramente in molti casi i manager avranno anche dato prova di grandi capacità gestendo le aziende nel mare in tempesta del Covid. Ma qui non si discute della valutazione delle perfomance, quanto della opportunità. Mentre ci sono famiglie il cui reddito è stato azzerato, imprese che chiudono o rischiano di chiudere per mancanza di liquidità prima ancora che perdita di ordinativi, settori come quelli del commercio e della ristorazione in agonia, forse quegli aumenti potevano essere destinati ad azioni di solidarietà. Anche perché in molti casi, pur al netto dei rialzi, i compensi di quei manager sono milionari. Il valore di un gesto, il senso di empatia verso le difficoltà degli altri che avrebbe trasmesso, va ben oltre quello materiale: so bene che le difficoltà che molti incontrano non si risolvono con il taglio di alcuni milioni di premi. Chi si è ridotto lo stipendio è un croato di 190 centimetri e 80 chili di peso che da gennaio è in forza al Milan: si chiama Mario Mandzukic ed è un attaccante. Siccome da quando è arrivato nel club rossonero è stato quasi sempre infortunato ha deciso di tagliarsi di circa 300mila euro il compenso. E il Milan quella somma anziché tenersela l’ha devoluta in beneficienza: “Finanzierà progetti per giovani in condizioni di fragilità socio-economica”.

Venerdì, infine, si è svolta la prima udienza – a Bologna – del processo contro i mandanti della strage del 2 agosto 1980: che per i pm “fu finanziata dalla P2 e compiuta da elementi di estrema destra manovrati dai servizi segreti deviati”. L’associazione dei famigliari delle vittime non si è accontentata delle condanne degli esecutori, e quello iniziato a Bologna è un procedimento storico perché dovrebbe portare a fare i conti con chi all’interno dello Stato ha minato lo Stato stesso.

La verità è più che opportuna.

11 aprile 2021

Giustizia

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Un gazebo bianco, le bandiere dei sindacati, un tavolino con gli ultimi moduli e le buste contenenti migliaia di firme raccolte in pochi giorni. Venerdì mattina di sole tiepido e presidio davanti agli ospedali di tutto il territorio regionale per una giusta mobilitazione proclamata per accendere i riflettori su una situazione paradossale. Dopo un anno impegnati al fronte della guerra contro il Covid, i dipendenti del comparto sanitario rischiano di ritrovarsi buste paga più leggere a causa  di una norma - varata all’incirca una decina di anni fa dallo stesso Brunetta che è di nuovo ministro della Pubblica amministrazione - che fissa un tetto alla spesa per il personale: se il fondo a disposizione è bloccato, ma aumentano i dipendenti (come sono aumentati in forza delle assunzioni straordinarie fatte negli ultimi 12 mesi proprio per fronteggiare la pandemia), è logico che a ciascuno toccherà una parte più piccola. Come dire: se la torta è la stessa ma aumentano gli invitati dovremo fare fette più sottili. “Quella norma statale, che fissa il tetto al fondo per il salario accessorio, va superata: questa è peggio di una beffa, è davvero una offesa”, dicono in maniera molto composta e decisa infermieri, tecnici, operatori vari della nostra Sanità che abbiamo celebrato come eroi, angeli. Ma se davvero erano parole sincere, allora la loro battaglia per un giusto riconoscimento deve essere la nostra battaglia, una battaglia di tutti. C’è tanta stanchezza che emerge nelle battute che ci scambiamo: “Dispiace anche percepire che chi ci applaudiva fino a qualche mese fa adesso, complice la fatica che ciascuno sperimenta per il perdurare dell’epidemia, diffida anche di noi: andavi a fare la spesa e la gente era contenta di farti passare davanti perché ti riteneva un salvatore, adesso ti dicono che stai facendo solo il tuo lavoro. Già, facciamo il nostro lavoro ma a causa di una legge ingiusta saremo persino pagati meno”. E c’è chi ti confessa che è pronto a cambiare mestiere: “Mi piace fare l’infermiera, l’ho sempre sentito come una passione, ma adesso non ce la faccio più: se trovassi qualsiasi altra cosa forse me ne andrei”. Il personale sanitario è stato candidato al Premio Nobel e sarebbe un riconoscimento simbolico bellissimo. Sarebbe importante, però, che non solo venissero salvati gli stipendi di quest’anno, ma anche che ci fosse un nuovo contratto nazionale che valorizzasse la professionalità.

È  per dimostrare che sto dalla loro parte che – prima Regione d’Italia a farlo – ho scritto e firmato una risoluzione con cui si dice al Governo di rimuovere i vincoli che bloccano nuovi stanziamenti e diciamo che l’Emilia-Romagna è pronta a fare la sua parte.

Domani, intanto, tanta parte del Paese torna in ‘arancione’ che significa, tra le altre cose, scuola in presenza al 50% per gli ordini superiori e la riapertura dei parrucchieri. Li cito perché con diversi di loro ci sentiamo ormai abitualmente da un anno a questa parte e sono tra le principali vittime dell’abusivismo: “I nostri saloni sono luoghi sicuri, riceviamo un cliente alla volta. Tenerci chiusi genera molti più rischi perché ci sono colleghi poco furbi che vanno in nero al domicilio dei clienti. Li abbiamo anche denunciati, e pazienza se abbiamo perso dei presunti amici”, mi raccontano.

C’è chi viola deliberatamente le regole e mette a rischio tutti, e chi anche quando non le condivide decide di rispettarle: sto con quest’ultimi. Ma a loro, come agli operatori sanitari, andrà riconosciuto di aver fatto la differenza.

È questione di giustizia.  

4 aprile 2021 

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L'esempio

Seguo con interesse tutte quelle storie di sport che non sono fini a sé stesse, ma provano a lasciare il mondo un po’ migliore di come lo trovano”, ha detto papa Francesco nell’intervista esclusiva alla Gazzetta dello Sport. E ha citato Gino Bartali che allenandosi partiva da Firenze verso Assisi e ritorno nascondendo nel telaio della bici falsi documenti per far scappare gli ebrei dall’Italia delle persecuzioni.

 

Già proprio la Gazzetta dello Sport che il 3 aprile ha festeggiato i suoi 125 anni di storia: uscì per la prima volta nel 1896 a tre giorni dall’inizio della prima edizione delle Olimpiadi moderne. Non l’hanno fermato – questo foglio rosa che si è inventato il Giro d’Italia e che ha stabilito il record di tiratura (2.302.088 copie) per la vittoria italiana ai Mondiali in Germania del 2006 – nemmeno la distruzione, lo smarrimento, le lacrime e le sofferenze della Seconda Guerra Mondiale.  Nel 1946, in quell’Italia fatta di macerie, venne organizzata la prima corsa a tappe dalla fine del conflitto bellico. Per dire, la Francia che di quella guerra era tra i vincitori non riuscì a far ripartire il Tour.

 

Sempre il 3 Aprile, Federica Pellegrini, a 32 anni e con uno di ritardo rispetto ai programmi stravolti dalla pandemia, si guadagna in acqua – nuotando in 1’56”69 i 200 stile libero – la partecipazione alla sua quinta Olimpiade nonostante le avessero messo a disposizione una wild card (una sorta di invito) per averla comunque a Tokyo.

 

Perché una bracciata in più? Perché un allenamento ancora? Perché una corsa in bici mentre un Paese intero piangeva i morti e piangeva per le privazioni che doveva subire chi era sopravvissuto? Per l’esempio.

Perché nel conquistare un’altra Olimpiade dopo che il Covid ti ha impedito di disputarla nell’anno in cui te l’eri già conquistata, nell’organizzare il Giro del ‘46, c’è molto di più del valore sportivo: c’è la capacità di rialzarsi dopo essere stati colpiti dalle avversità. C’è la fiducia nel fatto che per quanto tutto attorno si vedano le rovine di una vita che fu, il futuro sia ancora tutto da scrivere. E possibilmente lo si può scrivere in meglio. Non è retorica, non è nemmeno ipocrisia davanti alle difficoltà – vere – che interi pezzi di società stanno vivendo: le attività chiuse, i risparmi bruciati, l’incertezza su come e quando si potrà tornare a lavorare e produrre reddito per la propria famiglia. Sono ferite profonde e chi scende in strada a manifestare la propria frustrazione va compreso.

 

Auguri alla Rosea, che sia leggera l’acqua giapponese per Federica, e che anche i nostri ragazzi possano prima possibile riprendere a fare pratica, tornando ad animare le nostre comunità con l’energia straordinaria di chi si dedica per volontariato allo sport di base.

Chi sono gli eroi? ha detto Michael Stipe, l’ex leader dei R.E.M. “Sono quelli che condividono le qualità supreme che saranno da esempio per gli esseri umani di domani: l’empatia, il coraggio, la forza e la vulnerabilità. Le due ultime cose non si contraddicono”.

Già, ancora una volta: l’esempio.   

28 marzo 2021

Stupore

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Stupore’. E’ la parola che ho scelto per rispondere alla domanda: “Cosa ti manca da quando teatri e luoghi di cultura sono chiusi?”. Quel contropiede del cuore che scatta quando accade qualcosa di più di una sorpresa, di un fatto improvviso e inaspettato: lo stupore è un disorientamento felice. Ho scritto la risposta su un cartoncino a forma di fumetto – come gli organizzatori avevano raccomandato di fare – e ieri sono stato in piazza Martiri del 7 luglio a Reggio Emilia insieme ad altre cento persone (numeri contingentati a causa delle restrizioni da Covid) per ribadire che la Cultura è un diritto, che è giusto tutelare la salute pubblica ma che è sbagliato ritenere che teatri, spettacoli, l’arte in genere e i momenti di incontro che si generano nei luoghi della cultura siano superflui. Nel mondo dello spettacolo, tra l’altro, lavorano circa 8milioni di italiani: come a dire che rappresenta un pezzo importante di economia. Eppure, mentre si trovano misure per contemperare la sicurezza delle persone e la continuità del lavoro in altri settori, tutto ciò che attiene al mondo dell’arte resta chiuso. La manifestazione di ieri coincideva con la Giornata Mondiale del Teatro e spero sia servita soprattutto a ricordare a tutti noi, ad ogni persona, che la Cultura è necessaria, che è anche dalle suggestioni che provoca vedere uno spettacolo, dalla meraviglia di una mostra, che passa la qualità del nostro essere comunità. Chi è sceso in piazza ieri non lo ha fatto contro qualcuno, ma per qualcosa. Che siano le emozioni a farci avanzare lo dimostra l’effetto generato dalla carezza che un’infermiera dell’ospedale di Ancona ha dato al neonato malato di Covid separato dalla madre: in attesa di essere sottoposto ad una operazione è ricoverato in Terapia Intensiva e la foto – l’infermiera stesa sul letto accanto al piccolo mentre gli regala il calore del contatto -  ha fatto rapidamente il giro del mondo. Girano le immagini in attesa che anche le persone possano tornare a muoversi liberamente. Così recuperando anche la padronanza del proprio tempo. E’ della lettrice L. la riflessione sull’anno che ha fermato le nostre vite: “365 giorni vissuti da spettatori delle nostre stesse vite, che si sono modificate senza il nostro assenso. Forse siamo stati artefici di questo scempio o forse solo spettatori, mi auguro solo che quando tutto sarà finito avremo il coraggio di apprezzare i momenti, anche quelli più insignificanti sono comunque frammenti di vita che in un modo o nell’altro vanno vissuti”. Intanto la prima fiala di vaccino inoculata negli Stati Uniti è diventata un pezzo da museo: nel senso che è stata acquistata dallo Smithsonian’s Nation Museum of American History che sta allestendo una collezione a tema Covid. L’obiettivo è costruire uno spazio di conservazione, narrazione e riflessione per le generazioni di oggi e di domani. Ecco, speriamo tutti che il Covid diventi prima possibile Storia: vorrebbe dire che il flusso del tempo è, appunto, ripreso.

21 marzo 2021

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Porta Pazienza

C’è una storia di resistenza che ci chiede di essere protagonisti. E’ quella di ‘Porta Pazienza’, pizzeria del quartiere Pilastro di Bologna gestita da una cooperativa sociale impegnata nell’inserimento lavorativo di persone appartenenti alle categorie protette: “Un anno di chiusura a causa del covid ci ha messo ko: o rilanciamo o chiudiamo”, dice Michele uno dei soci lavoratori che diventa un fiume in piena quando racconta come è nato e cresciuto il progetto. Se saremo in tanti ad aiutarli allora questi ragazzi “rilanceranno”: “Dobbiamo raccogliere 45mila euro per acquistare un Food Truck e portare la nostra esperienza in giro per la città: al mattino faremo attività educativa, alla sera ristorazione per mantenerci. In attesa di poter ricominciare a vivere questa pizzeria che è prima di tutto luogo di incontro”. Già, l’aggregazione: ‘Porta Pazienza’ è nata come spazio di inclusione, in cui a tutti viene data un’occasione, in cui i ragazzi fragili hanno trovato un posto in cui relazionarsi, fare esperienza, e per alcuni è arrivata anche la possibilità di lavorare. E anche i clienti, quando prima del covid la pizzeria era aperta regolarmente, non ci andavano semplicemente a mangiare (la pizza, comunque, è eccellente) ma piuttosto a vivere uno spazio. Proprio questo suo essere luogo di incontro, per assurdo, è uno degli elementi che ha messo più in difficoltà ‘Porta Pazienza’: “Noi fatichiamo con l’asporto perché abbiamo sempre avuto una relazione con chi veniva qui a mangiare – continua Michele -. Ecco perché l’idea di ricreare, in modo nuovo, l’occasione dell’incontro, andando per la città”. Tutto il progetto ha una forte impronta etica: ‘Porta Pazienza’ propone un modello di consumo critico e consapevole, acquista e lavora solo prodotti di altre cooperative sociali, che lavorano beni confiscati alle mafie, realtà che denunciano il pizzo, produzioni bio. Le donazioni possono essere di diversa entità, ma a ciascuna corrisponde una sorta di ‘premio’: dai 15 euro (il minimo) passando per i 40 o i 100 euro (una giornata al lavoro in pizzeria insieme ai ragazzi) fino ai 1000 euro per chi adotta un tavolo (magari un gruppo di amici). Per maggiori informazioni: www.portapazienza,bo.it; www.ideaginger.it o sulla pagina Fb. Il giardino antistante la pizzeria è stato intitolato proprio venerdì (il 19 marzo) a don Peppe Diana, religioso ucciso dalla camorra per il suo impegno antimafia. E oggi ricorre la 26esima Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie promossa da Libera: aiutare i ragazzi di ‘Porta Pazienza’ penso sia il modo giusto per celebrarla, e per ribadire da quale parte del mondo vogliamo stare.

Oggi ricorre anche il primo anniversario dalla scomparsa del mio amico Gianni Mura, per tutti uno dei più grandi giornalisti (conoscitore di uomini) italiani: in un tempo in cui ci si abitua a fare senza di molte cose, la sua assenza invece non è affatto diventata più lieve.  

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